In occasione della recente tournè africana del Presidente francese Emmanuel Macron, ricordiamo la situazione attuale di due dei Paesi visitati: la Repubblica del Congo, già parte dell’Africa Occidentale Francese e la Repubblica Democratica del Congo già colonia belga con il nome di Congo Belga

Le drammatiche condizioni che ha conosciuto questa grande regione africana all’epoca della sua indipendenza si stanno ripetendo da tempo come una sorta di tragico ricorso storico nella regione nord-orientale del Paese prossima ai confini con la regione dei grandi laghi, il Ruanda, il Burundi, l’Uganda, nella provincia del Nord-Kivu di cui è capitale Goma, città di due milioni di abitanti.

Grandi Laghi (Fonte: L’Indro)

Nella sua storia coloniale più antica, il grande bacino del Congo, poi suddiviso fra due potenze europee, il Belgio e la Francia, venne tardivamente scoperto e difficilmente esplorato non prima della seconda metà del XIX secolo dal famoso esploratore Livingstone e in seguito da Henry Morton Stanley su mandato belga, ricevuto dal re Leopoldo II. L’immenso bacino del Congo vedrà il re dei Belgi divenire dopo la conferenza di Berlino del 1885 Re dello stato indipendente del Congo nel 1886. In questa veste re Leopoldo “cederà” questo stato al Belgio come “Congo belga”. La regione del “Congo belga” formerà oggetto di uno sfruttamento coloniale estremamente fruttuoso da parte de l’Union Minière in ragione delle sue ricchissime dotazioni minerarie sino all’indipendenza, acquisita il 30 giugno 1960, con il nome di Repubblica Democratica del Congo, a capitale Kinshasa.


La Repubblica Democratica del Congo
Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

La parte più occidentale del bacino invece, esplorata dal francese Pierre Savorgnan de Brazza, rientrerà nei possedimenti coloniali dell’Africa Equatoriale Francese come Congo Brazzaville, acquisendo l’indipendenza il 15 agosto 1960 come Repubblica del Congo.

Sarà proprio la Repubblica Democratica a conoscere la fase più sanguinosa all’inizio del suo processo di indipendenza con l’assassinio a Léopoldville nel Katanga del primo ministro Patrice Lumumba, leader del Movimento Nazionale Congolese, di ispirazione progressista. Nel Paese ha corso, dal 1961, il tentativo di secessione della regione mineraria del Katanga sponsorizzato dalle compagnie minerarie europee riunite nella UMHK (Union Minière du Haut Katanga) che avevano fatto ricorso all’aiuto militare di mercenari bianchi (i c.d. affreux) sostenendo il leader locale, Moise Tschombe. Solo nel 1963, con l’aiuto delle forze dell’ONU, il presidente Joseph Kasabuvu riprenderà il controllo del territorio secessionista. Nel contempo, nel settembre del 1961, era scomparso, probabilmente perché abbattuto da un tiro degli affreux, il segretario generale dell’ONU, lo svedese Dag Hammarsjöld, che sorvolava la Rhodesia per predisporre una tregua fra i caschi blu e i mercenari del Katanga. Seguiranno dal 1965 al 1997 i trent’anni del regime del gen. Mobutu Sese Seko che imporrà la ridenominazione del paese in Zaire. In seguito, passato sotto il controllo dell’Esercito di Liberazione Congolese, guidato da Laurent-Desiré, al potere per vent’anni sino al 2018, il paese ha conosciuto un lungo periodo di guerra civile con il coinvolgimento di Ruanda, Burundi ed altri paesi del continente.

Anche se sono stati successivamente firmati dalla ripristinata Repubblica democratica del Congo dei trattati di pace, sino ad oggi nelle regioni dell’Ituri e soprattutto nel Nord Kivu sono rimasti attivi molti gruppi armati, spesso sostenuti dai paesi vicini, come il Ruanda, segnato dal terribile genocidio dei Tutsi nel 1994, il Burundi, l’Uganda. Si tratta del FDLRN (Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda), delle milizie raggruppate nella Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), dei ribelli islamici ugandesi delle Forze (ADF), ma soprattutto dalle milizie riapparse di recente del Movimento del 23 marzo (M23), formato nel 2012 da disertori dell’esercito congolese, già membri del Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP) di Laurent Nkunda arrestato nel 2009. Ancora, nella parte orientale del Paese sono ancora attive le milizie di ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore. Nel Kasai fra il 2016 e il 2019 si è manifestata anche una milizia ribelle Kamwina Nsapu mentre nel Sud Kivu non si è mai spento, sulle orme del conflitto etnico dei Grandi laghi fra tutsi e hutu, il conflitto etnico fra i tutsi banyamulenge e le milizie bantu.

Del resto la caratteristica del Paese è anche quella di una grande dispersione di gruppi etnici con il gruppo etnico bantu maggioritario, i Luba, che non raggiunge che il 18% della popolazione totale. Gruppi minori sono i Kongo, Mongo, Rwanda, Azande, Bangi e Ngale.

Di recente decine di migliaia di persone hanno dovuto fuggire i villaggi nella regione di Goma per l’offensiva delle milizie del M23, appoggiato da forze arrivate dal Rwanda, e sono andate ad aggiungersi ai milioni di sfollati che già conta lo Stato a causa della situazione descritta. Comunque, questa nuova offensiva ha messo in evidenza tutto il disfunzionamento dello Stato congolese, soprattutto dotato di forze armate inefficienti, mal pagate, corrotte anche nei quadri superiori, incapaci di assicurare il controllo della vastità del paese che è secondo in estensione del continente africano dopo l’Algeria con 2,345 milioni km2.

In questa situazione di incertezza e di guerra, il Congo conosce, secondo il Programma Alimentario Mondiale (PAM-WFP), la più grave crisi alimentare del continente con i suoi quasi cento milioni di abitanti, dovuta anche all’improvviso rincaro degli alimenti come il grano e il mais, ma anche dell’energia, oltre che lo sfollamento interno delle popolazioni, di recente quasi mezzo milione nella regione del Nord Kivu. Questo malgrado che il paese sia invece ricchissimo in rame ed altri minerali pregiati.

Oggi, un quarto circa della popolazione, 26 milioni su 99 milioni, viene stimata, sempre secondo il PAM, in grave difficoltà alimentare con 5,4 milioni in condizioni di estrema vulnerabilità, in particolare le donne e i bimbi toccati dai conflitti.

Se il governo, a fini di sicurezza interna, ha chiesto l’aiuto della Comunità dei Paesi dell’Africa Centrale, è la drammatica situazione economica ad avere dettato anche la attenzione del Papa con la sua recente visita apostolica a Kinshasa. Il Paese che è per oltre il 90% di religione cristiana, cattolica e protestante soprattutto evangelica, oltre ad una componente minoritaria animista e musulmana, ha conosciuto nel solo mese di ottobre una inflazione galoppante dell’11%.

La guerra in Ucraina in realtà ha comportato come accennato un aggravamento delle difficoltà abituali della situazione interna congolese, provocando la ulteriore difficoltà di approvvigionamento dei cereali di provenienza ucraina e un grande aumento generale dei prezzi dell’energia. Si aggiunge la situazione drammatica di conflittualità nel nord-est che non fa che peggiorare. Del resto, è abbastanza significativo che nelle statistiche elaborate dal PNUD il paese presenti un parametro di sviluppo umano appena migliore dell’Afghanistan (0,.479 contro 0,478) e preceda appena l’Afghanistan (177° contro 180° posto) nelle statistiche mondiale della categoria di paesi a basso sviluppo umano -LHD- sui 191 paesi censiti. Questo, nonostante una ricchezza mineraria che l’Afghanistan certamente non possiede. Per un miglioramento della situazione globale del paese non resta che auspicare la fine più ravvicinata possibile delle ostilità in Ucraina per poter agevolare l’approvvigionamento del paese in cereali e energia, nonché la cessazione delle devastazioni portate dalle milizie armate nella zona nord-est del paese dopo l’intervento richiesto alla Comunità degli Stati dell’Africa Centrale che si spera efficace.

La Repubblica del Congo
Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

Meglio vanno le cose per le popolazioni della parte occidentale del bacino, di prevalente etnia Kongo, già parte dell’Africa Equatoriale Francese, divenute indipendenti dal 15 agosto 1960, come Repubblica del Congo, con capitale Brazzaville. Lo Stato che conta 5,8 milioni ab., a maggioranza di etnia Kongo, (con gruppi minori Yombe, Teke, Kougni, Mboshi, Ngala, Sundi) dotato di una importante produzione petrolifera è classificato come paese a Medio Sviluppo Umano (MHD) e nelle classifiche del PNUD occupa su 191 paesi il 153° posto con un indice HDI di 0,571, ben superiore a quello segnato dalla Repubblica Democratica. Il suo eterno presidente Denis Sassou Nguesso in carica dal 1997 ha potuto contare su di un paese sostanzialmente pacificato, in cui la composizione inter-etnica pur complessa non ha dato luogo alla conflittualità che invece conosce la Repubblica Democratica del Congo. Lo stesso PIL pro-capite, anche se parametro in sé non determinante, pari a 2.889 USD (in PPA 2017) prova la diversa condizione dei due Paesi, contro i 1076 USD anni della Rep-Dem. del Congo, che in effettivo scendono però a soli 609 USD annui. Questo, ripetiamo, quando l’ex-Zaire è sotto il profilo minerario uno degli Stati più ricchi del mondo. Ma lo sfruttamento coloniale e post-coloniale delle risorse in un secolo e mezzo non ha mai portato all’ordinato sviluppo del Paese.

Carlo degli Abbati

La Rep.Dem.del Congo con i suoi quasi 99 milioni di abitanti è classificata nelle statistiche del PNUD al 179° posto sui 191 paesi censiti. Il suo indice di sviluppo umano, oggi di 0,479, risulta in discesa rispetto al valore segnato negli ultimi anni. Allo stesso modo la aspettativa media di vita è relativamente costante a 59,2 anni con una mortalità infantile e tassi di fecondità molto elevati, rispettivamente di 5,7 e 63,8 nel 2020.Con un PIL di 57 Miliardi di USD e un PIL pro-capite annuo effettivo di 609 USD annui (1076 USD PPA 2017), presenta una popolazione costituita al 66% di agricoltori con un settore secondario che impiega un altro 10% della popolazione. Gli anni di scolarità nel paese sono di 7 anni effettivi (5,6 anni di educazione femminile, 8,4 di educazione maschile).

Bibliografia consigliata:

– G. Carbone, L’Africa, Gli Stati, la politica, i conflitti, il Mulino, Bologna, 2021

– R. Dumont, L’Afrique noire est mal partie, Seuil, 2012

– G.-H. Dumont, Léopold II, Fayard, Parigi,1990

Carlo degli Abbati

Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani presso il Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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