Il Paese che ha ottenuto l’assegnazione, da parte della FIFA, dell’organizzazione dei Mondiali di calcio 2034, per la prima volta dal 1945 ha rifiutato il ruolo di swinging producer* al servizio degli interessi della economia americana che gli era stato tradizionalmente assegnato. L’analisi del professor degli Abbati

Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

Per la sua storia, il regno di Arabia Saudita, che ha ottenuto dalla FIFA lo svolgimento del campionato mondiale di calcio nel 2034, nasce dal patto firmato nel Nedj arabico nel 1744 fra Mohammad bin Saud (Muhammed bin Saud bin Mohammad al Muqrin 1710-1765), emiro della tribù dei Saudi, ed il leader di un movimento religioso salafita locale, Muhammad bin Abdalwahhab, che ottengono nei confronti dei britannici e delle tribù giordane dei Rashîd la indipendenza dell’emirato di Dariya, come primo stato saudita. La compiuta indipendenza della Arabia saudita sarà raggiunta in seguito, sotto forma di regno, il 23 settembre 1932 con l’unione dei regni di Najd (Neged) e Higiaz (al Hijiâz) e degli emirati diAsîr, Najrân e al-Ahsâ’. Dopo la morte del fondatore Abd al-Azîz, avvenuta nel 1953, il potere è passato per consuetudine ai figli, in ordine di anzianità. A causa delle sue precarie condizioni di salute il re Salmân bin ‘Abd al-Aziz Al Sa´ûd ha lasciato ampio spazio al figlio, attuale primo ministro, Muhammad bin Salmân (MbS), principe ereditario dal 2017, che ha preso una serie di iniziative sia interne (imprigionamento di molti altri principi di casa reale) che esterne (guerra agli Huthi zayditi alleati all’Iran, nello Yemen) per consolidare il suo potere. MbS ha di recente deciso lo sviluppo di un vasto programma di riforme economiche e sociali per la modernizzazione del paese e la riduzione della sua dipendenza dal petrolio ( programma Vision 2030). Molti membri della famiglia reale a lui ostili sono stati arrestati nel corso di una campagna anti-corruzione. In base alla legge fondamentale del 1992 sotto il profilo istituzionale il sovrano come “custode dei Luoghi santi” di Mecca e Medina, detiene tutti poteri dello Stato. Non esiste inoltre separazione fra il patrimonio della famiglia reale e il bilancio dello Stato. Nelle sue funzioni, il re è assistito da una Assemblea consultiva formata da 150 membri di sua nomina, di cui trenta dal 2013 riservati a donne. Nel 2015, il diritto di voto è stato per la prima volta esteso alle donne e l’età minima è stata portata a 18 anni. L’islam sunnita nella sua interpretazione più letterale fornita dal wahhabismo è religione di stato. Il Regno islamico ha assunto la forma di una monarchia assoluta in cui vige la legge religiosa (sharî’ah) amministrata da tribunali religiosi. La pena di morte è in vigore. In materia di difesa le spese militari in rapporto al PIL (9,8%) sono fra le più elevate del mondo, essendo gli Stati Uniti il principale fornitore di armi del paese. Il paese è membro di CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo), Lega Araba, OCI (Organizzazione della Conferenza islamica) , ONU, OPEC e WTO-OMC. Da un punto di vista geografico Il paese occupa la più larga parte della Penisola Arabica, confina a Nord con la Giordania e l’Iraq, a Nord-Est con il Kuwait, a Sud-Est con il Qatar e gli EAU e a Sud con l’Oman e lo Yemen con cui condivide 1400 km. di frontiera. Si affaccia sul Golfo Arabico (Persico) a Est e sul Mar Rosso a Ovest. Alle spalle della zona costiera sul Mar Rosso si estende una zona montuosa, l’ Hijâz a nord e ‘Asîr a Sud. Oltre questa, verso Est, si estende il deserto, sabbioso a Nord (An-Nafûd) e petroso al centro (Najd-Neged). Dal Neged l’altopiano scende a ripidi gradoni verso il Golfo Arabico ai piedi dei quali si allineano delle oasi popolatissime. A Sud-Est si estende il deserto sabbioso del Al-Rub’ al-Khâlî (“Il quarto del Vuoto”) attraversato per secoli dalle carovane provenienti dall’Arabia Felix meridionale, dai regni di Saba, Minah, Kataban e e Hadramaut. La popolazione saudita fortemente urbanizzata (85%) è stata precisamente censita nel 2022 e contava 32.175.224 ab. di cui il 42 % formato da stranieri, su di una sup. di 2.149.690 km2, con una densità di 14,9 ab./km2. La capitale Riyadh possiede 6.924.566 ab. (cens.2022). Il paese presenta una crescita demografica annua di 2,39 % (2023), una fecondità di 2,1 (2022) ed un ottimo indice di mortalità infantile : 2,8 per mille nascite (2022) , analogo a quello della Francia. Nelle statistiche di sviluppo umano preparate dal PNUD l’Arabia Saudita figura fra i paesi a Very High Human Development con un indice di sviluppo umano ( HDI) di 0,875 (2022), in progressione costante dal 1990 (0,697), nella posizione di 40° sui 191 paesi censiti. Gli indici principali sono la speranza di vita alla nascita : 77,9 anni U 76,6 D 79,5 (2022) ; gli anni di scolarità attesa: 15,2 anni ed effettiva : 11,3 anni; il reddito pro-capite in USD PPP (2017) di 50.620 USD (2022) che scende in effettivo a 32.530 USD. Per quanto riguarda le statistiche di genere, se in definitiva l’Arabia Saudita risulta molto prossima ai valori medi HDI dei paesi a Very High HDI , il livello del valore del Gender Inequality Index -GII- ( 0,229 ) e del Gender Development Index -GDI- (0,928) nel 2022 risultano ancora inferiori alla media dei paesi a Very High HDI, nonostante i rapidi progressi registrati soprattutto negli ultimi anni. Per esempio gli indici dell’Italia sono rispettivamente pari per il GDI a 0,969 e per il GII a 0,057. L’economia saudita si basa essenzialmente sulla estrazione del petrolio e in minor misura del gas.

Foto: scenarieconomici.it

Il paese, sede di grandi riserve mondiali di petrolio, ma in progressiva diminuzione, cerca di uscire dalla condizione di monocoltura petrolifera attraverso un ambizioso programma di diversificazione dell’ economia. Il calo dei prezzi internazionali del petrolio ha causato dal 2015 un consistente deficit di bilancio aggravato dai costi ingenti della guerra in Yemen. Si è proceduto alla riduzione della spesa pubblica, alla emissione di titoli di stato, all’utilizzo delle ingenti riserve valutarie. I maggiori giacimenti di petrolio si concentrano nella regione orientale affacciata sul Golfo Persico (as-Sharqiyya – oasi di al-Hasa – a maggioranza di popolazione sciita). Attraverso una rete di oleodotti, il greggio viene trasportato alle grandi raffinerie (Ra’s Tannûrah, Riyadh, Yanbual Bahr, Râbigh, Al Jubayl e Gidda) e ai terminali di Kuwait e Bahrain. Il gas naturale è soprattutto destinato al consumo interno. L’attività industriale è soprattutto legata al settore petrolifero, ma sono anche attivi i comparti della meccanica pesante, della siderurgia, della fusione dell’alluminio e dei materiali per l’edilizia.

Notevoli sono nel paese gli investimenti per aumentare le aree coltivabili produttrici di frumento, carne di pollo e datteri di cui il paese è grande produttore e esportatore. Con una rete di grandi banche ed una borsa valori, Riyadh costituisce il principale centro finanziario del MO. Rilevante poi il turismo religioso con oltre due milioni di pellegrini l’anno che è fonte di rilevanti entrate (135 miliardi USD) nel 2023.

Sotto il profilo politico, l’Arabia saudita ha sempre svolto in Medio Oriente un ruolo di potenza regionale per ragioni molteplici, oltre a svolgere un ruolo di propagazione della dottrina wahhabita nella comunità musulmana sunnita del mondo intero. Si può citare proprio il suo preminente ruolo religioso di paese “custode dei Luoghi santi” di Mecca e Medina, la sua ricchezza petrolifera, l’indefettibile sostegno degli Stati Uniti sin dal Patto del Quincy del febbraio 1945 che lo ha fatto rientrare negli “interessi vitali” statunitensi. Negli ultimi anni, con la guida di MbS, ma anche con il consiglio di MbZ, Muhammad bin Zayid al Nahyân, presidente degli Emirati Arabi Uniti, il paese ha perseguito l’obiettivo di confermarsi come potenza regionale con una smart policy diretta al bilanciamento dell’influenza dell’opposta repubblica sciita iraniana ma anche alla contemporanea stabilizzazione dell’area in cui dal 7 ottobre 2023 è esplosa la reazione israeliana agli attentati che da Gaza si è progressivamente estesa al Libano, alla Siria sino allo stesso Iran.


Se gli Accordi di Abramo conclusi da Israele sotto l’egida di Trump con Bahrein e EAU sono oggi congelati per il furore contro Israele delle masse arabe dopo il prolungato sterminio delle popolazioni palestinesi, il passo successivo della normalizzazione delle relazioni saudite con Israele è stato arrestato del tutto, sempre per la situazione a Gaza.
Nel frattempo, grazie alla mediazione cinese, sono riprese le relazioni con l’Iran nel marzo 2023. Un Iran del resto oggi indebolito dalle operazioni militari israeliane contro lo stesso Iran, gli hezbollah libanesi, i pasdaran presenti in Siria, la caduta dell’alleato Bashar al-Assad.

Se l’intervento saudita in Yemen appare meno giustificato per il ravvicinamento con l’Iran, i lanci di missili huthi contro Israele hanno provocato sul paese dei recenti raid americani. Ma il fatto nuovo è che, comunque, l’Arabia Saudita abbia deciso di non cedere dopo la guerra in Ucraina alle pressioni americane miranti ad ottenere un aumento della produzione petrolifera per abbassare il livello dei prezzi mondiali. Per la prima volta dal 1945 l’Arabia Saudita ha rifiutato il ruolo di swinging producer* al servizio degli interessi della economia americana che gli era stato tradizionalmente assegnato. Un’altra variabile che si aggiunge al complesso quadro mediorientale, attendendo le posizioni assunte in futuro da Trump presidente che saranno in favore o meno delle tesi israeliane di infliggere a Teheran il colpo decisivo, espresse sin dal 2004. Non resta che attendere le prossime settimane e se possibile nel frattempo distrarsi un po’.
Carlo degli Abbati

Insegna Diritto dell’Unione Europea e Organizzazioni Internazionali al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, ha insegnato Storia dell’integrazione europea all’Università di Lorraine Metz

*entità economiche, o gruppi di entità operanti in un regime di oligopolio, fornitrici di commodity, beni o servizi, che controllano consistenti depositi o capacità produttive o estrattive in ambito locale, o posseggono una grande capacità produttiva o estrattiva a livello globale

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