La recente repressione contro le gang giovanili e quelle dei narcotrafficanti, operata dal presidente del Salvador Nayeb Bukele, con l’impiego di più di 10.000 uomini, ci spinge a spiegare la situazione drammatica dell’istmo su cui molto poco si soffermano i media internazionali

Quelli dell’Istmo di Panamá sono sette paesi indipendenti (nel 1981 è diventato indipendente il Belize, già Honduras britannico, anche se ne resta monarca costituzionale Carlo III di Windsor), disposti lungo la sottile striscia di terra che unisce il nord al sud del continente americano.

In realtà l’istmo si formò geologicamente molto tardi nella storia della Terra, alla fine dell’era terziaria, ca. quattro milioni di anni fa, più meno all’epoca della comparsa degli ominidi australopitechi come la famosa Lucy. Molti milioni di anni prima, in pieno secondario, il sub-continente sud-americano si era separato dal Godwana, che riuniva anche l’Africa e l’Australia, per poi derivare lontano dalla massa continentale di cui faceva originariamente parte, la Laurasia. Da allora l’Istmo aveva costituito una ideale passerella che permetteva alla fauna dei due sub-continenti, in origine tanto diversa, di mescolarsi, anche se i deserti del Messico ne frenavano in parte gli spostamenti. Con una superficie quasi doppia dell’Italia (522.000 km2) e una popolazione di ca. 51 milioni di ab., l’istmo attuale è suddiviso fra sette stati indipendenti, dai territori vulcanici e dalle popolazioni che hanno mescolato, in modo molto diverso da paese a paese, le ascendenze rappresentate dagli antichi popoli Maya e i discendenti dei bianchi spagnoli conquistadores cui sia aggiungono, in misura minore, gli schiavi africani scampati al lavoro delle piantagioni. Una piccola regione del mondo, che colpisce peraltro subito per la varietà geografica e umana, oltre che per la diversità delle sue vicende recenti. Il Belize non è che il ricordo della dominazione che la Gran Bretagna aveva esercitato sulla regione fra il 1820 e il 1889, sostituendosi agli Spagnoli che in quell’anno, nella guerra con gli Stati Uniti, perderanno anche Cuba. Il Panamá è frutto della ablazione forzata che gli stessi Stati Uniti avevano imposto alla Grande Colombia, indipendente dal 1819, in vista della costruzione del grande canale di comunicazione dei due Oceani, progettato dai francesi, con Fernando de Lesseps, già costruttore del canale di Suez.

Nicaragua, Guatemala, Costarica, Honduras, El Salvador sono invece il risultato del frazionamento dello stato unitario costituito dalle Province Unite di America Centrale (poi ribattezzate Repubblica Federale di America Centrale) che avevano ottenuto la piena indipendenza dalla Spagna nel 1823, corrispondendo al destino unitario che il grande Libertador venezuelano, Simón José Antonio de la Santísima Trinidad Bolívar Palacio, più comunemente chiamato Simón Bolívar, aveva immaginato per i popoli di America Latina, emancipata dal dominio spagnolo. Purtroppo il primo congresso panamericano, da lui organizzato proprio a Panamá nel 1826, non aveva dato concretamente corso alla realizzazione della sua grande utopia unitaria. Come il Sud-America anche il Centro-America si doveva frazionare, a partire dal 1838, in tanti stati indipendenti. Comunque, il breve periodo unitario resta presente in certi vessilli nazionali, come la bandiera a cinque stelle dell’Honduras e ha animato nel 1960 la formazione del Mercato Comune Centro-Americano (MCCA), nato per favorire la creazione di un mercato unico che superasse la ristrettezza dei mercati nazionali. Con un processo analogo a quello che in Europa ha rappresentato la creazione della Comunità economica europea (CEE) dal 1958. Il MCCA esiste ancora oggi, sopravvissuto alle fasi drammatiche che la regione dei vulcani ha conosciuto sino alla metà degli Anni ’90, coinvolta per più di trent’anni nelle tensioni che hanno opposto est e ovest del mondo nella Guerra Fredda – ne siamo oggi con la opposizione NATO/Russia intorno all’Ucraina alle soglie della seconda edizione – riducendo anche il Centro-America ad un tragico teatro di conflitti. Di cui resta conseguenza il perdurare – assurdo – delle sanzioni statunitensi contro l’isola di Cuba, forse responsabile di non accettare il passaggio all’ultra liberismo di mercato, come quasi il resto del mondo, ma certamente colpevole di avere ridicolizzato nel 1961 la potenza gli Stati Uniti, rintuzzando il tentativo di invasione.

Comunque, anche attualmente l’istmo alberga dei paesi dalle condizioni socio-economiche molto diverse. I paesi alle due estremità dell’istmo, Belize e Panamá, presentano delle situazioni particolari. Il Belize, già Honduras britannico, con una piccola popolazione di ca. 400.000 abitanti ed un piccolo territorio di 22.000 km2, vive essenzialmente di turismo che sfrutta le bellezze delle sue foreste e delle spiagge della costa atlantica. Ha quindi sofferto enormemente negli ultimi anni della caduta del turismo mondiale dovuto alla epidemia di Covid-19, anche se ha saputo condurre una efficace vaccinazione di massa. Il Panamá, paradiso fiscale, numero uno del mondo per tonnellaggio di flotte battenti bandiere-ombra, ha visto anche attraverso gli 80 Km. del suo Canale un numero consistente di passaggi dal 2021 che testimoniano della ripresa dei traffici mondiali.

L’attività del Canale, che rappresenta da sola il 4% del commercio marittimo mondiale, ha quindi potuto compensare la riduzione delle attività economiche dovuta all’epidemia. Del resto, anche in Panamá un’efficace campagna di vaccinazione ha potuto raggiungere il 60% della popolazione. Negli altri paesi dell’Istmo la pandemia ha colpito fortemente le attività economiche deprimendo ulteriormente una situazione già critica. Dei cinque paesi membri del Mercato Comune Centro-americano, solo il Costarica è paese ad Alto Sviluppo Umano secondo le statistiche del PNUD, ma anche in Costarica l’epidemia ha portato ad una recrudescenza della disoccupazione arrivata sino al 17%, con una forte componente femminile. Pur se si tratta del paese di avanguardia del MCCA che distanzia di molto gli altri membri (Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua) anche nei dati della povertà, con un solo 6,3% di indigenti e un quarto circa di poveri, il Costa Rica ha segnato negli ultimi anni un regresso delle sue condizioni economiche a causa della pandemia, che ha anche comportato un ulteriore aumento degli immigrati dal Nicaragua, fenomeno che porta a ca. 150.000 il numero dei richiedenti asilo presenti, su di una popolazione residente di 5,150 milioni di ab. Il Costarica è stato comunque in grado di effettuare contro la pandemia di Covid-19 una vaccinazione di massa efficace, essendo fra l’altro l’unico paese al mondo ad avere introdotto dal novembre 2021 la vaccinazione obbligatoria dei bambini dai 5 agli 11 anni, dopo aver immunizzato il 60% ca. della popolazione. Quanto agli altri quattro componenti del MCCA, si tratta di paesi in cui la situazione delle terre agricole, pur produttive, rimaste in mano ad un ridotto numero di terratenientes sin dall’epoca coloniale di Pedro de Alvarado e la cui proprietà non è mai stata disciplinata da ordinati catasti rurali, sono il centro di una distribuzione della ricchezza che è una delle più diseguali del mondo. Situazione che del resto si ripete anche uniformemente in Belize, Costarica, Panama. Il coefficiente di Gini è dello 0,39 in Salvador, ma raggiunge lo 0,483 in Guatemala, lo 0,482 in Honduras, lo 0,462 in Nicaragua. L’alto livello del coefficiente di Gini per quest’ultimo paese dimostra il fallimento della rivoluzione sandinista di cui resta al potere un epigono del FSLN (Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale), Daniel Ortega Saavedra, divenuto un leader autoritario imbarazzante, dopo aver contribuito con il fratello Humberto alla liberazione del paese dalla dittatura della famiglia Somoza Debayle negli anni ’70. Anche se si deve tenere nel giusto conto la drammatica situazione agraria nel periodo post-rivoluzionario di un paese in cui, spesso, quattro diversi soggetti erano a gara per vantare diritti sugli stessi appezzamenti: il proprietario originario fuggito negli Stati Uniti alla caduta del dittatore Anastasio Somoza e poi rientrato, i campesinos sin terra che vedendo abbandonato il predio lo avevano occupato da anni, i membri congedati dell’esercito regolare dismesso dopo la raggiunta pacificazione, i nicaraguensi perdonati dopo aver per anni combattuto nella contras, la guerriglia sostenuta dagli Stati Uniti per anni contro il governo sandinista a partire dall’Honduras. Due categorie cui si erano moltiplicate le promesse di terre al momento della loro smobilitazione. Nell’ultima decade, i paesi del Northern Triangle centro-americano, appellativo che ricorda il Golden Triangle asiatico ai confini di Thailandia e Birmania, (El Salvador, Guatemala,Honduras), con il Messico, hanno avuto il triste primato della violenza mondiale, nell’imperversare delle gange del narcotraffico. A cui ha fatto contrasto la organizzazione di gruppi di auto-difesa e le operazioni militari degli eserciti e delle polizie con degli arresti di massa contro le gangs, sino all’autentico crackdown (repressione ndr) molto mediatizzato in Salvador del presidente Nayib Bukele.

Vittime di questa situazione, un milione e mezzo di centro-americani hanno tentato negli ultimi anni l’espatrio verso gli Stati Uniti. Per lo più fuggendo dalla instabilità politica, dalla corruzione, dalla povertà o dalla violenza delle gangs, di narcotrafficanti o anche giovanili, le maras. Migranti che premono sui confini americani provocando delle reazioni della politica nord-americana da Trump a Joe Biden, incentrandosi il dibattito interno sulla barriera fisica di separazione costruita fra Stati Uniti e Messico, il c.d. “muro di Tijuana”, barriera di sicurezza, ma definita anche qualche volta “muro della vergogna”.

Queste migrazioni avvengono del resto dopo da circa vent’anni da quando, a seguito degli attentati alle Torri di New York, la sorveglianza statunitense sulle transazioni internazionali in USD è diventata tale da consigliare la scelta alternativa ai narcotrafficanti colombiani di altre vie di traffico della droga diverse dal Centro-America e l’utilizzo dell’EURO o di altre monete rispetto al USD. Se per il Costa Rica, paese tradizionalmente privo di esercito, le condizioni della sicurezza sono chiaramente migliori, negli altri paesi membri del MCCA prevale la precarietà nelle condizioni della sicurezza interna. Un problema che certo degli autori esterni come gli Stati Uniti non possono migliorare. Ma che richiede l’introduzione di misure come quello dell’accatastamento delle terre per favorire la formazione di una piccola proprietà contadina che sinora nessun leader politico centro-americano ha mai avuto il coraggio di tentare. Con un predio attribuito e normali condizioni di sicurezza, molto meno sarebbero, nonostante gli uragani, le eruzioni vulcaniche e da ultimo il Covid, i cittadini centro-americani a premere sulle barriere metalliche del “muro di Tijuana”. Ma anche se riuscissero a passare al di là del confine, difficilmente troverebbero le stesse condizioni delle migrazioni compiute dalle generazioni precedenti di centro-americani verso gli Stati Uniti. Perché da tempo anche le condizioni interne esistenti al di là del confine Messico/USA sono profondamente mutate. Non solo a causa di presidenze roboanti o degli attacchi di massa al Campidoglio di Washington. Ma anche perché ormai il livello manufatturiero negli Stati Uniti non è molto lontano dal livello italiano, dopo decenni di deindustrializzazione del paese.

Carlo degli Abbati

Encandré descrittivo

Dei sette paesi due sono in una situazione di Alto Sviluppo Umano fra i 191 paesi censiti dal PNUD: il Costarica occupa la 58° posizione, il Panamá la 61°. Per il PANAMA’ paese di 4,351 milioni ab. su 74.177 km2, abbiamo già spiegato la condizione di essere il paese del Grande Canale, che fa comunicare i due Oceani che circondano il continente dai due lati. Ma la Zona del canale (Panama Canal Zone) ha formato dal 1903 sino al 1979 un territorio statunitense non incorporato e solo dal 1999 è rientrata sotto la giurisdizione del Panamá dopo un ventennio di amministrazione congiunta. Del resto, nel dicembre 1989 il paese era stato oggetto di un’invasione statunitense con una operazione denominata “Juste Cause”.  La giusta causa dichiarata dal presidente Georges H.W. Bush interessato ad evitare la” messa in terra”, come si dice oggi, del Trattato bilaterale Carter-Torrijos del 1979 che riconosceva la sovranità panamense sulla Zona del Canale. Sembra trattarsi fra parentesi di un affare di famiglia, perché anni dopo, nel 2003, è stato il figlio Georges W. Bush a riprovare la simulazione con le famose fialette contenenti le “ armi di distruzione di massa” agitate all’ONU per giustificare l’invasione dell’Iraq. Ritornato il Panamá, dopo l’arresto del “public enemy n.°1”, il suo presidente Manuel Noriega, nel consesso delle libere nazioni democratiche, il Panamá ha oggi un reddito medio pro-capite di 26.957 USD (in PPP 2017) per i suoi 4.351.267 ab. (2021) e buoni indici di scolarità. Ma il pessimo coefficiente di Gini, il peggiore di tutta l’America centrale, se si eccettua il Belize, 0,509, dimostra tutta la diseguaglianza distributiva esistente fra la ricchezza della zona di Panama City e del Canale e la povertà delle zone rurali interne (regione del Darien) in cui più di un milione di persone vivono in condizioni di povertà, se non di estrema povertà. Diverso è il caso del COSTARICA che figura nella posizione migliore nei parametri del PNUD per la macroregione, al 58° posto. Regione marginale per gli interessi spagnoli, poco popolosa, priva di risorse minerarie ha goduto dopo l’indipendenza di questo grande vantaggio storico, non avendo mai conosciuto una vera colonizzazione. Privo di esercito, sostituito da una Guardia Civil, e quindi al riparo da colpi di stato militari, dopo anni di buona governance ha saputo comprendere a tempo, negli anni ’60, il significato ecologico delle sue zone vulcaniche e costiere, convertendosi nell’”eccezione verde” del Centro-America. Oggi il Costa Rica ha più della metà del suo territorio totale di 51.102 km.2 ricoperto da boschi e circa un terzo del territorio occupato da magnifici parchi naturali che sono anche all’origine della energia geotermica prodotta nel paese (Miravalles). Se nel paese negli ultimi anni anche per effetto della pandemia è aumentata la disoccupazione (17%) e si è reso più delicato il problema dell’immigrazione dal Nicaragua, il Costarica presenta la migliore scolarizzazione dell’istmo (16,5 anni di scolarità attesa, 8,8 anni di scolarità effettiva), oltre ad un reddito medio pro-capite che dopo il Panamá è il più elevato della regione  con 19.974 USD (in PPP 2017), ma con una distribuzione interna della ricchezza migliore, come provato dal coefficiente di GINI (0,487 contro 0,509), secondo i dati della Banca Mondiale riferiti al 2021. Quanto al BELIZE, minuscolo paese incuneato fra il Guatemala e la penisola dello Yucatan, ai redditi del turismo e di qualche giacimento petrolifero fa contrasto una povertà diffusa ed una alta disparità economica. In Belize, il coefficiente di Gini arriverebbe all’altissimo 0,533, anche se i dati sono mediocremente aggiornati. Con un reddito pro-capite di 6.315 USD (in PPP 2017) per i suoi 400.000 ab. disposti su 22.965 km2, e una scolarità effettiva di 8,8 anni, una vita media attesa di 68,8, il paese si colloca fra i paesi a Medio sviluppo Umano, al 123° posto nelle statistiche del PNUD. I quattro paesi già appartenenti come il Costarica alla Repubblica Federale di America Centrale, sono tutti molto prossimi nelle classifiche socio-economiche del PNUD, figurando fra i paesi a Medio Sviluppo Umano (MHDI) ed essendo collocati il SALVADOR al 125° posto sui 191 paesi censiti (2021), il NICARAGUA al 126°, il GUATEMALA al 135°, l’HONDURAS al 136°. Con caratteri socio-economici molto simili. La speranza di vita alla nascita va dai 69,2 anni del Guatemala ai 73,8 del Nicaragua, essendo di 70,7 anni in Salvador e di 70,1 in Honduras. La durata in anni di scolarità attesi ed effettivi va dal minimo dell’Honduras, rispettivamente 10,1 e 7,1 anni, al Guatemala con 10,6 anni attesi, ma un bassissimo livello di scolarità effettiva (5,7 anni); ai 12,7/ 7,2 anni del Salvador, al 12,6 / 7,1 anni per il Nicaragua. Ma l’approccio scolastico in questi due ultimi paesi è speculare. In Salvador pullulano i centri di educazione privata, confessionale e non, in Nicaragua l’educazione è uniformemente pubblica. Quanto al reddito pro-capite degli abitanti, i quattro paesi si scindono in due gruppi abbastanza distanti, con Honduras e Nicaragua a 5.298 e 5.625 USD rispettivamente (in PPP 2017), mentre più elevato è il PIL/pro-capite in Salvador 8.296 USD e in Guatemala, 8.723 USD. La diversità si esprime nelle superficie dei paesi e nell’orografia. La perla della regione (al di là dell’interesse ecologico che esprime il Costarica) è il Guatemala (108.889 km2), con il suo straordinario contrasto paesistico fra la cintura dei vulcani e le sponde sui due oceani. Non è un caso che il conquistatore Pedro de Alvarado avesse scelto il Guatemala come sede della sua Capitaneria Generale.

Ma il paese più esteso della macroregione è invece il Nicaragua, paesi di grandi laghi (Managua, Nicaragua), anch’esso proteso sui due oceani (130.737 km2.). Intermedia è la dimensione dell’Honduras (112.492 km2), mentre il Salvador è il paese meno esteso, con appena 21.041 km2 di superficie, appena otto volte il Lussemburgo, affacciato solo  sull’Atlantico, ma anche il più densamente popolato. Per quanto concerne la popolazione, anche qui i quattro paesi vanno divisi in due gruppi dai valori simili, El Salvador e il Nicaragua, con 6.314,168 e 6.850.540 ab. (stimati 2021), e il binomio più popoloso, l’Honduras con 10.278.346 ab. e il Guatemala con 17.608.484 ab. Resta comune ai quattro paesi il retaggio coloniale che ha sempre ostacolato la formazione in ambito rurale della piccola proprietà contadina e ha condotto ad una discriminazione fra la popolazione formata dai discendenti dei colonizzatori e le popolazioni autoctone discendenti dai Maya.  Le differenze antropologiche trovano la loro espressione nelle forti diseguaglianze nella distribuzione interna della ricchezza, come provato dai valori del coefficiente di Gini più volte citato. Infine, i tre paesi del Northern Triangle sono accomunati dalla situazione generale già descritta di insicurezza interna, per effetto del narcotraffico, ma anche di una delinquenza giovanile diffusa, con una popolazione presa in mezzo fra gli atti della delinquenza e le operazioni mano dura delle forze governative. In Nicaragua, il problema centrale si sposta invece sulla repressione politica e gli arresti degli oppositori al caudillado di Daniel Ortega e della sua consorte, Rosario Murillo.

Resta uniforme poi nei quattro paesi la situazione della corruzione generalizzata, che colloca i quattro paesi fra il 116° posto del Salvador sino al 167° posto del Nicaragua sui 180 paesi censiti da Transparency International per il 2022. Come uniforme resta la povertà nell’area. In Nicaragua circa i 2/3 della popolazione vivono in condizioni di precarietà, in Honduras il 70% della popolazione vivrebbe sotto la soglia di povertà, in Guatemala la povertà riguarda il 60% dei residenti, in Salvador e Costarica ca. il 25% dei residenti, viventi soprattutto in ambiente rurale. A cui si aggiunge anche il milione di persone che nel paradiso fiscale panamense vivono in condizioni di povertà o di estrema povertà. Una situazione drammatica, ulteriormente peggiorata dalla pandemia, che spiega ampiamente le ragioni dell’esodo dei centro-americani verso il “muro di Tijuana”.

Bibliografia consigliata

  • Eduardo GALEANO, Le vene aperte dell’America latina, Sperling&Kupfer, Milano,1997
  • Eduardo GALEANO, Memoria del fuego, I-II-III, Siglo Veintuno Editores, Messico, 1982-1986
  • Carlo DEGLI ABBATI, Appunti da un paese globale. America Latina e Caraibi. Quando l’inchiostro lascia la penna d’oca per la piuma del quetzal, De Ferrari, Genova, 2010
  • Monica MORAZZONI, Geopolitica dell’America Centrale, Archetipolibri, Bologna, 2010

*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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