La legislatura è appena iniziata, scopriamo i sessanta volti dei politici che sono stati effettivamente scelti, per delegazione, a rappresentare tutti i cittadini lussemburghesi votanti. A loro auguriamo buon lavoro
Il corretto funzionamento politico del sistema-paese Lussemburgo dipende istituzionalmente da due fattori.
Il primo fattore è certamente l’esistenza di un sistema di preferenze che consente o di premiare mettendo una croce sul simbolo i rappresentanti di un solo partito oppure di distribuire le proprie preferenze su più liste sino al numero di seggi previsti per la circoscrizione. E’ quella libertà che viene spesso denominata la panachée dei suffragi. Questo consente di offrire la propria fiducia anche a rappresentanti di altri partiti se considerati meritevoli di apprezzamento e di attenzione. In questo modo il Granducato rinforza la nozione istituzionale dei partiti evitando l’affermarsi della sfiducia verticale dei cittadini nei propri parlamentari che è una malattia politica molto diffusa in Europa.
Il secondo fattore di stabilità politica del Granducato è l’esistenza del vincolo di mandato. Se voto, per esempio, Déi Lenk, i signori David Wagner e Marc Baum, i due eletti, non sono autorizzati a passare al Déi Greng il giorno dopo le votazioni o a fondare un nuovo partito diverso da quello per cui avevano ricevuto la mia preferenza.
Né l’una né l’altra condizione sono presenti in Italia e questo vacuum è in sé sufficiente a spiegare la totale disaffezione di una parte larghissima dell’elettorato italiano, con estensioni ormai raggiungenti alle politiche il 40% degli aventi diritto al voto. In Italia delle liste bloccate frutto delle elaborazioni di lontane segreterie romane impediscono ogni esercizio delle preferenze disgiunte, distaccando completamente i rappresentanti dalle esigenze dei territori a livello di elezioni politiche. Non solo, ma non essendoci vincolo di mandato, si verificano dei continui cambi di casacca di parlamentari (vogliamo parlare anche se il personaggio non merita alcuna pubblicità il caso di Matteo Renzi?) che ha riguardato in vent’anni circa il 40% dei senatori e dei deputati italiani. Riducendosi con queste premesse sempre di più le elezioni politiche per i cittadini disaffezionati ad una lotteria di capodanno dove si estrae come numero vincente quello che sembra il più dotato o il meno antipatico dei politici, siamo arrivati alfine all’affermazione del primo governo post-fascista del dopoguerra.
Con il problema di aggiungere un altro fattore disgregante per il paese che si sta esprimendo nella proposta di premierato che semplicemente significa l’anestesia del il ruolo del Parlamento, l’abolizione dei normali contropoteri democratici in nome della grottesca idea dell’uomo ( in questo caso della donna) solo al comando.
Problema ulteriore per un Paese in cui il passaggio storico del fascismo, dopo aver comportato per decenni assenza di memoria e rimozione storica, sfocia adesso nel tentativo evidente di revisionismo del significato storico del fascismo. Con dei media di regime che offrono ai fruitori una rappresentazione solo propagandistica della realtà interna ed internazionale del paese che ricorda molto da vicino il lavorio costante del Ministero della Cultura Popolare durante il ventennio. E gli italiani, sofferenti, distratti, stressati, interdetti bevono giornalmente la loro pozione di manipolazione ufficiale della storia. A cominciare dalla rivalutazione tutta fabbricata degli eccidi delle Foibe al confine orientale. Un modo per suggerire agli italiani a poche settimane dal Giorno della Memoria (27 gennaio 2024, ndr)che in fondo di notte tutti i gatti sono neri.
Carlo degli Abbati