Il Paese, candidato UE dal 2022, chiede a gran voce di aderire il prima possibile all’Unione, per proteggersi dalla “minaccia” russa. Storia geopolitica di un territorio che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si trova in una delicata posizione strategica

Ai confini della Bessarabia storica, contesa fra Sovietici e Tedeschi dopo il Patto von Ribbentrop-Molotov del 1940, sta una vallata che costeggia le rive del Dnester, il fiume che forma il naturale confine con l’Ucraina che si estende a est. Considerata internazionalmente parte della Republica Moldova (Moldavia), questa vallata lunga circa 400 km. incuneata fra i due paesi, Moldavia e Ucraina, forma invece uno “stato non stato”, la Transnistria, dove la Federazione Russa mantiene ancora un contingente militare di circa 1500 uomini. La Bessarabia storica, regione tradizionalmente contesa fra l’Austria, la Russia e l’Impero ottomano corrisponde oggi alla Moldavia e alla Ucraina (per la sua provincia meridionale). L’occupazione sovietica della Moldavia, strappata alla Romania da Stalin nel 1940 e divenuta poi Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Moldava è all’origine della risposta tedesca con l’operazione Barbarossa del 1941 e sarà riacquisita da Stalin solo nel 1944 come Repubblica federata dell’URSS sino all’indipendenza del 1991, anno in cui nasce la Republica Moldova dopo la frantumazione dell’impero sovietico.

La Moldavia ha oggi un territorio compreso fra il fiume Prut che la divide dalla Romania e il fiume Nistru (Dnestr) che lo separa dalla Ucraina. Le sue vicende storiche ne fanno un paese abitato da una moltiplicità di gruppi etnici con una maggioranza di Moldavi e minoranze romene, ucraine, gagauzi (discendenti dai turchi ottomani), russe, bulgare, rom.

Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

La Moldavia, che occupa la parte sudoccidentale del Bassopiano Sarmatico, con capitale Chisinau, città di mezzo milione di abitanti, è grande quanto il Belgio, se non si tiene conto della Transnistria che ha grosso modo con i suoi 4.163 km2 una estensione quasi doppia del Granducato del Lussemburgo. Dotata di tutti i segni esterni di uno Stato indipendente, ma al tempo stesso definita dalla Moldavia sua “unità amministrativa territoriale della riva sinistra del Dnestr”, la Transnistria si autodefinisce Pridnestrovian Moldavian Republic dotata di uno stemma in cui campeggia la falce e martello e di un inno nazionale “Noi cantiamo le lodi della Transnistria”. Nei fatti è internazionalmente riconosciuta solo da tre “break-away” stati -l’Abkhazia, l’Alto Karabagh e la georgiana Ossetia del Sud- con capitale Tiraspol e una popolazione di circa mezzo milioni di abitanti formata in maggioranza di russi e moldavi. Ma forse la cosa più importante è domandarsi la ragione della presenza in questo “stato non stato” di truppe russe. Innanzi tutto la Transnistria, a maggioranza russofona, ma anche con quote minori di Moldavi, Ucraini e Bulgari, nel 1990 si era distaccata dalla Moldavia temendo una sua riunificazione con la Romania. Il conflitto militare conseguente era poi stato composto nel 1992 dando origine ad una non riconosciuta internazionalmente ma indipendente compagine statale, nella forma di una repubblica presidenziale che mantiene le forme e i simboli socialisti di uno stato ad economia dirigista di tipo sovietico. Grazie ai buoni uffici della Missione dell’Unione Europea, EUBAM (European Union Border Assistance to Moldova and Ukraine), le imprese della Transnistria hanno comunque potuto sempre commerciare anche con l’Ucraina.

La scelta russa di trattenere la Transnistria in una situazione di dipendenza e di fornirla di un nucleo militare è eminentemente strategica. La Federazione nel periodo successivo al 1990 non disponeva più dei mezzi economici per poter mantenere un ruolo di riferimento per le 15 ex-repubbliche dell’URSS che hanno poi scelto l’indipendenza. Poteva solo cercare di tenerle riunite intorno à sé in una Comunità degli Stati indipendenti (CSI) per farne una futura zona di libero scambio. Ottenuta l’adesione di nove paesi alla CSI fra cui la Moldavia, mantiene in certi paesi un corpo di spedizione russo (Tagikistan) o delle basi militari, come in Kirghizistan o nelle repubbliche separatiste georgiane. Ma dopo lo scioglimento del patto militare di Varsavia voluto da Gorbatchev, la promessa del presidente americano Bush di sciogliere in corrispondenza la NATO non viene mantenuta. Come, per l’opposizione americano-britannica, non viene istituito il piano Marshall a favore della Federazione, ancora richiesto da Gorbachev. L’assemblea romana della NATO del 1991 decide il mantenimento della Alleanza, per fare fronte a futuri pericoli diversi dall’URSS. Da allora la Federazione Russa assisterà al progressivo ingresso nella NATO fra il 1999 e il 2004 di buona parte dei paesi, dieci in tutto, che sono disposti  lungo quel confine detto Intermarium, compreso fra il Baltico e il Mar Nero, che costituiva il naturale limes occidentale dell’immenso impero zarista e sono state successivamente disposte una serie di basi missilistiche della NATO dirette verso il territorio russo. In questo modo la Federazione perdeva rispetto all’URSS quasi mille km di profondità strategica verso Mosca e San Pietroburgo. Era allora stata obbligata di lanciare il primo warning agli occidentali di non tentare di fare entrare anche l’Ucraina nella UE e nella NATO, ma dopo che già nel 2008 la NATO aveva accettato la candidatura di adesione di Bosnia Erzegovina, Georgia e Ucraina, nel 2014 il suo warning è stato disatteso con i fatti di Euromaidan, la piazza di Kiev, avvenuti con l’evidente forte impegno del governo americano.

In questo quadro di reciproca sfiducia fra Russia e Occidente, anche l’eventuale ritorno della Transnistria sotto la piena sovranità della Moldavia diveniva impossibile. Tiraspol finiva per costituire il nocciolo meridionale di una resistenza alla cortina di acciaio formata dalla collana delle basi NATO disposte lungo l’Intermarium che poi proseguiva nel mar Nero con la Turchia, membro meridionale della NATO. Con l’invasione recente della Ucraina anche la Moldavia si trova coinvolta nella sua delicata posizione strategica. Del resto, Vladimir Putin ha di recente annullato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nel quadro della ricerca di una soluzione per la Transnistria “per garantire gli interessi nazionali della Russia in relazione ai profondi cambiamenti in atto nelle relazioni internazionali”. Questo ha naturalmente avvicinato la Moldavia all’Europa che le ha formalmente concesso il 23 giugno 2022 lo status di paese candidato all’adesione. Con lo scoppio della guerra con l’Ucraina il contingente russo della Transnistria si trova di fatto enclavé perché circondato dal territorio ucraino e solo degli accordi “coperti” con la Romania possono permettere l’avvicendamento delle truppe. Unicamente l’estensione della “operazione militare speciale russa” sino al porto di Odessa come prolungamento del Donbass e la conquista del confine occidentale ucraino potrebbe consentire il désenclavement della Transnistria. Ma questo sembra altamente improbabile, dato che la perdita del porto di Odessa renderebbe la situazione dell’Ucraina economicamente non più sostenibile. Mentre la situazione di guerra rende ancora più precarie le condizioni della Moldavia. Paese di buona agricoltura, data la fertilità del Bassopiano Sarmatico, mentre le industrie si trovano soprattutto concentrate in Transnistria, ha bisogno del gas russo, mentre l’elettricità arriva dalla Transnistria e dall’Ucraina e i fertilizzanti dall’Ucraina.

Desiderosi di favorire la sconnessione della Moldavia dalla dipendenza energetica dalla Russia, gli Stati Uniti hanno già formulato la proposta di alimentare Chisinau con 300 Milioni USD per rafforzare le interconnessioni con l’Europa. Ma la situazione resta al momento profondamente instabile. Anche se non si può escludere -ma sembra difficile – che Putin cerchi un attacco al paese per creare una continuità con il Donbass. Forse è più robabile che in una futura demarcazione alla coreana dei limiti della guerra, una sorta di cessate il fuoco tanto precario quanto permanente, la Transnistria resti come propaggine militare russa lungo la cortina di acciaio che adesso separa l’occidente europeo dal resto del continente. Cortina di acciaio di cui, se oggi è di moda scaricare su Putin ogni colpa, l’Occidente americano dal 1990 avrebbe potuto evitarsi l’esistenza se da parte anglo-americana fosse prevalso sulla tattica una visione strategica a proposito della NATO. Certamente oggi, dopo l’iniziativa russa, gli Stati Uniti hanno rinsaldato il loro controllo sull’Unione europea, ridotta ormai nelle condizioni non di alleato, ma di satellite. Ma, nel frattempo, al di là delle rappresentazioni mediatiche, è nel mondo che l’Occidente vede ridursi progressivamente l’estensione dei suoi margini di influenza. E molti Stati come la Moldavia restano presi in mezzo da questa nuova situazione. Situazione che ricorda, in un certo senso, quando durante la Seconda Guerra mondiale in Italia la popolazione civile doveva convivere difficilmente fra le azioni delle formazioni partigiane e le spedizioni punitive dei repubblichini di Salò.

Carlo degli Abbati (Foto cover: Centrale elettrica di energia idroelettrica al fiume Nistro, Moldavia – Dreamstime.com)

 La Moldova (Moldavia)  con 3,06 milioni di ab. su una superficie di 30.373 km2 cu si aggiungono i 4.361 km2 della Transnistria, considerata dalla Moldavia una unità amministrativa, ha una densità abitativa di quasi 101 ab./km2. Ha conosciuto dal 2019 una diminuzione progressiva dell’indice di sviluppo umano -HDI- (0,767 nel 2021 contro 0,774 del 2019) pur registrando una progressione constante dal 1996. Si colloca fra i paesi ad Alto Sviluppo Umano -HHD- all’80° posto sui 191 paesi censiti dal PNUD. Presenta nel 2021 un PIL di 13,672 Miliardi di USD e un PIL pro-capite annuo di 14.875 USD (in PPA 2017) che scende in effettivo a 5.285 USD. L’attività principale del paese è il settore terziario con il 56,4% degli attivi, mentre un altro 21,5% è attivo nel settore agricolo dove grazie alla fertilità del suolo la produzione è molto diversificata (cereali, frutta, tabacco, vite). Il settore secondario è costituito da industrie meccaniche, elettroniche e tessili soprattutto localizzate in Transnistria. L’ aspettativa di vita alla nascita è in media di 68,8 anni, 64,4 anni per gli uomini e 73,5 per le donne, la fecondità è di 1,7 (2021) e la mortalità infantile, relativamente ridotta, è dell’8,5 per mille. Gli anni previsti di scolarità sono in media di 14,4 anni, ma la scolarità media effettiva scende a 11,82 anni, 11,85 per le donne, 11,78 per gli uomini. Nella difficile congiuntura conosciuta dal paese il debito estero del paese è salito nel 2020 a 8,476 Miliardi USD mentre gli aiuti dall’estero sono stati sempre nel 2020di 524 Milioni USD, pari al 4,6% del PIL. Il Bilancio dello stato ammontava nel 2021 a 82.013,6 milioni di leu, pari a 1.640,27 milioni EURO. La spesa statale per l’istruzione è pari al 6,4% del PIL, la spesa per la sanità al 3,8 % del PIL, la spesa per la protezione sociale raggiungeva nel 2020 il 35,5% della spesa totale del bilancio.

Bibliografia consigliata

Fabio Mini, L’Europa in guerra, PaperFIRST, 2023

Domenico Quirico, Laura Secci, La sconfitta dell’Occidente, Neri Pozza, Vicenza, 2019

Hélène Carrère d’Encausse, L’Empire d’Eurasie, Fayard, 2005

Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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