Nella stagione 2020-21, il direttore d’orchestra ha debuttato alla Staatsoper Unter den Linden con “Il flauto magico” di Mozart e alla Barenboim Said Akademie ha diretto la neonata Barenboim Said Akademie Orchestra. Oltre ad aver vinto numerosi premi come pianista, tra i quali il Premio Vittoria, come miglior diplomato del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma e i primi premi al Concorso Musicale Internazionale del Rotary Club e al Concorso Concertistico Juilliard Stravinsky, ha anche uno spiccato interesse per il rapporto tra filosofia e musica
Giuseppe, come sei arrivato dall’Italia a Berlino?
È stato un giro abbastanza largo: l’inizio è stato all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e poi c’è stato un piccolo- grande giro, passando per New York, dove sono stato studente alla Julliard School of Music. All’inizio a New York volevo rimanere solo un 2-3 anni che alla fine sono diventati 8. Come borsista del Lindeman Young Artist Development Program ( un programma per giovani cantanti e i giovani coach di opera), ho avuto la possibilità di apprendere questo fantastico mestiere che si compone di tantissimi mestieri: capire il libretto, capire la partitura, saper come lavorare coi cantanti e con l’orchestra. Dopo 3 anni al MET ho fatto l’audizione alla Staatsoper di Berlino (ormai 5 anni fa) e dopo essere stato selezionato mi sono trasferito qui.
Daniel Barenboim è un nome molto importante. Com’è stato lavorare insieme a lui? Cosa ha significato per te? Quali sono stati gli onori e quali sono stati gli oneri?
Diciamo che da un certo punto di vista non è stato così difficile perché, stando a contatto con un grandissimo musicista, il rapporto di interazione diventa naturale. Senza dubbio è uno dei maestri più importanti che io abbia mai avuto. È stato un onore apprendere da un maestro come lui che insegna veramente.
Elisa Cutullè