Nella sessione speciale di emergenza tenuta dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso 12 dicembre si è votata la Risoluzione che domandava “un immediato cessate il fuoco umanitario” in Palestina, l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi e l’accesso umanitario alla Striscia di Gaza, oggi totalmente sigillata dall’esercito israeliano. Hanno votato a favore 153 Stati membri dell’ONU su 196, 10 hanno votato contro mentre 23 si sono astenuti (tra cui l’Italia). L’analisi del professor Carlo degli Abbati
Tra gli otto paesi che hanno votato contro, schierandosi con Stati Uniti ed Israele, ma anche con Papua Nuova Guinea, Paraguay, Guatemala, Liberia, Micronesia, Nauru figurano due stati membri della UE, Austria e Repubblica Ceca. Fra i 23 astenuti figurano poi altri otto Stati membri della UE, Bulgaria, Germania, Italia, Ungheria, Romania, Paesi Bassi, Lituania e Slovacchia e, al di fuori della UE, anche Ucraina e Gran Bretagna.
Ora, la posizione di contrarietà o astensione assunta da ben dieci dei 27 Stati membri della Unione europea pone alla Unione europea un problema fondamentale che è al tempo stesso giuridico e politico : la violazione da parte degli stessi Stati membri dei principi fondanti la stessa Unione che sono rispettivamente espressi e nel Preambolo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e all’art. 2 del Trattato di Lisbona il cui testo riportiamo di seguito.
Preambolo alla CEDU
“I popoli d’Europa, nel creare tra loro un’unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.
Articolo 2 del Trattato di Lisbona
“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
Di fronte ad una posizione diplomatica che segna una corresponsabilità di alcuni stati membri in quelli che secondo l’ex-procuratore Luis Moreno-Ocampo sono chiaramente configurabili – oltre a quelli commessi da Hamas il 7 ottobre 2023 – come crimini di guerra commessi dallo Stato di Israele con forme di massacro indiscriminato di civili e di punizione collettiva dell’intero popolo palestinese e come tale evidentemente perseguibili di fronte alla Corte Penale Internazionale dell’Aja, ci domandiamo, da cittadini europei, come la Commissione europea intenda procedere di fronte alla manifesta infrazione, da parte di dieci suoi Stati membri, dei principi fondamentali su cui si poggia l’intera costruzione europea. Se come nel caso già avvenuto per altri motivi per la Polonia, anche i 10 Stati membri citati, fra cui figura purtroppo anche l’Italia, siano suscettibili di una procedura di infrazione. O se la Commissione ritenga l’atteggiamento di questi Stati membri compatibile giuridicamente con i principi esposti nel preambolo e nell’articolo citato, entrambi già sottoscritti e ratificati da tutti i ventisette Stati membri. Qualunque siano le conclusioni maturate dalla Commissione, ricordiamo che esse non potranno non influenzare le scelte dei cittadini europei chiamati a votare alle prossime elezioni europee previste nel giugno 2024.
Carlo degli Abbati
*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione europea al Dipartimento di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti europea a Lussemburgo.