Per celebrare il centenario dell’ Art Déco, Palazzo Reale a Milano presenta la mostra “Art Déco. Il trionfo della modernità” fino al 29 giugno.
L’ Art Déco prende il nome – abbreviato – dall’ “Exposition Internationale des arts décoratifs et industriels modernes” inaugurata a Parigi nel 1925. Il mondo è appena uscito dalla Prima Guerra Mondiale e ha voglia di bellezza e di guardare al futuro con occhi nuovi. Lasciata alle spalle l’Art Nouveau con le sue linee sinuose, i suoi richiami floreali e la grazia delle figure, l’Art Déco è proiettata verso forme geometriche e stilizzate: linee “pulite” senza troppi eccessi.

È un’eleganza moderna che si riflette in ogni espressione artistica: dalla pittura alla scultura, dalla moda all’ architettura, dai mobili alle ceramiche. Ed è ben rappresentata in questa mostra. Se l’Art Nouveau aveva il merito di aver accompagnato la società nel passaggio tra la fine dell’Ottocento e l’ inizio del Novecento, periodo di grande fermento culturale e di grandi scoperte in ogni campo, l’Art Déco si ripromette di accentuare questo passaggio nell’ “Era moderna”. Siamo nell’ epoca del dirigibile – ben riprodotto all’ ingresso della mostra – di Guglielmo Marconi e della scoperta della radio; del ” glamour” della nuova borghesia che si affaccia all’ orizzonte: i Falk, i Marelli, i Mondadori, i Pirelli e i Rizzoli a Milano e gli Agnelli a Torino; del cinema muto e delle sue dive e dei suoi divi. La mostra è ben articolata, lasciando spazio alle 250 opere suddivise per argomento. Subito, all’inizio, troviamo una scultura di Carlo Pizzi che riproduce “L’ Urlo”: come Munch. E ancora, i vetri di Vittorio Zecchino in colori pastello, i mobili dell’ ebanista Ettore Zacconi i ritratti di Erté, celebre illustratore francese, e i vasi in porcellana di Sèvres, famosi in tutto il mondo, finemente decorati. Molto particolari sono anche le ceramiche di Gio Ponti. L’Art Déco è celebre anche per la sua moda, soprattutto femminile. Esempio mirabile è il ritratto di “Wally Toscanini” – come Paolina Bonaparte, ma con un abito raffinato – realizzato da Alberto Martini nel 1925 e scelto come manifesto della mostra. La nuova moda libera le donne da abiti lunghi che prima impediva loro movimenti scattanti, dal momento che la donna comincia ad avere un ruolo importante nella società, anche a livello lavorativo.

L’Art Déco si interessa dell’Oriente e dell’esotismo: vengono raffigurati animali quali pantere, leopardi, o pesci tropicali, sia nelle sculture che nei dipinti. Molto particolare è l’opera di Pierre Paul Jouve e Pierre Gaudin “Pantera nera lotta con un pitone”, dove la Pantera è avvolta dal pitone. Un altro punto forte dell’ Art Déco è la ricerca del mito, che vede in Diana, regina della caccia, la donna moderna, scattante e seducente, come raffigurata nella statua di Marcel Bourin. Parlando di esotismi non si può non citare Joséphine Baker che da Broadway a Parigi incanta il pubblico danzando provocatoriamente ”vestita” di una sola cintura di banane. In questo modo, ironizza sulla visione che l’Europa ha del Continente africano e delle sue tradizioni. L’amore che i sostenitori dell’Art Déco hanno per l’Oriente, l’Africa e l’antichità lo si vede anche nei film dove trionfano l’Egitto, la Cina e il Giappone con i loro meravigliosi abiti e le scenografie “ad hoc” e nelle ceramiche che Gio Ponti realizza per Richard-Ginori, dove le scene mitologiche sono riviste con occhi moderni tra romanticismo e ironia. Sì arriva così agli Anni ’30 che decretano la fine dell’ Art Déco: il periodo euforico e ” glamour” ben descritto ne “Il Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald volge al termine, accompagnando l’ umanità verso un nuovo tragico destino.
Anna Violante
