TEMPS DE TRAJET, un libro di Jessica Lopes e Charl Vinz punta i riflettori su quella parte “invisibile” delle nostre giornate che si passano fra abitazione e posto di lavoro

Un libro bellissimo, con illustrazioni che sono vere opere d’arte. Per raccontare un fenomeno sociale spesso ignorato, ma che incide non poco sulla vita e il benessere di tanti frontalieri e pendolari che ogni giorno impiegano buona parte della giornata nel tragitto che va dalla casa al lavoro. Un libro che sta facendo aprire gli occhi e che suscita interrogativi e che, come ci racconta l’autrice Jessica Lopes in questa intervista, vuole dare dignità a questo tempo nascosto.
Come nasce questo libro e perché?
L’idea è nata da una constatazione molto semplice: ogni giorno, quando arriviamo al lavoro, raccontiamo il tragitto che abbiamo appena fatto. Il treno in ritardo, l’autobus pieno, in macchina nel traffico… Il percorso casa-lavoro è un tema quotidiano, condiviso, quasi inevitabile. Eppure, a livello politico, resta un grande punto cieco. Se ne parla spesso soltanto in termini di mezzi di trasporto o infrastrutture, come se fosse una questione puramente tecnica. Ma noi volevamo porre una domanda più ampia: che cosa significa per una società quando migliaia di persone perdono ogni giorno ore della loro vita solo per andare e tornare dal lavoro? che cosa succede al tempo libero, alla salute, alla possibilità di partecipare alla vita sociale e civica? È stata anche una questione personale: Charl lavora da casa, mentre io passo circa due ore al giorno nei trasporti. Due ore al giorno cambiano non solo la routine, ma il modo in cui si vive. Da lì abbiamo sentito la necessità di raccontare.
C’è una storia che ti ha colpito più di tutte e perché?
Tutti i tragitti sono stati importanti e ognuno ci ha aperto una finestra diversa sul rapporto con lo spazio e il tempo. Ma i percorsi delle lavoratrici delle pulizie ci hanno colpito in modo particolare. Spesso viaggiano molto tardi la sera o all’alba, quando la città è vuota. A quel punto, oltre alla fatica, entra in gioco la questione della sicurezza, della paura, della vigilanza costante. È un tragitto che non si fa solo con il corpo, ma anche con i nervi. È lì che capisci che il viaggio non è uguale per tutti.
Il lungo tempo che si passa per andare al lavoro è anche comune a tante grandi città, ma qui è diverso: una città piccola e tanti frontalieri. Cosa cambia qui nella dinamica sociale e personale rispetto alle grandi capitali del mondo?
Il Lussemburgo è un caso quasi unico. È un Paese piccolo, ma concentra circa mezzo milione di posti di lavoro, e la metà delle lavoratrici e dei lavoratori arriva ogni giorno da Francia, Belgio e Germania. Questo crea enormi congestioni, orari di punta paralizzati… Ma l’impatto non è solo locale. Le città e i paesi oltre il confine diventano “città-dormitorio”, dove si torna solo per dormire. Per molte persone ore intere della giornata si dissolvono nei trasporti. Questo influisce sulla possibilità di impegnarsi nella comunità, di avere hobby, tempo con la famiglia, una vita sociale serena. Non è solo una perdita individuale: è qualcosa che impoverisce la società nel suo insieme, a Lussemburgo ma anche nelle città alla frontiera.
Per alcune persone il tragitto è visto come una esperienza positiva, per altre no. Cosa fa la differenza?
La differenza sta nel grado di scelta. Ci sono tragitti scelti e tragitti subiti. Chi ha più margine nella propria vita (orari flessibili, un lavoro che non punisce un ritardo, la possibilità di abitare vicino) può vivere il viaggio come una pausa: leggere, ascoltare musica, respirare. Chi non ha queste possibilità, chi è spinto lontano dalle città a causa degli affitti, chi non può permettersi di perdere un minuto, vive il tragitto come una costrizione. E questo dipende, inevitabilmente, dalla posizione sociale e dalle condizioni materiali.
Hai riflettuto su uno o più modi che potrebbero rendere meno gravoso questo momento della giornata lavorativa?
Ridurre i tempi di spostamento non può essere solo una questione di mobilità. Certo, servono città più vicine, trasporti pubblici migliori e alloggi accessibili. Ma ci sono anche altre domande da porre: perché non ridurre l’orario di lavoro? perché non rendere gli orari più flessibili? perché non garantire compensazioni economiche a chi non può fare telelavoro? perché il personale delle pulizie deve lavorare sempre di notte, e non di giorno? L’obiettivo del libro non era fornire una lista di rivendicazioni, ma dare dignità a questo tempo nascosto e aprire una conversazione collettiva: come possiamo riprenderci ciò che ci viene sottratto?
Le illustrazioni rendono il libro ancora più accattivante. Ce ne racconti la genesi e la scelta dello stile e dei colori?
Charl (Vinz, ndr) lavora con il disegno d’osservazione. Per ogni tragitto abbiamo raccolto fotografie, e da quelle sono nate le immagini. Tutto è fatto a mano, senza digitale: penne e pennarelli. L’idea era di catturare l’atmosfera dei luoghi, il modo in cui una persona si muove nello spazio, i dettagli che raccontano una storia. La scelta dei colori è venuta in modo naturale, per sensibilità estetica.
Dopo questo libro prevedi dei progetti sempre inerenti a questa tematica?
Sì, il tema ha suscitato molto interesse. Abbiamo organizzato una tavola rotonda alla Chambre des salariés il 23 ottobre; e parteciperemo alle Giornate del Libro a Walferdange. L’esposizione del progetto è attualmente alla Chambre des salariés e sulla passerella della stazione, e presto viaggerà altrove. Comunicheremo le prossime date a breve e siamo contenti che questo tema, spesso invisibile, abbia trovato spazio e ascolto.
TEMPS DE TRAJET Routes, frontières et heures disparues aux marges du travail au Luxembourg : Jessica Lopez – Charl Vinz, Point Nemo Publishing (128 pagine)
In vendita nelle librerie Alinéa, Ernster, Zimmer e sul sito della casa editrice: https://point-nemo.lu/
Maria Grazia Galati. Cover: Studio Polenta
