Dopo il penultimo vertice di Johannesburg, di cui abbiamo già riferito nella nostra rivista, l’ultimo vertice dei BRICS + (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Iran, Emirati Arabi, Etiopia) si è svolto fra il 22 e il 25 ottobre a Kazan, splendida capitale del Tatarstan russo, con la presidenza di turno di Vladimir Putin

I BRICS come conferenza diplomatica nata nel 2009 riprende quello  che era stato a partire dalla conferenza di Bandung del 1955 il movimento dei paesi non allineati, quel “sud globale” che è stato confinato in una infelice frase del rappresentante UE Borrell nella giungla globale contrapposta al perfetto giardino europeo. Erano presenti 36 paesi oltre al segretario generale dell’ONU Guterres. I paesi del BRICS + oggi rappresentano il 37% del PIL mondiale, il 50% della produzione mondiale di petrolio e oltre il 40% della popolazione mondiale, contro il solo 10% del G7 e paesi apparentanti (Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda).

Dopo tre giorni di lavori, la dichiarazione finale del 16° vertice dei BRICS domanda una migliore rappresentatività dei paesi in via di sviluppo e in particolare dell’Africa nelle istituzioni internazionali come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il FMI, la Banca Mondiale, l’OMC.

Se si estraggono i principali punti della lunga dichiarazione finale, i BRICS in particolare:

– hanno dichiarato l’importanza di allargare la loro cooperazione sulla base di interessi comuni e di sviluppare ulteriormente la strategia del loro partenariato economico su tutti i fronti

– hanno richiamato le loro posizioni nazionali sula situazione in Ucraina  e nel suo immediato vicinato

– hanno espresso la loro inquietudine per l’impatto negativo delle sanzioni occidentali sulla economia  mondiale

– hanno invocato una piu’ grande partecipazione dei paesi meno sviluppati, in particolare, africani, ai processi mondiali e hanno salutato il vivo interesse del Sud globale ad unirsi

– hanno preso nota della proposta di mediazione per una soluzione pacifica del conflitto ucraino attraverso il dialogo

– hanno espresso la loro inquietudine per la situazione in Sudan e hanno invocato un cessate-il fuoco

– hanno riaffermato il loro impegno a favore del multilateralismo e sul mantenimento del ruolo delle Nazioni Unite al centro del sistema internazionale 

-hanno riaffermato il loro sostegno ad una riforma globale dell’ONU ivi compreso del Consiglio di Sicurezza per renderlo piu’ rappresentativo

-hanno fatto parte della loro opposizione a delle misure unilaterali imposte con il pretesto di lottare contro i cambiamenti climatici

 -hanno condannato gli attacchi contro il personale dell’ONU e le minacce alla loro sicurezza e hanno richiamato Israele a cessare immediatamente questo genere di azioni  

– hanno salutato la creazione ad Haiti  di un Consiglio presidenziale provvisorio e di un Consiglio elettorale per risolvere la crisi del paese.

Ma su di una ultima conclusione dobbiamo in particolare soffermarci . I BRICS hanno anche “salutato l’utilizzo delle monete nazionali nelle transazioni finanziarie fra gli Stati membri ed i loro partners commerciali”.

Dopo che gli Stati Uniti hanno cessato di considerare il dollaro alla stregua di quella che era stato in passato la lira sterlina, cioè un bene pubblico liberamente utilizzabile dal mondo intero per farne invece un’arma politica se non altro per la totale sorveglianza di ogni transazione espressa in dollari in ogni parte del mondo da parte delle autorità americane dopo il Patriot Act del 2001, buona parte dei paesi sono alla ricerca di un sistema di pagamenti sostitutivo del dollaro ( e dell’EURO aggregato) .

Qui ritorna in mente il Bancor, concepito dal J.M. Keynes come divisa internazionale, ipotetica cripto-moneta si direbbe oggi, presentata da lui a Bretton Woods nel 1944 ma allora rifiutata dal rappresentante americano Harry Dexter White che voleva fare del dollaro la moneta internazionale di riferimento sino alla introduzione del ben noto gold exchange standard basato sul valore in dollari (35) di una oncia troy di oro, peraltro abolito e sostituto mondialmente addirittura ventisette anni dopo dal dollar system vantaggiosissimo per gli USA, dopo la famosa dichiarazione Nixon del 15 agosto 1971 . Il Bancor comunque ha costituito storicamente  l’effimero riferimento dell’UEP (Unione Europea dei Pagamenti) fra il 1950 e il 1958.

Oggi i paesi a partire dai BRICS che intendono allontanarsi dal dollaro cercano di mettere in atto un sistema di pagamenti alternativo. Se siamo ancora lontani dalla sua realizzazione effettiva, di cui è comunque premessa il c.d. BRICS Bridge come sistema alternativo al sistema occidentale Swift,  la volontà del Sud collettivo è quella di utilizzare le proprie monete e non il dollaro o l’Euro nell’interscambio fra i paesi e di avere per riferimento una sorte di nuovo Bancor, una nuova “criptomoneta” o moneta virtuale costituita in parte dal riferimento all’oro e in parte al paniere costituito dalle monete dei paesi aderenti,  che costituirebbe la bese delle operazioni di una camera di compensazione a saldo dell’interscambio fra i paesi. Una “criptomoneta” che si sostituirebbe ai Diritti Speciali di Prelievo (Special Drawing Rights) previsti dal FMI come mezzi supplementari di pagamento, immaginati dopo la crisi del  2008 dall’economista Robert Triffin come sostitutivi delle monete nazionali nell’interscambio mondiale, ma rifiutati dai BRICS perché dipendenti dalla componente US Dollar del sistema internazionale. Quindi l’altra metà del mondo, il Sud globale o collettivo sta attivamente studiando il suo sganciamento dal dollaro (e  dall’EURO). Non sarà per domani, ma certe certezze anche monetarie dell’Occidente “collettivo” forse andrebbero riviste sin da subito. A buon intenditor poche parole. Compreso la via dell’indebitamento in EURO della UE quasi senza limiti noti oggi in corso, se si percepisce la logica del recente Piano Draghi, soltanto perché presto una simile pratica  diverrà semplicemente non piu’ sostenibile.

Carlo degli Abbati

Carlo degli Abbati è professore associato di Politica Economica e Finanziaria e cultore della materia di Diritto della Unione europea presso la Facoltà di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova

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