In occasione della presentazione del libro “Il giovane Enrico” (edito per l’Associazione Infiniti Mondi, 2025) organizzata dal Circolo PD Lussemburgo e dal Circolo Culturale Eugenio Curiel che si terrà domani, mercoledì 14 maggio, alle ore 19, al Clae (Luxembourg Ville – quartiere Gasperich), abbiamo intervistato Sandro Ruotolo, giornalista, consigliere comunale a Castellammare di Stabia (NA), membro della segreteria del Partito Democratico, responsabile informazione, cultura e memoria ed eurodeputato, che parteciperà all’incontro

Nel libro si parla del giovane Enrico Berlinguer: secondo lei, cosa del suo pensiero e della sua figura può parlare ai giovani di oggi, soprattutto in un contesto europeo e migrante come quello di Lussemburgo?

Il giovane Berlinguer che emerge dal libro di Scala e De Simone è un ragazzo che sceglie di non restare in silenzio. Vive in un’Italia distrutta dalla guerra, in una Sardegna affamata e oppressa da tensioni sociali, e decide di reagire, di scegliere, di farsi carico della rabbia popolare. Questo è il messaggio che può e deve trasmettere ai giovani di oggi: il coraggio di schierarsi e non accettare l’ingiustizia come qualcosa di normale. La storia del giovane Enrico che sfida il potere e finisce in carcere per un pugno di pane è un invito a riscoprire il coraggio delle scelte. In un’Europa che rischia di alzare muri e di dimenticare la solidarietà, quel senso di giustizia, quel coraggio civile, tornano ad essere fondamentali.

Lei ha raccontato tante storie legate all’impegno civile e politico. In che modo la memoria di figure come Berlinguer può ancora ispirare un giornalismo d’inchiesta e di verità?

Berlinguer non ha mai avuto paura di dire la verità, neanche quando era scomoda. Ed è da lì che nasce il giornalismo di inchiesta: dal coraggio di guardare dove altri distolgono lo sguardo, dal coraggio di cercare la verità dove altri preferiscono il silenzio. Berlinguer ci ha insegnato che dire la verità è un dovere, non un’opzione e che il compito del giornalismo è proprio questo: dare voce a chi non ce l’ha, agli oppressi, ai più deboli. E oggi più che mai, in tempi di propaganda e fake news, questa memoria deve essere la nostra bussola. Deve spingerci a non abbassare la guardia, a raccontare ciò che altri vorrebbero nascondere, a difendere un’informazione libera, democratica e al servizio della società civile.

L’Italia è passata da 46esima a 49esima nella classifica globale della libertà di stampa, stilata da Reporter senza frontiere (Rsf). Tre posizioni perse, che la condannano a essere il Paese con il risultato peggiore nell’Europa occidentale. Come ci si salva da questa deriva? 

La situazione è grave, anzi gravissima. La libertà di stampa in Italia è sempre di più sotto attacco: calano gli spazi di autonomia, cresce il controllo politico e aumentano le pressioni su chi ha informazioni. Al Parlamento europeo abbiamo lanciato un messaggio chiaro: abbiamo solo 3 mesi per applicare l’European Media Freedom Act, che non è una raccomandazione, ma un Regolamento che deve essere applicato subito. E invece l’Italia si sta allontanando dai suoi principi fondamentali. È il momento della responsabilità politica, dobbiamo difendere il diritto dei cittadini a essere informati. Senza libertà di stampa, non c’è democrazia.

Berlinguer parlava di “questione morale” come fondamento della politica: crede che oggi ci sia qualcuno nel panorama italiano che raccolga davvero questa eredità? Quanto è importante, oggi, portare in Europa — anche in luoghi come il Lussemburgo — la riflessione su una sinistra che sia popolare e credibile ?

Per Berlinguer la “questione morale” era la questione nazionale più urgente. E lo è ancora oggi. La corruzione non è scomparsa, ha solo cambiato volto. Portare questa riflessione in Europa non è solo importante, è necessario. Perché senza etica pubblica, la democrazia si sgretola. E serve, oggi più che mai, una sinistra che torni ad essere credibile, popolare, radicata. Che torni ad ascoltare chi non ha voce, a difendere i diritti dei lavoratori, dei migranti, dei giovani e dei più deboli.. Serve il coraggio di chi, come il giovane Berlinguer raccontato da Scala e De Simone, scelse di non voltarsi dall’altra parte, scelse di sfidare il potere per un’idea di giustizia. È questo il coraggio che oggi manca.

E’ stato molti anni sotto scorta, a causa di minacce ricevute dal clan dei Casalesi per il suo reportage sulla Terra dei Fuochi andato in onda su La7. Scorta sospesa e poi revocata. Da eurodeputato  ha ribadito con forza la necessità di un’Unione Europea più determinata e incisiva nella lotta contro la criminalità organizzata. Possiamo sconfiggere ancora le mafie?

Io vivo tutt’ora sotto scorta. Sono, anzi, ormai 10 anni. La nostra democrazia è sotto attacco. Per questo, a Castellammare di Stabia abbiamo dato vita ad un Osservatorio sulla camorra, insieme a cittadini, associazioni e studiosi. Si tratta di un’iniziativa nata dal basso per analizzare le trasformazioni della criminalità organizzata e difendere le istituzioni dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Dove c’è corruzione, c’è anche la mafia. E lo scioglimento dei Comuni è un chiaro indicatore. E questo è un problema che riguarda tutti: sinistra, destra e centro. Non sempre la sinistra è la soluzione, può anche essere parte del problema. Ma non basta agire nei territori. La criminalità organizzata oggi è uscita dai confini nazionali. Si muove in tutta Europa, investe, ricicla e corrompe. Per questo dobbiamo affrontarla con una risposta all’altezza, una risposta europea. Dobbiamo lottare insieme. L’Unione europea deve farsi carico di questa battaglia. Deve dotarsi di una strategia comune e di strumenti adeguati. È una sfida che riguarda tutti.

Lei ha vissuto da protagonista anni cruciali per l’Italia: cosa ci insegna il passato, anche attraverso libri come questo, sul futuro della nostra democrazia?

Il passato ci insegna che la democrazia non è un risultato acquisito, ma il frutto di lotte continue, di un impegno costante. Libri come “Il Giovane Enrico” ci ricordano che le libertà di cui oggi godiamo sono il risultato di chi ha combattuto, di chi ha avuto il coraggio di prendere posizione, di chi ha messo al centro la giustizia sociale. Guardare al passato non è solo utile, è un dovere. Per non ripetere gli errori, per capire da dove veniamo, per sapere da che parte stare. Per ritrovare la forza di resistere, ancora una volta.

(Red/mgg_pc_se)

Leggi anche : Berlinguer non è un’icona lontana – PassaParola Magazine

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