Buon Compleanno, Chico! è la scritta che ieri è stata fatta volare in cielo dai partecipanti al sit-in che si è tenuto a Sanremo.
La manifestazione è stata organizzata in corso Matteotti, vicino alla statua che celebra Mike Bongiorno perché in qualche modo proprio da Mike nasce la storia di Chico che fu un campione del quiz a premi TeleMike e che proprio grazie alla sua vincita tentò la fortuna negli Stati Uniti diventando un grande produttore cinematografico.
Il comitato che promuove la causa di Enrico “Chico” Forti ha approfittato della risonanza mediatica del Festival per porre l’attenzione su questo italiano che da 20 anni si trova ingiustamente in stato di detenzione condannato all’ergastolo nel Dade Correctional Institution di Florida City, un carcere di massima sicurezza vicino Miami.
Da tempo, sono tantissime le persone che chiedono la revisione del processo per Forti che da sempre grida la propria innocenza e si proclama vittima di un errore giudiziario. Chico è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, il figlio di un imprenditore con il quale stava trattando l’acquisto di un albergo a Ibiza, avvenuto il 15 febbraio 1998 a Miami. L’interrogatorio preliminare (avvenuto senza la presenza di un avvocato e senza ripresa televisiva) e il processo sono stati costellati da una serie impressionante di omissioni ed errori gravi.
Inoltre, i sostenitori della battaglia a favore dell’innocenza di Chico sostengono che vi fosse un pregiudizio da parte della Polizia di Miami dovuto alle critiche implicite in uno dei documentari girati dal produttore: nella ricostruzione della morte di Andrew Cunanan, il serial killer assassino di Gianni Versace fatta nel documentario Il sorriso della medusa, Forti ha criticato l’operato della polizia locale, che avrebbe forzato la conclusione del caso in suicidio.
C’è da dire che su questo caso per troppi anni non è stata alzata la voce da parte delle istituzioni italiane per un nostro connazionale ingiustamente detenuto. Chico Forti è stato lasciato solo, a invecchiare dentro un carcere di massima sicurezza, nel quale mancano le condizioni minime a garanzia del detenuto, dove devi solo provare a resistere. Ieri ha compiuto 61 anni: è entrato in quel carcere che ne aveva 41, è stato strappato alla moglie e ai sui tre figli che non ha potuto vedere crescere e che ha sentito telefonicamente solo pochi minuti al mese. Chico resiste da venti anni, i nostri governi molto meno.
I tempi sono maturi per fare qualcosa o almeno per provarci. Non si può aspettare oltre.
Gilda Luzzi