L’impegno bellico americano ed europeo contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022 si è trasformato rapidamente in una guerra ibrida basata anche sulla disinformazione in cui i media mainstream, soprattutto europei, hanno contribuito ad una propaganda di guerra costituita da contro-verità che oggi cominciano a rivelarsi  in tutta la loro dimensione

Parole armate e verità come vittima” : questo titolo non è originale, ma copiato da un interessante articolo di Tommaso Di Francesco apparso sul “Il Manifesto”. E’ invece il noto filosofo italiano Massimo Cacciari a scrivere sul “Fatto Quotidiano” che l’Unione europea è attualmente diventata  “una fabbrica di menzogne”. Ma il grosso problema è, a nostro parere,  che pure tanto fa che finisce per farle sue, adeguando le decisioni al suo proprio narrativo. Quasi nella ripetizione di quando all’inizio degli Anni 90, dopo il crollo dell’URSS, i neo-conservatori americani intorno a Reagan e ai due Bush, padre e figlio, – da Cheney a Rumsfeld a Wolfowitz a Brzezinski – immaginavano che ormai, dopo la caduta dell’URSS, l’Impero fosse in grado di costruire la propria realtà. Il seguito è noto, sino alla disastrosa fuga dall’ Afghanistan nell’agosto 2021, trent’anni dopo, con un popolo intero consegnato ai talebani che tanto l’Occidente diceva di combattere nel nome dei più puri principi democratici. Ma come si sa, non solo la verità è un dovere, come testimoniava Enrico Berlinguer (Sandro Ruotolo lo ha di recente ricordato a Lussemburgo), ma le menzogne hanno anche le gambe corte. Il che permette a Marco Travaglio di parlare causticamente di “autoincaprettamento” dell’Europa, che lui spiega così: “Gli europeisti, anziché domandarsi perché la gente preferisca i peggiori mostri (i nazionalisti estremisti ndr) a loro, ripetono che “è stato Putin”, sabotano i negoziati sull’Ucraina per non darla vinta a Putin e si riarmano contro Putin, impoverendo vieppiù i popoli europei che continuano a fuggire verso gli anti-sistema. E’ l’ultima fase dell’euro-autoincaprettamento”. Possiamo estrarre alcuni elementi del grande narrativo europeo. L’Ucraina è una democrazia perfetta aggredita da uno Stato autoritario e, quindi, merita in nome dei comuni valori ogni sforzo per la sua difesa (sic). La guerra è cominciata nel 2022, la Russia è l’esclusivo e assurdo invasore e l’Ucraina la nazione invasa, la dicotomia non ammette discussioni di merito, se non da parte dei soliti filo-putiniani che vanno isolati (sic). Vladimir Putin, leader malato, anti malatissimo, rappresenta l’incarnazione del Male e la Russia va trattata da nuovo “rogue state”, stato canaglia, dopo Iraq, Iran, Corea del Nord (sic). La Russia non si accontenterà della sola Ucraina e dopo l’Ucraina ci ritroveremo, se gli occidentali non si difenderanno militarmente, i cosacchi a Piazza San Pietro, con i cavalli che si abbevereranno nelle fontane -musicalmente descritte da Ottorino Respighi (sic). Ucraini e baltici non si sono mai battuti con i nazisti nella II Guerra mondiale durante lo svolgimento della Operazione Barbarossa (sic). L’Ucraina non è mai stato un paese di frontiera multietnico ed è, quindi, normale che venga “ucrainizzato” da un forte potere centrale ipernazionalistico senza tenere conto della esistenza di etnie minoritarie russe, rumene, ungheresi, polacche, tatare (sic). La Russia “costituisce per tutti una minaccia esistenziale” (Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, figlia dell’ex-commissario estone Siim Kallas) (sic). Se l’Europa si sostituisce agli USA la guerra può continuare (sic).

Queste sono le “menzogne” di cui parla Cacciari o contro-verità che fanno parte del discorso ufficiale di Bruxelles. Adesso cerchiamo, da cittadini europei consapevoli, di uscire dalle forme della propaganda di guerra, tanto ben studiate dalla scrittrice italo-belga Anne Morelli, certi di non influenzare in nulla la fabbricazione di un solo Scalp o altro missile a lunga portata preparato per la Russia. Solo nutriamo la speranza che le nostre parole servano ai concittadini come variazione di pensiero sul tema della inevitabile guerra voluta dalla oligarchia europea che, ormai, nelle sue decisioni militari esclude anche il parere degli unici eletti dal popolo, i membri del Parlamento europeo.

Qualche fatto. Quando nel 1994, trentuno anni fa, Anthony Lake, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Clinton, propone l’estensione della NATO anche all’Ucraina, Clinton oppone con la mano sinistra, da buon mancino, sul documento la nota:”it seems good”. A partire dal 2002 gli Stati Uniti si ritirano progressivamente – accusando la Russia di varie violazioni – da tutti gli accordi bilaterali di controllo degli armamenti risalenti alla guerra fredda: il trattato ABM (2002), il trattato Open Skies (2018), il trattato JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) (2018) concluso con l’Iran, il trattato INF (Forze Nucleari Intermedie-2019). Per non parlare dell’uscita dall’UNESCO (2019) o dall’OMS – Organizzazione Mondiale della Salute- nel 2020. Fra il 1997 e il 2000 gli Stati Uniti fanno saltare, grazie all’ottimo lavoro esterno della responsabile americana Condoleezza Rice e ai buoni uffici interni della Gran Bretagna, la proposta sensata formulata dalla Commissione presieduta dal  lussemburghese  Jacques Santer nel dicembre 1997, al vertice di Lussemburgo, per l’allargamento della UE a sei nuovi stati membri – Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia (poi la sola repubblica Ceca) Malta (poi Slovenia), Cipro (parte greca), Estonia – e vengono invece accolti praticamente tutti insieme (la Nuova Europa “marziana” contrapposta agli europei “venusiani” dal neo-con americano Robert  Kagan) dodici nuovi Paesi, di cui 10 già inseriti nella NATO fra il 1999 e il 2004, il che porterà in totale il numero di stati membri della UE  facenti parte anche della NATO a  ventitré su ventisette, cioè tutti tranne Austria, Irlanda, Cipro e Malta. La NATO organizzerà nel frattempo con la dotazione di missili americani una cortina di acciaio estesa dal Baltico al Mar Nero costituita da una corona di basi missilistiche estesa lungo il confine (il c.d. Intermarium) occidentale della Russia, disponendo nel 2007 missili balistici apparentemente diretti contro l’Iran nei Paesi baltici e in Polonia. Cioè lungo un confine particolarmente sensibile perché le invasioni nella storia della Russia si sono quasi sempre ripetute da Ovest.

Oggi le basi americane e NATO presenti in Europa e orientate al conflitto con la Russia sono 343 (trecentoquarantatre), senza contare quelle gestite direttamente dagli Stati membri. Di fronte a questo allargamento della NATO, accompagnato dalla denunzia dei trattati di controllo, ci sarà da Monaco nel 2007 il warning della Russia a non estendere la NATO a Georgia e Ucraina, cui farà da contralto speculare l’accettazione da parte della NATO della candidatura dei due stessi paesi nel vertice di Bucarest del 2008. Ne segue nel 2008 il tentativo del presidente georgiano Mikheil Saakashvili – un ucraino-georgiano formato dal Dipartimento di Stato – di attaccare una delle due minoranze russe presenti nel paese, gli Osseti del Sud (gli altri sono gli Abcasi). La reazione russa è nota e oggi Saakashvili dopo la fuga dal paese vive in Ucraina ed ha ottenuto la carica di governatore di Odessa. Poi, nel 2014, il presidente eletto Janukovič, colpevole di aver mandato a monte il previsto accordo per l’adesione alla UE ed avere rifiutato le condizioni imposte sia dalla UE che dal FMI, è costretto alla fuga con un colpo di stato organizzato dagli Stati Uniti che hanno investito 5 miliardi nel progetto di inserimento dell’Ucraina nella NATO e nella UE, con un mandato alla loro rappresentante, Victoria Nuland, membro dei neo-conservatori, moglie di Robert Kagan,  nota per il suo perentorio “Fuck Europe!”. Le manifestazioni di Piazza Maidan che precedono la fuga di Janokovič sono inizialmente impostate sui criteri della destabilizzazione civile, già testati a Belgrado (2000) e a Kiev (2004). Ma gruppi neonazisti sostenuti dagli Stati Uniti vogliono di più. La piazza è occupata da provocatori mentre la folla è bersagliata da quattro cecchini appostati sui palazzi per colpire insieme folla e poliziotti provocando un massimo di caos. Segue la presa russa della Crimea nel 2014 che, peraltro, per la storia, già nel 1990, prima del crollo dell’URSS, aveva dichiarato per referendum la sua volontà di costituirsi in Repubblica socialista sovietica autonoma da Kiev. Poco dopo la crisi detta di Evro-Maidan, l’Ucraina aveva denunziato l’accordo pluriennale di locazione alla flotta russa di Sebastopoli in Crimea  e un governo non ancora insediato aveva con Poroshenko cassato la legge linguistica approvata due anni prima dalla Rada, il Parlamento ucraino,  vietando l’utilizzo della lingua russa – legge riconfermata da Zelensky nel 2021 – come delle altre lingue minoritarie (ungherese, rumeno) nel Paese.

Infine, abbiamo le inoppugnabili testimonianze dell’OCSE sul numero di impatti dei tiri dell’esercito ucraino sul Donbass che hanno fatto almeno 14.000 morti fra il 2014 e il 2021 nella popolazione russofona,  passati nell’oblio dei media occidentali, ma non del governo russo che ha fatto scattare di fronte al diniego occidentale di un compromesso, ancora rifiutato da Joe Biden nel dicembre 2021, l’ “operazione militare speciale” secondo il principio recepito dall’ONU della “responsability to protect” diretto alle popolazioni ucraine della minoranza russa del Donbass. Una popolazione russofona o russofila di 7 milioni contro i 42 milioni di ucraini del passato e i 28 milioni attuali.

A questo punto è meglio lasciare la conclusione finale al gen. Fabio Mini, già capo di stato maggiore del Comando NATO del Sud Europa che nel suo “La NATO in guerra”, edito da Edizioni Dedalo (2025) per Orwell, la collana diretta da Luciano Canfora, scrive:Ciò che dicono i promotori della guerra sono luoghi comuni spacciati per dogmi che rivelano una sola costante: l’incapacità di pensare alle relazioni tra Stati e comunità in senso cooperativo o competitivo, ma pacifico. L’incapacità di trovare alternative alla guerra, che esistono sempre e se non si vedono occorre inventarle. Si sono trovati mille pretesti falsi per fare la guerra, mai uno, vero o falso, per fare la pace.  Si cerca di esorcizzare la guerra parlando di disarmo e scioglimento degli eserciti, come se gli strumenti fossero la causa delle guerre. In realtà la guerra è diventata l’idea prevalente nella mente di molti responsabili di governo eletti dalle nazioni o di funzionari designati a gestire la NATO e l’Unione Europea. Uomini e donne che non sanno governare, che non conoscono gli strumenti di cui dispongono, che non si curano dei sacrifici che impongono, che non sanno stabilire le priorità dei propri fini e mezzi. E di questa ignoranza la guerra si pasce e si compiace”. Non abbiamo commenti, tranne uno: proprio Altiero Spinelli indicava nel 1941-42 nel Manifesto di Ventotene il bellicismo come uno dei rivelatori della crisi della società moderna. Possiamo dire con Giambattista Vico che la storia si ripete senza fine.

Carlo degli Abbati

Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione europea e Organizzazioni Internazionali al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento ha insegnato Storia dell’integrazione europea all’Università di Lorena-Metz

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