Intervista allo storico Davide Conti, che il 24 maggio sarà a Lussemburgo per presentare il suo libro L’anima nera d’Europa (edizioni ANPPIA). L’evento, che avrà luogo presso il Centro Culturale Altrimenti, è organizzato da Anpi Lussemburgo in collaborazione con PassaParola Media Group e Dante Alighieri Lussemburgo. Sarà l’occasione per dialogare con lo storico che, fra tanto, ci dice: “Il governo postfascista che oggi guida l’Italia rappresenta una dichiarata involuzione del quadro costituzionale“
Lei è autore di molte pubblicazioni tra cui “Gli uomini di Mussolini” e “L’Italia di Piazza Fontana”: quanto è importante raccontare il passato del nostro Paese?
La conoscenza della storia dell’Italia repubblicana rappresenta la radice d’origine indispensabile per il nostro esercizio consapevole dei diritti di cittadinanza e di partecipazione democratica nel presente. Le questioni dell’eredità del fascismo; della qualità e dei caratteri della transizione dell’Italia dalla dittatura alla democrazia; il nesso tra la mancata applicazione della Costituzione e il vincolo internazionale imposto dalla Guerra Fredda al nostro Paese; il fenomeno (unico nelle democrazie mature a capitalismo avanzato) dello stragismo segnato da una durata quindicennale, da una impunità sostanziale sul piano giudiziario e da una connessa mancata “sanzione” storico-politica: tutto ciò rappresenta tratti della storia contemporanea nazionale che ha informato e informa tutt’ora il nostro presente. Non conoscerle significa non sapere da dove si proviene e non comprendere quale sia stato il percorso che ci ha portato a essere ciò che siamo, nel bene e nel male.
La memoria si perde o sbiadisce col passare del tempo e giunge ai giovani con mezze verità. Come si può ovviare a tutto ciò?
È il compito della storia oggi. Questa straordinaria disciplina ricava il suo orizzonte di senso nella nostra modernità solo se riesce a collocarsi dentro la sfera pubblica e fungere da fattore e leva di formazione critica alla lettura del presente. Ciò significa, innanzitutto, uscire da un alveo chiuso “abitato” solo da specialisti e introdursi in tutti gli ambiti di costruzione del sapere. È urgente per gli storici e le storiche andare dove non sono attesi. Dove non ci aspettano. Ovvero in quelle periferie sociali, culturali e politiche che oggi rappresentano il terreno della marginalizzazione nella cosiddetta “società globale”, ma che costituiscono la maggioranza della popolazione. Le giovani generazioni sono il terreno privilegiato di questo intervento. Formare il loro profilo culturale nonché sostenere lo sviluppo di una presa di coscienza delle condizioni collettive compone una delle principali risorse per affrontare i nodi della crisi generale (guerra, disuguaglianza sociale, riduzione della forza lavoro necessaria, politiche regressive contro le popolazioni migranti, crisi ambientale) in cui oggi siamo coinvolti.
Perché in Italia, quasi 80 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’anima nera del fascismo aleggia ancora nella nostra politica e quali sono i rischi dopo l’elezione di un governo dichiaratamante di destra?
Le istanze regressive sul piano economico-sociale e politico emergono nelle fasi di crisi della democrazia. Nella sua incapacità di rappresentanza delle masse, nella sua perdita di egemonia sul piano della capacità di affrontare questioni di vasta portata e offrire risposte materiali a bisogni urgenti. Nella storia della Repubblica ogni volta che la democrazia ha assunto forme elitarie come espressione unica della volontà delle classi dirigenti e proprietarie, la forma reattiva del resto della popolazione (priva di rappresentanza) si è manifestata in termini disconoscitivi del sistema democratico, basti pensare ai tre governi tecnici e tecnocratici di Ciampi, Monti e Draghi cui nelle elezioni successive hanno fatto seguito le affermazioni di Berlusconi, Grillo e Salvini e infine Meloni. Il governo postfascista che oggi guida l’Italia rappresenta una dichiarata involuzione del quadro costituzionale, tanto che proprio la Costituzione (e i diritti fondamentali che essa sancisce) è costantemente attaccata ed è obiettivo di “riforma” in senso divisivo (autonomia differenziata) e “verticistico” (il presidenzialismo).
Nazismo, Comunismo, Antifascismo nella memoria pesano, per alcuni, tutti in modo uguale: perché?
A causa di quello che io definisco “populismo storico” ovvero un fenomeno a base di massa con il quale le classi dirigenti hanno modificato, egemonizzandolo, il racconto del passato per governare il presente e legittimare il proprio operato. La risoluzione del settembre 2019 adottata dal Parlamento europeo con cui fascismo, nazismo e comunismo sono posti storicamente sullo stesso piano costituisce l’ultimo stadio di una degenerazione del rapporto con il nostro passato. Equiparando il male assoluto del nazifascismo con una forza storica fondamentale per la sua sconfitta quale fu il comunismo si vuole configurare come il solo legittimo modello politico-sociale quello del libero mercato unico liberista. Una raffigurazione immobile della storia che ne tradisce, una volta di più, i significati profondi.
Paola Cairo e Maria Grazia Galati