Apertura ufficiale della mostra Maria-Simulacrum all’Università di Trier. L’inaugurazione ha rappresentato non solo il lancio di un progetto artistico di straordinaria potenza visiva, ma anche un’occasione di dialogo tra linguaggi e prospettive differenti: teologia, moda, filosofia, arte contemporanea e tradizione religiosa

La giornata del 2 dicembre 2025 rimarrà impressa come un momento di grande rilevanza culturale e spirituale per l’Università di Trier. L’inaugurazione della mostra Maria-Simulacrum, nata da una collaborazione con K.I.M. e.V. – Kalabria Italiae Mundi, l’Italienzentrum e l’Università di Trier, ha accolto ospiti di rilievo del mondo accademico ed ecclesiastico, insieme al maestro Giuseppe Fata, protagonista assoluto dell’esposizione. Attraverso forme, materiali e allegorie, Fata reinterpreta le iconografie mariane — in particolare quelle legate alla tradizione calabrese — e le trasporta in una dimensione contemporanea, dove arte e spiritualità convivono in un equilibrio delicato ma potentissimo.

Le sue opere, spesso presentate tramite fotografie artistiche di grande intensità, trasformano il corpo in un luogo teologico: uno spazio in cui ritualità, identità e sacralità si incontrano. «La testa crea l’arte, perché il capo è la dinamica artistica del pensiero», ricorda spesso l’artista, sintetizzando la sua poetica.

La cerimonia si è svolta presso la Bibliothekszentrale della Universitätsbibliothek Trier  in presenza del vescovo Stephan Ackermann con l’ intervento del Prof. Alberto Fabio Ambrosio e di Giuseppe Fata. Alberto Fabio Ambrosio, teologo domenicano, docente alla Luxembourg School of Religion and Society e collaboratore del Collège des Bernardins di Parigi, è uno dei più autorevoli studiosi europei del rapporto tra moda e sacro. La sua formazione tra Italia, Francia e Turchia e le sue ricerche sul sufismo, sui rituali islamici e sulla spiritualità comparata lo hanno portato ad aprire un campo di studi innovativo: quello che indaga la moda non come fenomeno frivolo, ma come luogo teologico e antropologico. L’intervento del professor Ambrosio ha accompagnato il pubblico in un viaggio sorprendente attraverso storia, Bibbia e contemporaneità, mostrando come la moda possa diventare una lente attraverso cui leggere la modernità e i suoi linguaggi spirituali.

Alberto Fabio Ambrosio, foto: Elisa Cutullè

Secondo Ambrosio, infatti, la moda non è soltanto apparenza, ma un vero linguaggio culturale che plasma identità, comportamenti e immaginari. Richiamandosi al filosofo Vilém Flusser, egli ha illustrato come essa possa essere interpretata come una forma di teologia secolare, capace di mediare tra spirito e materia, tra visibile e invisibile. Per sostenere questa tesi, il professore ha guidato l’uditorio attraverso alcune pagine fondamentali della Bibbia, dove il tema dell’abito ricorre come simbolo di relazione, trasformazione e rivelazione. Dalla tunica di pelle che Dio crea per Adamo ed Eva, alla tunica inconsutile di Cristo, fino alle vesti luminose dell’Apocalisse, Ambrosio ha mostrato come il “vestire” sia un gesto carico di significato teologico e spirituale.

In questa prospettiva, ha osservato, la modernità ha trasformato la moda in una sorta di “dea dell’apparenza”, capace di generare giudizi, appartenenze, inclusioni ed esclusioni, proprio come accade nelle dinamiche religiose. Ed è proprio qui che il discorso si è intrecciato con l’opera di Giuseppe Fata. Le sue sculture, ha spiegato Ambrosio, non sono semplici accessori di moda, ma vere e proprie opere teologiche, in cui l’artigianalità sartoriale incontra l’immaginazione simbolica e la tradizione religiosa mediterranea. Nelle loro linee, nei materiali, nei rimandi iconografici, si ritrova l’eco del sacro che attraversa secoli di arte e spiritualità.

Maria-Simulacrum non è soltanto un omaggio alla figura della Madre di Dio, ma un invito a scoprire come il sacro possa continuare a parlare attraverso linguaggi nuovi: la luce, il corpo, il tessuto, il simbolo. Il successo dell’evento conferma quanto sia fertile e attuale la ricerca che unisce cultura italiana, arte visionaria e riflessione spirituale.

La prof.ssa Mara Onasch, direttrice del Centro Studi sull’Italia dell’Università e della Facoltà di Teologia di Treviri, responsabile della mostra, ha ringraziato le istituzioni partner: Ascoli Piceno Trier Gesellschaft, l’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda, il Freundeskreis Trierer Universität, l’associazione Kalabria Italiae Mundi e.v., il direttore delle relazioni pubbliche della Biblioteca dell’Universitaà di Treviri, Dott. Alexander Niemietz per la collaborazione e il supporto.

Elisa Cutullè

Informazioni pratiche : la mostra è aperta da lunedì al venerdì dalle 8 alle 24; il sabato dalle 8 alle 19, la domenica dalle 11 alle 15 presso l’Universitätsbibliothek Uni Trier
(Universitätsring 15 – 54296 Trier). Rimarrà chiusa dal 24 dicembre all’1 gennaio 2026. L’esposizione sarà visitabile fino al 25 gennaio 2026.

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