Appiattendosi sulla nuova opzione americana di preparare in Ucraina un secondo Afghanistan per i russi, la Commissione VON DER LEYEN sta contribuendo al futuro disastro economico della UE

Abbiamo già osservato che l’’invasione russa dell’Ucraina ha provocato nei Paesi membri dell’Unione Europea una grande emozione ed un moto di solidarietà a favore del paese invaso. Di questa solidarietà si è fatta interprete la Commissione europea assumendo, già a qualche giorno dall’aggressione russa l’8 marzo 2022, una prima decisione di fornire armi ed equipaggiamenti all’Ucraina per 450 milioni di EURO. Ma il problema che va esaminato da vicino è quello dell’appiattimento progressivo della Commissione Von der Leyen sulla scelta americana di approfittare delle difficoltà emerse per la Russia nel corso dell’invasione per fare dell’Ucraina il nuovo Afghanistan della Russia, come del resto apertamente dichiarato qualche tempo fa da Hillary Clinton.

Occasione su cui è saltato in poche settimane dallo scoppio delle ostilità Joe Biden mantenendosi del resto nella costante di uno dei tre obiettivi indicati già nel 1997 da Zbigniew Brzezinski, il consigliere di Ronald Reagan, per vedere garantito il controllo americano sul mondo: ridurre l’Urss ai confini della nuova Federazione Russa, tenere d’occhio la Cina, impedire ogni tentativo di unificazione in Europa.

Ma qui comincia a nascere il problema. Stanziando 33 miliardi di USD per l’Ucraina, di cui 20 per spese militari, definendo di volta in volta Putin un dittatore, un killer e un macellaio Joe Biden vuole rendere impossibile un compromesso e ridurre e mettere in ginocchio la Russia con un lungo impegno militare in Ucraina, emancipandosi così dalla atroce sbandata e dalla disastrosa impressione lasciata dagli Stati uniti con il ritiro dall’Afghanistan. Contrariamente agli USA l’Europa non ha invece nessun interesse obiettivo a protrarre la guerra. Come di recente ha scritto Carlo De Benedetti sul Fatto Quotidiano “una guerra che si sovrappone ad una recessione molto severa è assurda, senza senso. Le conseguenze sarebbero catastrofiche”.

Ma in che modo catastrofiche? Innanzi tutto l’Europa, già segnata da anni di recessione economica generalizzata da cui si erano salvati solo in parte Stati come la Germania e i Paesi Bassi, aveva in seguito conosciuto anche tutte le supplementari conseguenze economiche negative di una pandemia durata più di due anni da cui si stava, prima di marzo 2022, appena riprendendo senza avere ancora raggiunto  i livelli di crescita pre-pandemici.

Adesso nella visione esternata dalla Commissione europea, un’Europa in queste già precarie condizioni dovrebbe investire in uno sforzo di guerra a favore dell’Ucraina più di dieci miliardi di EURO oltre ad immaginare di prescindere nel futuro dalle forniture, varie e a buon prezzo, che la Federazione russa fornisce ai paesi della UE, privi come è notorio di materie prime e esprimenti soprattutto una industria di pura trasformazione.

Forse vale la pena di rammentarle. Nella UE ci sono paesi che dipendono al 100% del gas russo come fattore energetico, come Austria, Slovacchia, Ungheria, Finlandia, ma anche al 55% come la Germania o al 43% come l’Italia, gas con il quale peraltro si produce il 60% della energia elettrica nazionale. Ma poi l’Europa dipende anche al 25% dalla Russia per i fertilizzanti, la Russia è anche con l’Ucraina la terza zona di produzione mondiale di grano e mais, oltre ad essere ricca di carbone, petrolio e di materie rare e pregiate come uranio, palladio, vanadio, germanio.

Ora di tutte questa forniture russe la Commissione vorrebbe prescindere cercando altrove a prezzi più alti  e per quantità sostitutive impossibili i loro ersatz. E’ il discorso del premier italiano Mario Draghi, sulla “rinunzia ai condizionatori” e del suo ministro della Difesa Lorenzo Guerini, disponibile ad aumentare su incitamento americano del 2% del PIL le spese militari di un Paese senza crescita.

Ma con queste scelte l’UE si condanna ad un futuro di stagflazione, l’incubo degli economisti, in cui un aumento dei prezzi generalizzato si accompagna ad una ampia recessione economica. Con una scarsità di materie prime accompagnata da un aumento generalizzato dei prezzi frutto della spirale delle sanzioni occidentali e delle contro-sanzioni russe l’Europa, seguendo la logica della guerra di Biden contro la Russia tramite l’Ucraina, si condanna al disastro economico, ad una gigantesca recessione.

Con l’aumento esplosivo dei deficit statali la Banca Centrale alla faccia di tutti i piani di austerità si vedrà presto costretta a battere ulteriori quantità di moneta, ad immettere nuovi miliardi di EURO nell’economia. Ma questo comporterà l’inevitabile deprezzamento dell’EURO che troverà nel dollaro USD la sua immediata ma anche provvisoria conversione. Ma alla fine questa tendenza sfocerà in una nuova situazione alla greca, estesa questa volta però all’intera Europa, finendo per giocare in negativo sulla coesione fra gli Stati membri e favorendo la probabile scelta di certi Paesi come la Germania di uscire dall’EURO. Nel frattempo le scelte europee avranno favorito nell’ordine tutti i più grandi competitori economici dell’Europa: gli Stati Uniti, la Cina, l’India. Gli Stati Uniti contabilizzeranno la fedeltà degli alleati NATO con un netto aumento delle commesse militari e del valore del dollaro USD, la Cina e l’India otterranno a basso costo l’energia, i cereali e le materie prime russe rifiutate dall’Unione Europea per una questione di ordine morale.

Ora, qualunque siano le colpe di Vadimir Putin l’Europa ha il dovere non di alimentare lo spirito delle crociate anti-russe, la retorica bellicistica condannata in Germania anche da Jürgen Habermans che si sta pericolosamente estendendo anche all’avversione dei valori della cultura russa, ma di muoversi sul terreno del realismo. E’ inutile credere che la democrazia si esporti in Russia con 20 miliardi di armi in più per l’Ucraina. La democrazia non si è mai esportata con le armi né in Afghanistan, né in Iraq, né nel Sahel ma solo favorendo il successo economico e sociale delle società organizzate secondo questo modello. La Commissione deve, innanzitutto, domandarsi se il fine della punizione occidentale della Russia per l’aggressione dell’Ucraina vale la messa in discussione della sopravvivenza economica e politica della stessa UNIONE EUROPEA. E prender anche subito le distanze da quell’obiettivo di “indebolimento della Russia nel lungo periodo” sottoscritto da 40 Paesi riuniti intorno agli Stati Uniti e ai paesi NATO nella base di Ramstein che al momento preclude ogni spazio di compromesso territoriale e avvia l’Europa a una guerra per procura -non si sa ancora per quanto tempo “controllata” – contro la Russia, anche se nessuno ha il coraggio di parlare ancora di guerra aperta o di co-belligeranza. Se si ascoltano le dichiarazioni dei rappresentanti europei, con la sola eccezione di Emanuel Macron, non sembra che questa realtà sia stata ancora percepita. E questo è fonte di estrema preoccupazione, al di là della tragedia insita nella guerra.

Carlo degli Abbati

Professore associato di Politica economica e finanziaria. E’ stato prof. Jean Monnet di Diritto dell’Unione europea presso la Facoltà di Lingue e culture straniere moderne dell’Università di Genova

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