“L’appello”, l’ultimo libro dello scrittore – professore Alessandro D’Avenia, nella trasposizione teatrale offre lo spunto per una riflessione sulla scuola. Nella serata del 31 gennaio al Teatro Carcano di Milano, Alessandro D’Avenia si è espresso al meglio

Il suo è stato un monologo: non ha, quindi, coinvolto i suoi ragazzi nella rappresentazione, ma ha affrontato i temi che coinvolgono la scuola trattandoli anche in maniera ironica. 

D’Avenia ha dedicato lo spettacolo a Matteo, un ragazzo di 18 anni morto per non aver retto alla pressione dello studio e la cui madre si è rivolta a lui per cercare di capire questa morte dolorosa. D’Avenia si è chiesto il significato di una scuola che ” riempie” di concetti e nozioni, ma che non fa crescere. Gli studenti percepiscono un “malessere” ad andare a scuola: quindi la scuola non li fa “stare bene”, non li fa tendere ad una pienezza di vita, ma li assilla di compiti e di stress emotivi e competitivi. Questo non fa crescere i ragazzi, ma li destabilizza.

Gli insegnanti stessi sono spesso demotivati e non riescono a trasmettere il sapere in modo da rendere gli studenti capaci di pensare e di aprirsi al mondo, ma li fanno diventare delle macchine, atti ad ottenere un diploma senza contenuti.

La scuola è uguale da decenni: ferma, immobile nei programmi e nelle strutture ( basti pensare, ad esempio, che non esistono piante nelle aule). Ed è così ” congelata” anche nel rapporto con gli studenti, che non vengono quasi mai considerate persone, ma teste da riempire.

Per questo bisogna conoscere i propri studenti.

“L’ appello” fa capire l’importanza del nome. Bisogna mettersi a nudo di fronte ai propri studenti e dare loro attenzione, fare capire loro che sono importanti per te insegnante, fare sì che emerga la loro parte migliore. Fare l’appello significa ringraziare chi hai davanti; dare un volto alle persone anche se non le puoi vedere, come fa il professor Omero Romeo, cieco, protagonista del libro.

Questo professore ci fa capire l’ essenziale, ossia,  che in un mondo dove prevalgono i contatti (facebook, Instagram) si perde di vista il tatto e dove viene giustificata l’ assenza ma non la presenza, come se importasse di più un ragazzo a casa di uno a scuola.

Quindi, bisogna imparare a dare un senso alla nostra giornata, alla nostra vita: come dice D’Avenia, che ha coniato il termine “ribellezza”, ovvero portare un desiderio nella giornata.

Farsi l’appello ogni giorno per rispondere alla vita.

Anna Violante

Potrebbe interessarti anche questo

@Voices: Pino Daniele con Carmine Aymone (il podcast)

(Puntata 886)Il giornalista e critico musicale racconta a VoicesbyPassaParola, la trasmissione italiana su Radio Ara, l’amatissimo musicista napoletano Pino Daniele, attraverso le parole di “Yes I know… Pino Daniele – Tra pazzia e blues: storia di un Masaniello newpolitano”, il…

L’Inferno nella bolla

Cos’è l’Inferno e cosa rappresenta nell’ immaginario di un’ artista? L’artista in questione è Lucrezia Ruggieri, artefice della bellissima mostra “Persino all’Inferno volano bolle”, all’ Hotel Sheraton di San Siro a Milano fino al 30 aprile 2025. Abbiamo intervistato l’artista,…

Eugenio Curiel ricordato dal “suo” circolo

Domani, venerdì 28 febbraio, alle 19.30, presso il CLAE (26, rue de Gasperich) verrà ricordato Eugenio Curiel, medaglia d’oro della Resistenza e politico antifascista. La sua figura a Lussemburgo è indissolubilmente legata a quello dello Circolo omonimo, che organizza l’incontro…

La Poésie. Volcanique

Polifonico e multilingue, il Festival du Printemps des Poètes-Luxembourg 2025 quest’anno è intitolato alla poesia. Vulcanica “Una poesia come forza creatrice – spiega Françoise Pirovalli, coordinatrice dell’ associazione le Printemps des Poètes – Luxembourg che da 18 anni organizza la…