In occasione della Giornata internazionale della Memoria, per la prima volta in assoluto le sezioni ANPI Francoforte, ANPI Bruxelles e ANPI Liegi, ANPI Colonia, ANPI Londra, ANPI Barcellona e ANPI Lussemburgo si uniscono per un’iniziativa comune al fine di ricordare la Shoah.

Sabato 29 gennaio, alle ore 18, sulla piattaforma zoom, verrà presentato il libro di Daniele Susini, storico riminese e direttore del Museo della Linea Gotica Orientale-Chiesa della Pace di Montescudo- Monte Colombo (Rimini), “La Resistenza ebraica in Europa Storie e percorsi 1939-1945” pubblicato per i saggi della Donzelli (2021). Già tra i finalisti della dodicesima edizione del Premio FiuggiStoria2021, Susini ha cercato di rispondere ai frequenti interrogativi sui motivi per cui gli ebrei non si siano difesi e non abbiano opposto resistenza, trasmettendo l’immagine di vittime inermi della barbarie
nazista. Il direttore ci racconta la genesi del libro e ci anticipa, prima dell’incontro, alcuni atti di Resistenza ebraica.

La presentazione sarà preceduta da un documento filmato che raccoglie la testimonianza di una resistente ebrea, reso disponibile dall’associazione Fondation Auschwitz – Mémoire d’Auschwitz ASBL.

Com’è nato questo libro e quali sono le testimonianze raccolte e i percorsi di vita raccontati?

Il libro nasce da una lezione sulla Resistenza ebraica che mi avevano chiesto più di dieci anni fa. Da allora ho iniziato a documentarmi e non mi sono mai fermato. Ho capito che la Resistenza ebraica era non solo un argomento della Shoah, ma al tempo stesso molto interessante da studiare poiché metteva assieme due mie passioni. Quella lezione mi ha dato l’occasione per scoprire anche un punto di vista ulteriore, nuovo, con cui vedere questo evento storico. Ho approfondito gli studi che mi hanno portato a fare un viaggio nella storiografia mondiale, cercando di dimostrare anche tanti studi esteri non tradotti in Italia e viaggiando in molti luoghi della Shoah da Parigi a Vilnius, da Berlino a Varsavia, passando per Gerusalemme, attraverso archivi, memorialistiche, confrontandomi con altri colleghi storici per ottenere il risultato migliore.

Partendo dalle tesi dello storico che ha maggiormente studiato questo tema che è Yeuda Bauer, ho cercato – ovviamente con tutta l’umiltà possibile del caso, confrontandomi con questi maestri enormi –  di unire a Bauer anche la lezione importante e fondamentale su questo tema che è la “storia integrata” di  Saul Friedländer, ovvero come la grande storia si incardina su singole esperienze, e mettendo insieme i punti di vita dei carnefici e delle vittime ebraiche.

Ho scavato nei diari, nelle memorialistiche dove ci sono esempi riportati in abbondanza. Infatti, una delle esperienze resistestenziali più nobili da riscoprire è quella della raccolta informazioni. L’enorme lavoro fatto da singole persone e/o intellettuali che hanno raccolto informazioni o scritto documenti o diari ci permettono oggi di conoscere quello che avveniva nei ghetti. Proprio perché queste persone si sono impegnate, anche rischio della propria vita, a tenere dei diari che sono arrivati fino a noi. Alcuni anche in modo rocambolesco.

Perché la storiografia ufficiale ha sostenuto o quantomeno poco osteggiato l’immagine arrendevole, rassegnata di un popolo ebreo omogeneo? 

Lo storico che più ha sostenuto la tesi della passività ebraica è Raul Hilberg nella “La distruzione degli ebrei d’Europa” che è una pietra miliare che tutti gli studiosi devono aver letto. Le sue riflessioni sono tutte puntuali ma la differenza è data da una diversa e più completa concezione di due argomenti: a) la Shoah: oggi sappiamo meglio cos’è questo crimine; b) un concetto più sviluppato di Resistenza e di resistente.  L’Olocausto era considerato come un immenso massacro ai danni degli Ebrei. Solo dopo la caduta del Muro di Berlino c’è stata una maggiore visione del crimine e una maggiore consapevolezza ricavata grazie a nuove fonti.

Inoltre, il concetto di resistente si è ampliato. Resistente non è solo il leader politico o il partigiano ma lo sono anche tutte quelle persone (o quelle azioni) che hanno impedito l’uccisione di un ebreo o la cancellazione della cultura ebraica.

Si sa molto del sollevamento armato del ghetto di Varsavia (1943). Qual è l’atto di Resistenza più clamoroso dopo quello citato?

Tra gli atti non violenti voglio ricordare le foto del Sonderkommando all’interno del campo di concentramento di Birkenau: si tratta di 7 fotografie (di cui quattro chiare e tre nere), realizzate da chi accompagnava le vittime nei forni crematori o ne smaltiva i cadaveri. In quella situazione impressionante, gli uomini di questa unità si sono messi in contatto con Resistenza polacca, hanno introdotto una macchina fotografica nel campo, anche a rischio della propria vita e, nel cuore della Shoah, hanno raccontato attraverso le 7 foto, l’orrore. Tra l’altro anche quelle tre foto nere sono state scattate, ci sono e raccontano un vero atto di Resistenza. Questo dimostra che gli ebrei (anche se appartenenti a quel particolare kommando) ne avevano di voglia di resistere per denunciare al mondo cosa stava succedendo!

Quali donne hanno rappresentato al meglio la Resistenza ebraica? 

Per tanti anni le donne non hanno avuto un ruolo nella storiografia, anche se sono state presenti, come resistenti, in tutte le Resistenze. Le deprivazioni nei ghetti e quelle degli ebrei erano talmente grandi che le donne, in quanto leader, avevano non solo un ruolo politico ma anche materno. Molti ragazzini rimasti orfani, per esempio, si avvicinavano alla Resistenza e le donne li aiutavano a  ricreare un nuovo nucleo familiare. Inoltre, le donne potendo muoversi liberamente – non avendo riconoscimenti fisici come gli uomini che erano riconoscibili dalla circoncisione – erano molto utilizzate per esempio come staffette.

Dopo una grande sottovalutazione con le nuove ricerche si è scoperto che il ruolo delle resistenti è stato di più ampio respiro.  Le figure femminili erano maggioritarie e sopperivano al ruolo maschile anche nell’organizzazione di ospedali, scuole, biblioteche per orfani. Ebbero un ruolo centrale.

Di Remo Ceccarelli. Ha collaborato Paola Cairo

La foto di copertina è ripresa da una mostra fotografica alla Wiener Holocaust Library di Londra, realizzata nel 2020, che racconta la Resistenza ebraica contro i nazisti

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