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ASTM (Action Solidarieté Tiers Monde) chiama, il Lussemburgo risponde, ma forse ha troppa fretta per approfondire il discorso che riaggancia quasi subito. Con la conferenza/dibattito del 12 dicembre scorso al Cercle Cité, si è chiuso un ciclo – portato avanti da diverso tempo dal movimento – che nell’ultimo anno ha raggiunto grandi risultati.

Tanti i volti presenti per l’occasione che hanno contribuito portando la loro testimonianza al pubblico presente. Inquinamento ambientale causato dalle industrie petrolifere e minerarie, lavoro minorile, condizioni di sfruttamento e condizioni di lavoro inaccetabili; tutti temi che l’Action Solidarieté Tiers Monde ha affrontato, attraverso le loro esperienze dirette, indirette e video illustrativi.

Ormai se ne parla tanto, negli ultimi tempi. Le imprese multinazionali, quelle che contribuiscono a far girare (e non di poco) l’economia mondiale (il 69%, dati alla mano), spesse volte ricorrono a scelte molto discutibili per far fronte ai propri interessi. Non è una novità, insomma. Ma cosa si sta facendo per ostacolare tutto questo? «Ben poco e per ovvi motivi», risponde Richard Graf, il presidente di ASTM.

Ma quali sono le iniziative, in ambito europeo, che possono in qualche modo dare un aiuto concreto a questo dramma? E il Lussemburgo, soprattutto, come si sta muovendo? «Per il momento non si muove come dice. Ma qualcosa sta cambiando, da qualche anno a questa parte », conclude Graf.

Innanzitutto bisognerebbe cominciare ad informare, sensibilizzando – attraverso incontri pubblici, conferenze e dibattiti – e affrontando il tema coinvolgendo chiunque abbia voglia di aprirsi un po’ al mondo. Su questi pilastri, si fonda il movimento.

«Delle soluzioni esistono, ma bisogna muoversi. Circa l’85% di queste multinazionali sono principalmente al nord, ma operano al sud, dopo lo stato, in primis, non svolge un gran ruolo di protezione. Quando le vittime cercano di ottenere giustizia, si trovano davanti un muro invalicabilie », sostiene Nayla Ajaltouni del Collettivo Etico.

«In Francia, ad esempio, dopo numerose pressioni, da poco è stata votata una legge sulla vigilanza e il controllo costante delle multinazionali; in Germania si stanno adoperando per adottare delle misure cautelari per obbligare le imprese a tutelare ancora piü insistentemente i diritti dei lavoratori, esattamente come in Svizzera».

E il Lussemburgo? Riuscirà stavolta a stare al passo e a regolamentare il quadro giudirico nazionale, adottando delle norme adeguate? Riuscirà a dare l’esempio e a giocare, come spesso ha l’ambizione di fare, un ruolo di primo piano in questa lotta? Per il momento non sembra, nonostante le belle parole. Con la speranza che alla prossima chiamata, invece di riagganciare, cercando di evitare il discorso, possa finalmente prendere seriamente atto che le cose non stanno andando affatto nel verso giusto. Ma c’è ancora tempo per rimediare. Forse.

http://nocorporateimpunity.org/

Luigi Di Razza

 

 

 

 

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