Il presidente della Nigeria, Bola Ahmed Tinubu, già governatore della capitale, Lagos, eletto con il 37% dei voti nelle elezioni del 25-26 febbraio 2023 ha prestato giuramento il 29 maggio 2023. Prende la testa di un Paese di 213 milioni di abitanti, destinato ad essere nel 2030 non solo il primo paese africano ma anche il settimo paese più popoloso del mondo con 263 milioni di ab, preceduto nelle statistiche solo da India, Cina, Indonesia, Pakistan e Brasile, USA (ultimo isolotto demografico occidentale) . Ma dovrà dirigere anche un paese dalla complicata situazione interna
Repubblica federale, già colonia britannica, in una Africa occidentale largamente colonizzata dalla Francia, la Nigeria si è resa indipendente il 1° ottobre 1960. Quasi subito teatro di una sanguinosa guerra civile, dal 1967 al 1970, per la secessione della regione orientale del Biafra, condotta dal col. Ojuwku, in occasione della quale l’Italia si era distinta per il forte supporto umanitario alle popolazioni in conflitto con una coordinazione guidata dall’allora sottosegretario agli Esteri on. Mario Pedini.
In seguito la Nigeria ha visto dei militari mantenere quasi ininterrottamente il potere con una serie di colpi di stato. Dopo che nel 1993 il gen. Sani Abacha aveva concentrato ogni potere nel Consiglio Provvisorio di Governo (PRC), il potere è dal 1999 passato al gen. Olesegun Obasanjo, leader del Partito democratico del popolo (PDP), che lo ha mantenuto sino al 2007, mentre il PDP rimaneva alla guida del paese sino al 2015. Attualmente la maggioranza dei voti vanno all’APC (Congresso di tutti i progressisti) che ha espresso il nuovo presidente, mentre il maggiore partito di opposizione è il PDP (Partito Democrtico del Popolo ) di cui è leader Atiku Abubakar. Paese multiconfessionale, con musulmani e cristiani a dividersi quasi esattamente la metà della popolazione, ha sempre conosciuto delle tensioni nel nord. Particolarmente cruenti sono dal 2009 gli attacchi nel nord est del gruppo islamista jihadista Boko Haram (in lingua Hausa “Istruzione proibita”) che hanno provocato migliaia di morti, 27.000 persone da quella data. Nato come fenomeno locale nel 2002 nella località di Kunamma, alla frontiero niger-nigeriana, il movimento si è esteso sotto il magistero del predicatore Muhammed Yusuf, guadagnando in adesioni e popolarità. Dopo aver fatto oggetto di una dura repressione governativa, dal 2009 uno dei comandanti, Abubakar Shekau, opta per il ricorso agli attentati suicidi, a degli attacchi sanguinosi ai simboli dello Stato. A differenza dell’approccio di al-Qaida, che ha in origine armato una guerra totale contro gli occidentali profanatori dei luoghi santi di Arabia Saudita dopo lo svolgimento delle operazioni militari della Prima Guerra del Golfo, Boko Haram attribuisce il cattivo governo, la corruzione delle élite, l’ingiustizia diffusa in Nigeria all’insegnamento occidentale e ai suoi valori. Da qui gli attacchi frequenti ai centri di istruzione, scuole, università, il frequente sequestro degli studenti, soprattutto donne.
Ma la Nigeria conosce ben quattro focolari di violenza che il governo federale si dimostra incapace di gestire. Nel Nord-est oltre alla branca di Boko Haram rimasta fedele ad Abubakar Shekau, dal 2015 una parte dei combattenti di Boko Haram ha dichiarato fedeltà allo Stato islamico e proclamato l’est del paese Wilaya con il nuovo nome di “Provincia dello Stato islamico in Africa Occidentale” (ISWAP), internazionalizzando la sua azione, in Camerun, Niger, Ciad. Al momento esistono, quindi, in Nigeria due ali rivali di Boko Haram fra loro in diretta concorrenza, con il leader storico di Boko Haram, Abubakar Shekau, che nel maggio del 2021 del resto si è suicidato dopo un conflitto a fuoco proprio con gli uomini dell’ISWAP rifugiati nella regione del lago Ciad con alla testa Yusuf jr., Habib Yusuf alias Abu Musab al Barnawi, figlio di Muhammed Yusuf. L’ala di Shekau ha invece il suo santuario nella foresta di Sambissa. Sulla base della ideologia salafita di Boko Haram di impedire l’insegnamento dei valori occidentali (“Boko Haram”) scuole, licei, università sono oggetto continuo di devastazione e rapimenti. Secondo l’UNICEF solo nel 2021 sono stati rapiti 1.400 studenti. Un’altra zona di conflitto è il centro, la “Middle Belt”, popolata da musulmani e cristiani, in cui sono frequenti le violenze fra allevatori e agricoltori. Ancora, nel sud-est, in una ripresa della storica guerra del Biafra un movimento separatista Igbo si è manifestato, formando oggetto di una repressione brutale da parte del potere centrale. Infine, nella regione petrolifera del delta del fiume Niger, alcuni leader della comunità Ijaw maggioritaria nella regione hanno armato la Niger Delta Avengers che rivendicando una migliore ripartizione dei dividendi petroliferi ottenuti soprattutto dalla multinazionale Royal Dutch-Shell – spesso contestata dagli ecologisti come di recente a Londra in occasione della AG dei suoi azionisti – avevano già nel 2016 con una serie di attacchi alle infrastrutture provocato il dimezzamento della produzione petrolifera del paese, scesa ad appena 1 milione di barili/giorno. Questi quattro focolai stanno minacciando seriamente la stabilità del paese.
In definitiva, la Nigeria sta attraversando quattordici anni di crisi come risultato di diversi fattori combinati: l’insurrezione nel Nord-est, l’aumento delle violenze legate al banditismo nel Nord-ovest, l’incessante conflitto intercomunitario nella regione del centro, l’afflusso crescente di rifugiati camerunesi al Sud, cui si sono aggiunte di recente le conseguenze della epidemia di COVID 19.
In particolare, i continui conflitti delle forze governative con i gruppi armati ribelli negli Stati di Borno, Adamawa e Yobe hanno provocato in queste regioni degli importanti bisogni umanitari che possiamo riassumere in: 1,2 milioni di persone indigenti, private di ogni aiuto; 2,45 milioni di sfollati interni;-8,7 milioni di persone bisognose di aiuto, sempre nel Nord-est; 4,4 milioni in insufficienza alimentare; infine, il problema crescente ulteriore rappresentato dall’afflusso di rifugiati camerunesi, in fuga dalla guerriglia che nel paese è provocata dalle milizie dell’auto-proclamata “Repubblica d’Ambazonie”. Un disastro per lo splendido paese che raccoglie in sé in miniatura tutte le varietà e i paesaggi dell’intera Africa.
Venendo poi all’ordinamento interno, in base alla Costituzione del 1999, il Presidente della Repubblica, che è anche il capo del governo, è eletto a suffragio diretto e a ballottaggio unico, con mandato di quattro anni. Il Paese è membro della CEDEAO, la Comunità Economica dei Paesi di Africa Occidentale, Commonwealth, OCI, ONU, OPEP, UA e OMC.
Geograficamente, la Nigeria in Africa centrale confina con altri due stati subsahariani, il Niger e il Ciad, m anche a Est con il Camerun, a Ovest con il Benin; mentre a Sud si affaccia sul grande Golfo di Guinea. Orograficamente, è orlato da una costa bassa e lagunosa, in particolare in corrispondenza del delta del Niger. La maggiore altitudine è raggiunta nell’ altopiano di Manbilla digradante verso il bacino del Niger e del suo affluente Benue, fiumi principali dei tanti che la attraversano, e verso il Ciad. Verso nord presenta un profilo pianeggiante.
Sotto il profilo antropologico, nel nord la popolazione, in gran parte costituita da Hausa e Fulani, gruppi che riuniti totalizzano quasi il 35 % della popolazione totale, è prevalentemente musulmana, mentre a sud è costituita perlopiù da Yoruba e Ibo, a maggioranza cristiana (30 % ca.). Il resto della popolazione e formata da etnie minori (Ibibio, Tiv, Kanuri, Ijaw). Sotto il profilo confessionale la Nigeria è divisa in musulmani, 48,8 % ; cristiani protestanti, 37,8%, cristiani cattolici, 11 %, altre religioni 2,4 %.
Con una capitale, Abuja, con più di 3,5 milioni ab., la Nigeria con una popolazione di 213.401.323 su una superficie di 923.769 km2, segna l’elevata densità di 231 ab./km2, vivente in contesto urbano per il 51% del totale.
Sotto il profilo demografico il tasso di crescita annua (2020-2025) della popolazione è del 2,48 %. Ad una molto elevata fecondità, 5,3 figli per donna (2019), corrisponde una mortalità materna di 917 casi su 100.000 nascite (2020), peraltro in miglioramento costante dal 1990, anno in cui i casi furono 1230, mentre la mortalità infantile resta molto elevata: 119,9 casi per mille nascite (2020), contro a titolo di esempio il 4,9 % della Francia, una mortalità infantile superiore cioè di venticique volte.
La speranza di vita alla nascita è di 52,67 anni (2021), in progresso costante dai 46 anni del 1990, U 52,28 D 53,07.
Quanto alla scolarità, difficile nelle condizioni citate di certe regioni, essa è di 10,1 anni attesi e di 7,2 anni di scolarità effettiva. D 6,2 U 8,3 anni. Sulla differenza di genere pesa certamente la presenza di Boko Haram. Probabilmente è, in parte, all’origine dell’alto tasso di analfabetismo: quasi il 38% (2021).
Una grande varietà di gruppi etnici vi sono rappresentati: Hausa 27,4 % Ibo 14,1% Yoruba 13,9 % Fulani 6,3% Ibibio 2,2% Tiv 2,2 % Kanuri 1,7% altri 32,2 %.
Riferendoci poi alla situazione socio-economica, l’Indice di sviluppo umano della Nigeria (0,535) secondo i dati del PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), anche se in progressione costante dal 2003 (0,450), fa figurare il paese nella posizione di 161° sui 191 censiti nel 2021, cioè nel gruppo dei paesi a basso sviluppo umano (LHDI), pur se con un valore superiore alla media dei paesi Low HDI (0,513). Il PIL pro-capite ( PPP 2017) è di 4.790 USD che scende in effettivo a ca. 2.200 USD. Quanto alla distribuzione della ricchezza prodotta, secondo la Banca Mondiale il Coefficiente di Corrado Gini della Nigeria 0,351, rappresenterebbe una discreta ripartizione interna della ricchezza prodotta (per il 2020 il coefficiente di Gini in Italia è stato ben più alto, di 0,443 per i redditi primari), ma le statistiche della Banca Mondiale si riferiscono solo al 2018. Inoltre, negli ultimi anni, l’alta inflazione prossima al 20% annuo ha ulteriormente allargato il numero di nigeriani viventi in condizioni di estrema povertà, quella segnata dalla disponibilità di meno di 1,90 USD/giorno. Sono oggi 83 milioni, cioè il 39% della popolazione.
In altri termini, la Nigeria ha il poco invidiabile primato di possedere il più numeroso gruppo di indigenti al mondo. Del resto, oltre alle condizioni della insicurezza che riguardano numerose regioni, vari fattori non costituiscono un incoraggiamento per gli investimenti stranieri: forte protezionismo statale, debolezza delle infrastrutture, forte deprezzamento monetario, riduzione della libertà di espressione, con l’uso di Twitter sospeso a durata indeterminata, ma anche attacchi diretti alla libertà di espressione nei confronti dello stesso precedente presidente, Muhammadu Buhari. Una situazione che in un certo senso ricorda gli attacchi attuali di una parte della politica pakistana contro la Corte Suprema, accusata di sostenere il deposto presidente Imran Khan. Da ultimo, la Nigeria costituisce con il Senegal il paese africano più tradizionalmente presente nei flussi di emigrazione africana verso l’Italia. Negli ultimi anni, senza tenere conto dell’arrivo, dal 2022, dei profughi ucraini che fuggono il paese invaso, le famiglie più consistenti di immigrati verso l’Italia hanno riguardato per motivi diversi sei paesi di origine: Nigeria, Senegal, Gambia, Eritrea, Afghanistan/Pakistan, Bangladesh. Per quest’ultimo, al principale motivo climatico dovuto alla continua perdita di terreno agricolo nel Golfo del Bengala, per un fenomeno di salinizzazione sofferto anche in Italia nel Delta del Po, qui per l’abbassamento continuo della portata del fiume, in Bangladesh per il fenomeno opposto dell’innalzamento del mare allo sbocco nel Delta dei cinque fiumi (Gange, Brahmaputra, Jamuna, Tista e Surma-Meghna), si è aggiunto l’arrivo in massa nel paese dei Rohinga dallo stato di Rakhine (Arakan), cioè in fuga dalla Birmania, come abbiamo già descritto in altra sede.
Tornando alla Nigeria una popolazione giovane, in rapida crescita, con scarse prospettive economiche, in condizioni di insicurezza in molte aree, tutte condizioni che spingono a cercare altrove fortuna. E tentare il viaggio prima assediando i consolati e poi magari, i meno fortunati, cercando fortuna sui barconi. Che qualche volta come sappiamo però non ce la fanno.
Carlo degli Abbati
La Nigeria con una popolazione di 213.401.323 milioni di ab. su una superficie di 923.769 km2 ha una alta -densità abitativa di 231 ab./km2, riuniti al 51% in ambito urbano. Il paese con un indice di 0,535 figura nelle statistiche del PNUD fra i paesi a basso sviluppo umano (Low HDI), anche se ha conosciuto dal 2003 un progresso costante dell’indice di sviluppo umano -HDI -che era alle origini di 0,450. IL PIL è di 480,5 Miliardi di USD e il PIL pro-capite annuo per il 2021 di 4.790 USD (in PPA 2017), che scende in effettivo a 2.200 USD a persona. Nonostante l’attuazione di politiche di diversificazione, il paese si basa ancora principalmente sulle esportazioni minerarie, petrolio, gas, carbone, stagno, piombo e zinco. Settori dinamici dell’ economia sono rappresentati da informatica, edilizia, comunicazioni. La crescita del paese non riesce comunque a tenere il passo con il costante aumento della popolazione. La produzione agricola copre solo i due terzi del fabbisogno nazionale. Le esportazioni agricole riguardano cacao, arachidi, anacardi, la palma da olio, il sesamo e il cotone. Le foreste sono ricche di legni pregiati, come il mogano, l’obeche e l’abura. Forte presenza di coltura del caucciù mentre l’allevamento è praticato nel nord soprattutto dai Fulani. L’ attività principale del paese è il settore terziario con il 52,7 % di occupati, ma il settore agricolo con il 35,1 % degli attivi, assorbe un altissimo numero di occupati. L’ aspettativa di vita alla nascita è in media di 52,67 anni, 52,28 anni per gli uomini e 53,07 per le donne. La fecondità elevatissima è di 5,3 figli per donna (2019), ma molto alta è anche a mortalità infantile del 119,9 per mille e la mortalità materna con 917 decessi su 100.000 nascite. Gli anni previsti di scolarità sono in media di 10,1 anni, ma la scolarità media effettiva scende a 7,2 anni, con una importante differenza di genere, 6,2 anni per le D, 8,3 per gli U. L’inflazione sfiora il 20% annuo (2021) mentre l’alta disoccupazione riguarda soprattutto i giovani, 14%, e le donne, 49,4 % (2020). Per l’indice di corruzione percepita – Corruption Perceptions Index (CPI) – la Nigeria con il valore di 24 occupa il 154° posto su 180 paesi censiti da Transparency International.
Quanto ai dati finanziari più credibili, gli ultimi dati certi riguardano il bilancio 2019, in recessione dal 2015: entrate 10.262.300 Milioni Naira contro 9.714.843 Mil. Naira di spese, (1 USD = 416,38 Naira), 23,33 Miliardi USD, con un surplus all’epoca del 5,6 %, ma anche un debito estero di 54, 832 miliardi USD (2019). Gli aiuti dall’estero hanno raggiunto nel 2019 lo 0,7 % del PIL. La spesa statale per l’istruzione è pari al 2,7% del PIL, la spesa per la sanità al 1,3 % del PIL, il numero di medici era di 3,2 ogni mille abitanti nel 2021.
Per gli indici di genere, il Gender Development Index della NIGERIA calcolato su 167 paesi vede il paese con un valore di 0,863 collocarsi nel gruppo 5. Il valore superiore dei paesi subsahariani è 0,894 e quello inferiore della media dei paesi a Low HD è di 0,861 (2019).
Il rapporto età attesa D/U è 53,07 contro 52,28, gli anni di scolarità attesa danno il rapporto D/U 9,6 contro 10,8 e quella effettiva 6,14 contro 8,24, mentre il rapporto del Reddito D/U dà 3758,8 USD per le D contro 5.800 USD (in PPP 2017) per gli U (2021).
Quanto all’impronta ecologica del paese le emissioni di CO2 sono state nel 2021 di 3,6 t. /ab. e sono negli ultimi anni in progressione costante.
Bibliografia consigliata
-John Campbell-Matthew T. Page, Nigeria. What everyone needs to know, Oxford Un. Press, 2019
–Seidik Abba- Mahamadou Lawaly Dan Dano, Voyage au coeur du Boko Haram, L’Harmattan, 2019
–Max Siolloum, What Britain Did to Nigeria. A Short History of Conquest and Rule, Hurst, 2021
–Mauro Cortella, Lettere dall’Africa, Nigeria 2203-2007 (vol.1), EBS Print, 2020
*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.
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