Grande successo per la tavola rotonda organizzata dal Dipartimento Immigrati dell’OGBL venerdì 23 maggio alla Chambre des Salariés. Il bilancio che ne viene fuori è davvero allarmante, ma qualche buona soluzione c’è. Basta volerlo
Davanti a un pubblico numeroso i 7 protagonisti (nella foto) della tavola rotonda sulle discriminazioni hanno illustrato la situazione, davvero allarmante, nel Granducato. Moderatore David Angel del Bureaux exécutif dell’OGBL, il più grande sindacato lussemburghese, il quale ha dato la parola, alternativamente, a rappresentanti di spessore di questo ambito.

Dopo il benvenuto di Sonia Neves (segretaria centrale del Dipartimento Immigrati OGBL e membro del comitato della Chambre des Salariés) ha parlato José Correia, responsabile stampa e comunicazione nonché segretario centrale del Dipartimento Immigrati OGBL, sottolineando che da sempre il sindacato si è occupato di discriminazioni contro gli immigrati, ma che da due anni si impegna contro tutti i tipi di discriminazione.
Gilles Boultgen del CET (Centre pour l’égalité de traitement) ha espresso notevole preoccupazione, ha spiegato che la situazione è grave e che purtroppo è difficile fare delle statistiche precise, perché molte vittime di discriminazione hanno paura di denunciare. Gli hanno fatto eco Laetitia Charaux e Didier Schneider (LGBTIQ+ Cigale), che spiegano questa mancanza di denunce come conseguenza di un “sistema” dove si tende a minimizzare. I numeri che si è comunque riusciti a registrare sono preoccupanti, passati da 300 segnalazioni a 500 negli ultimi due anni e destinati senza dubbio ad aumentare. Joel Delvaux (Dipartimento Lavoratori affetti da handicap dell’OGBL) ha sottolineato che gli ambiti dove la discriminazione è più alta sono: lavoro (percentuale più alta: 44%), ricerca alloggio, scuola. Sul lavoro purtroppo ben il 67% delle vittime non denuncia per due motivi: paura di perdere il lavoro e difficoltà nel mostrare “le prove” di tale discriminazione. Sempre Delvaux ha raccontato come tanti dipendenti affetti da handicap non troppo evidente, lo nascondono, rinunciando a beneficiare del relativo statuto. Lo fanno per non rischiare ritorsioni discriminatorie. Di conseguenza lavorano oltre i limiti imposti dalla legge per salvaguardare la loro salute, già minata dall’handicap, e finiscono per peggiorarla. Nel Dipartimento, ha affermato Delvaux, cerchiamo di convincere i dipendenti a comunicare il loro stato (e i relativi vantaggi) e sensibilizziamo i nostri delegati affinché supportino e difendano al meglio i lavoratori affetti da handicap. Importante è stato l’intervento di Ralph Kass del ministero per l’eguaglianza di genere e la diversità, il quale ha dovuto ammettere con rammarico che questo tema non è facile da trattare poiché non è purtroppo fra le priorità nell’agenda del Governo, ma che il suo staff si sta impegnando al meglio per raggiungere risultati più efficaci. Le leggi ci sono, ma è necessario lavorare molto per migliorarle, convincendo le vittime ad avere fiducia nelle forze pubbliche che hanno il dovere di difenderle. Laetitia Scharaux raccoglie molti utenti che raccontano delle loro esperienze drammatiche (un esempio su tutti quello di una vittima presa a sassate e che ha avuto paura a sporgere denuncia). Gill Boultgen ha ribattuto che il problema è anche questo: poche persone denunciano perché la giurisprudenza non è ancora adeguata per difenderle al meglio. E così si creano pochi casi giuridici; e scarsi casi giuridici non stimolano maggior impegno nelle autorità a prendere provvedimenti più seri: un gatto che si morde la coda… Jessika Lopes (CEFIS – Centre d’Etude et de Formation Interculturelles et Sociales) ha confermato questa tesi e ha detto che è proprio il sistema che deve rimettersi in questione, con il fine assoluto di dare fiducia alla gente. È la politica che deve agire perché la dinamica del “vivre ensemble” è uno specchietto per le allodole e non basta a risolvere un problema di tale entità.
Quali le soluzioni? Laetitia Charaux propone formazioni obbligatorie per gli addetti ai lavori e anche Joel Delvaux è d’accordo, spiegando che i delegati del personale, dovendo scegliere tra varie formazioni e non avendo troppe ore a disposizione, finiscono con optare per quelle dove sono più sollecitati. Mentre Ralph Kass dice che bisogna intervenire anche e soprattutto sulla polizia affinché sviluppi più empatia, un linguaggio più adatto e maniere più delicate e rispettose. E ha speso parole di conforto per il pubblico, confermando che la direzione delle forze pubbliche ha preso coscienza di ciò e sta lavorando bene in questa direzione. Anche la Schneider l’ha ribadito. Interessante la “provocazione” di Delvaux, il quale ha sottolineato che la lotta alla discriminazione parte anche da piccoli interventi, come quelli di organizzare una tale conferenza con un interpreti della lingua dei segni e un collegamento video per chi non può muoversi da casa… In chiusura Boultgen ha invitato il sindacato a svolgere accompagnamento giuridico in questo ambito (cosa che il CET non può fare). Bella la chiusura della Lopez, che, suffragando le parole di chi l’ha preceduta, ha detto: “il sindacato deve concentrarsi molto su questa lotta, che fa parte dei valori più importanti da difendere”.
Maria Grazia Galati
