Riciclare e riutilizzare i rifiuti affinché le risorse possano essere utilizzate in maggior numero da tutti. Questo l’obiettivo dell’economia circolare distributiva
L’ultimo studio dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici), pubblicato il 4 aprile 2022, ha evidenziato un dato allarmante. Nel periodo 2010-2019 le emissioni medie annue di gas serra a livello globale “hanno raggiunto i livelli più alti della storia dell’umanità. Senza un’immediata riduzione delle emissioni in tutti i settori, l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C entro il 2030 è fuori portata”. Per trovare soluzioni rapide al problema, durante l’ultima assemblea per l’ambiente svoltasi a Nairobi (UNea) dal 28 febbraio al 4 marzo 2022, l’ONU ha deciso di adottare politiche in grado di dare più forza all’economia circolare e alla gestione sostenibile dei rifiuti e dei contaminanti chimici (Circularity Gap Report; Global Resources Outlook dell’International Resource Panel e Innovative pathways to achieve sustainable consumption and production). Sul tema si è espressa già da tempo l’economista Kate Raworth (Università di Oxford e Cambridge), scrivendo il saggio L’economia a ciambella, per invitarci a riflettere su quanto il nostro attuale modello economico sia obsoleto e basato solo sulla crescita a oltranza (come il PIL, nel caso degli Stati, i ricavi nel caso delle imprese) oltre che sul benessere materiale; e ciò a scapito di tutto, come ambiente, animali, sfruttamento delle risorse dei Paesi in via di sviluppo. Secondo Raworth dobbiamo ridisegnare l’economia da capo integrandola nella società e nella natura, andando oltre la distribuzione del reddito per puntare alla re-distribuzione della ricchezza, in particolare superando il concetto di possesso di terreni, tecnologie, conoscenze e denaro.
Un’economia circolare distributiva si pone l’obiettivo di riciclare e riutilizzare i rifiuti affinché le risorse possano essere utilizzate in maggior numero da tutti. A livello concreto, il Lussemburgo è stato uno dei primi Paesi ad adottare i principi dell’economia cir-colare nella sua strategia nazionale, e mira ad accelerare la sua diffusione a livello regionale: sia per ancorare strategie settoriali o industriali, sia per sviluppare strategie macroeconomiche nazionali. Questi principi sono stati sviluppati nel 2020 dal Consiglio superiore per lo sviluppo sostenibile (CSDD), in collaborazione con esperti della società civile e rappresentanti di vari ministeri.
Anche nei Paesi Bassi, Amsterdam è stata la prima città ad attuare ufficialmente la “Donut Economy” dal 2020 per ridurre del 50% gli sprechi alimentari entro il 2030, tramite politiche economiche mirate a incoraggiare azioni comunitarie innovative su piccola scala come, ad esempio, la promozione del commercio locale al fine di stimolare l’occupazione territoriale. Sul medesimo modello e scopo è seguito il progetto “Brussels Donut” che esplora vari modi per implementare l’economia della ciambella nella regione di Bruxelles Capitale: è guidato da Confluences ASBL insieme a ICHEC Management School e DEAL, finanziato dalla Regione di Bruxelles Capitale e realizzato in collaborazione con il Segretario di Stato regionale per la transizione economica di Bruxelles, Barbara Trachte. La Francia invece è indietro: Jean-Noël Barrot, deputato dell’Assemblea nazionale costituente della Francia dal 2017, ex insegnante di economia all’HEC, Ecole de Commerce di Parigi, ha evidenziato come l’equità sociale e ambientale nella capitale francese sia ancora un obiettivo da raggiungere per la regione che concentra più del 40% degli altissimi redditi della Francia. Più di un abitante su sei vive al di sotto della soglia di povertà, mentre diversi indicatori segnalano il superamento di soglie critiche dell’inquinamento ambientale a causa delle emissioni di gas serra per azoto e fosforo prodotto dall’agricoltura industriale. Con una reale volontà politica e un’economia di tipo circolare questi problemi potrebbero essere risolti se l’attenzione politica non fosse incentrata solo sulla crescita economica, a scapito delle disuguaglianze economiche e sociali esistenti tra la popolazione.
Dunque, nel XXI secolo, la sfida maggiore da affrontare per la nostra società occidentale sarà quella di cambiare radicalmente modo di intendere l’economia, rendendo meno retorico il concetto di sostenibilità da parte delle imprese e degli Stati.
Veronica Rossetti