È possibile fare trasparire delle emozioni semplicemente attraverso dei volti o dei gesti?
Il fotografo Lee Jeffries è in mostra a Milano, al Museo Diocesano, fino al 16 aprile. I suoi soggetti sono gli “ultimi”, quelle persone che non amiamo avere accanto, che ci danno quasi fastidio, che preferiamo ” non vedere”. Essi, però, esistono. E sono vivi, nella loro drammaticità. Che passato si nasconde dietro quei volti intensi, disperati, scanzonati? Lee Jeffries non li ha solo fotografati, quei volti. Ha passato del tempo con questi senza tetto, prostitute, alcolizzati, tossicodipendenti e si è fatto raccontare le loro storie. Solo così è riuscito a cogliere la loro essenza, le loro emozioni. I volti di questi emarginati trasmettono vita, dolore, gioia.
Manca tutto: un dente, una stanghetta dell’occhiale… tranne la voglia di vivere. I loro volti, nella stragrande maggioranza ritratti in bianco e nero, emanano una forza espressiva dirompente, che coinvolge e lascia stupefatti. È come se i volti dialogassero con l’interlocutore, entrando di prepotenza nelle sue emozioni, stravolgendole. Come, ad esempio, il volto di un uomo con la barba, che emana una luce particolare, come se avesse accettato questa vita e cercasse di trasformarla; o un altro uomo con la barba, ma privo di un occhio, che guarda, quasi con atto di sfida verso la vita che lo ha portato ad essere così; oppure l’uomo di profilo, calvo, con la barba, che sembra un ritratto di Leonardo; o i volti con gli occhiali, dove le lenti nascondono l’ uomo serio, l’ uomo scanzonato; o la donna che sembra guardare oltre gli occhiali, oltre la vita dimessa; o le donne giovani che il destino ha condotto su una strada che non volevano e che accettano in modo diverso: una sembra essersi arresa, mentre l’altra ha un’aria di giocosa sfida.
Meravigliosi i volti di tre donne anziane: una con i capelli arruffati e la rassegnazione sul volto; l’altra che porta con dignità i segni di una vita agiata e poi, forse, improvvisamente precipitata e una donna di profilo, con la sigaretta, le cui rughe delineano una vita vissuta e piena. Splendido, poi, è il ritratto di un bambino con uno sguardo intenso, che sembra chiedere aiuto, abbandonato a se stesso. E poi ci sono le foto delle mani, mani vissute: mani che pregano; che stringono un volto o che lo nascondono; che si intrecciano come chiudendosi in se stesse o che esprimono disperazione. Tenerissima è l’immagine di una coppia che si guarda negli occhi come a rivedere e a ripensare una vita trascorsa insieme.Un mago, un folletto, un fauno: così sono ritratte le persone di Jeffries, che ritrovano la loro dignità grazie ad un fotografo che si è quasi immedesimato in loro.
L’artista Bill Viola è in mostra a Palazzo Reale, a Milano, fino al 25 giugno. Bill Viola è un video artista. La sua capacità di trasmettere emozioni è confinata in video di 10-15 minuti, nei quali le persone si muovono al rallentatore, in modo da fare capire all’interlocutore la forza dei sentimenti. Come in ” The greeting”, ispirato alla “Visitazione”, meraviglioso dipinto del Pontormo, dove Elisabetta sta parlando con un’amica e, improvvisamente, arriva Maria che le va incontro con slancio e l’abbraccia. Il tempo che intercorre fra queste azioni è lungo, per permettere di capire l’ emozione che scaturisce fra queste due donne incinte, che saranno le madri della cristianità. È come se il fatto di essere al rallentatore porti le immagini ad essere più ” vive”, a catturare l’ anima delle persone, sia protagoniste che spettatrici. Splendido è anche il video ” The Raft”, dove 19 persone, di etnie diverse, all’inizio si dispongono una accanto all’altra, ignorandosi e facendo cose diverse: chi legge un giornale o un libro, chi è vestito elegantemente e chi ” casual”, e così via. Ad un tratto, vengono travolte da onde fortissime, come se fosse uno tsunami: così cadono, si scontrano, si trovano impreparate davanti a questo imprevisto della vita ma poi, cessato tutto, frastornate, fradicie, si rialzano e si abbracciano. È come se una difficoltà le avesse riunite e ritrovate. Il diluvio purificatore le ha trasformate in persone ” nuove”.
Metafora della vita: bisogna sempre rialzarsi e non lasciarsi mai abbattere. Molto bello e significativo, avvicinandosi anche la Pasqua, è ” Emergence” ispirato alla ” Pietà” di Masolino da Panicale: Cristo, nudo e livido, emerge dal sepolcro davanti alla Madonna e a San Giovanni stupiti e piangenti. È il miracolo della vita nella Resurrezione. Jeffries e Viola hanno rappresentato la vita dell’uomo attraverso la sua catarsi, perché la vita può essere un fallimento, ma anche una rinascita, a dimostrazione che c’è sempre un ” riscatto ” che ci salva.
Anna Violante