Viaggiare, conoscere, scoprire luoghi nuovi: interagendo con gli abitanti e partecipando personalmente alle attività locali. Praticamente “vivendo un po’ con loro”. Non una moda passeggera, ma, a detta di chi ci lavora, il turismo del futuro

Apparso agli inizi degli Anni 2000 da un lavoro di ricerca di Greg Richards, professore della Facoltà del Tempo Libero, Università di Tilburg, Paesi Bassi, e Crispin Raymond, titolare della Crispin Raymond and Associates, Bath, Gran Bretagna, il concetto di turismo creativo sta oggi divenendo sempre più diffuso e apprezzato. I turisti vengono coinvolti direttamente in attività creative in collaborazione con la popolazione locale. Un tipo di turismo che innesca un processo esperienziale ed educativo, volto comunque allo svago.

Si crea una vera e propria sinergia fra il turista e la comunità locale dove tutti gli “attori” sono coinvolti in un processo di collaborazione verso un ruolo creativo: il residente, che in maniera fantasiosa cerca di coinvolgere l’attiva partecipazione del turista, e il turista stesso che si immerge nel luogo e viene coinvolto e integrato nel territorio come se fosse un vero e proprio residente. «Puoi fare il tuo formaggio di capra o fare i tuoi strumenti Gnawa a Essaouira (Marocco); imparare a fare castelli di sabbia nelle Isole della Maddalena, cosmetici alle rose o yogurt bulgaro a Gabrovo (Bulgaria), provare coreografie di carnevale durante tutto l’anno a Recife (Brasile)» racconta Caroline Couret, direttrice di Creative Tourism Network, una rete internazionale di cooperazione e promozione del turismo creativo, nata a Barcellona e poi ramificatasi in tutto il mondo. Oltre all’esperienza in sé è anche importante il valore aggiunto che porta al territorio il turismo creativo, che consente di diversificare l’offerta, di destagionalizzare e creare così una continuità di introiti che provengono dal comparto turistico. «Il contesto attuale è in procinto di evidenziare un ritorno dei valori umani, della solidarietà, dell’autenticità all’interno della società.

Costringe le destinazioni a sedurre un pubblico locale attraverso esperienze da vivere in piccoli gruppi che offrono un nuovo scenario anche a pochi chilometri da casa» continua Caroline. Anche l’Italia, con le sue tradizioni e differenze culturali, può trarne beneficio, rafforzando l’identità di ogni sua regione, essendo un turismo che si adatta a tutti i tipi di destinazioni, siano esse città, paesini, località di mare o di montagna, aree rurali. Da qui l’esigenza di coinvolgere nuovi “attori” come artigiani, artisti, contadini, che mettono quindi a disposizione le proprie conoscenze per rispondere alle esigenze di un nuovo tipo di turista: interessato a natura, cultura e tradizione, e che vuole sperimentare in maniera creativa la realtà locale che sta esplorando.

Caroline rassicura che il turismo creativo non è una moda passeggera, ma che si tratta di un vero e proprio cambiamento sociale che agisce a livello della domanda e si ripercuote sull’offerta turistica. Una tendenza in continuo crescendo in termini di numero e di profili, passando dal viaggiatore solitario e romantico che va a dipingere in Toscana a gruppi di appassionati di danza, ceramica, tessitura. Un nuovo modo di fare turismo che “offre ai visitatori l’opportunità di sviluppare il loro potenziale creativo attraverso l’attiva partecipazione a corsi ed esperienze di apprendimento che sono caratteristiche della meta turistica in cui si trovano”. (Citazione dei professori Raymond e Richards).

Cinzia Regalbuto

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