Era il 20 febbraio 1962 quando a bordo della navicella Friendship 7 l’astronauta americano John Glenn consumò il primo pasto spaziale: salsa di mele in tubetto, qualche zolletta di zucchero e un po’ d’acqua. Uno spuntino più che un vero pasto. Il timore era quello che in assenza di gravità, il cibo potesse fermarsi in gola.

Pur coprendosi di gloria con le loro imprese, per i pasti gli astronauti dovettero a lungo accontentarsi. Durante tutto il corso delle missioni Mercury, Gemini e le prime Apollo, la principale voce in menù era costituita da una purea di cibo in tubetto: qualcosa di non molto diverso dagli omogeneizzati per bambini. I primi menù spaziali erano insipidi, inodori e mancavano di consistenza, ma i tempi sono cambiati e una dieta sana, equilibrata e saporita è essenziale per rendere sopportabili e privi di effetti negativi sull’organismo i lunghi periodi che gli astronauti trascorrono sulla Stazione spaziale internazionale.

Di questo si è parlato alla conferenza Italian Food in Space : New Technologies and traditional quality products for sustainability and nutritional well-being in outer space , organizzata dall’Ambasciata italiana in Lussemburgo con la Camera di Commercio Italo-Lussemburghese, tenutasi ieri, (24 novembre, ndr) in occasione della VI edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. 

Ad aprire i lavori è stato Giorgio Saccoccia, presidente Agenzia Spaziale italiana, intervenuto in video afferma che già da tempo si sta pensando a migliorare il cibo nello spazio con la cucina italiana. Infatti la NASA ha selezionato un’azienda di Milano per sviluppare nuove tecnologie nel settore del cibo spaziale. Giorgio Saccoccia aggiunge che il Lussemburgo in questo senso è un partner importante. Infatti, lo scorso ottobre a Dubai le agenzie spaziali di entrambi i due Paesi hanno firmato un Memorandum of Understanding (protocollo d’intesa) che servirà a catalizzare e approfondire in modo significativo la cooperazione tra l’Italia e il Granducato nel campo dello spazio. Grazie all’accordo è stato stabilito un quadro di cooperazione, condivisione di competenze e scambio di informazioni tra le due agenzie e a beneficiarne, oltre alle agenzie, saranno anche gli istituti di ricerca, le accademie e le società spaziali del settore privato. 

Anche Marc Serres, ceo dell’Agenzia spaziale lussemburghese conferma che i due Paesi collaborano già da diversi anni sul tema dello sviluppo nello spazio.

È intervenuto alla conferenza anche Luca Parmitano, comandante della stazione spaziale internazionale, lo ha fatto attraverso un video e in pochi minuti ci ha raccontato che anche nello spazio con i colleghi di altri Paesi si parla di cibo e lui ha deciso di portare un po’ della cucina italiana nello spazio realizzando delle ricette tradizionali come la lasagna, risotto al pesto, caponata e parmigiana. Il comandante della stazione spaziale internazionale ha raccontato che una sera ha organizzato una cena nello spazio usando cibo che poteva essere usato per sei mesi e ancora oggi i colleghi si ricordano di quella serata. Un aneddoto simpatico che ci fa capire quanto sia importante il cibo anche per chi per lunghi periodi vive nello spazio.

Ma la conferenza non si basava solo sul cibo che mangiano gli astronauti ma sulla coltivazione nello spazio. Di recente ASP SAEXE TEAM, Alta scuola Politecnica ha vinto il premio Mars GreenHouse Big Ideas Challenge 2019 per coltivare verdura e ortaggi per gli astronauti che resteranno 600 giorni su Marte. Il progetto è principalmente incentrato sullo studio delle condizioni ottimali per far sì che determinati esseri vegetali possano essere coltivati e riprodotti su Marte. L’idea è stata illustrata attraverso dei filmati davvero suggestivi. 

“La grande sfida è il trasporto del cibo su Marte. Bisogna stare attenti ai rischi, bisogna sviluppare tecnologie per coltivare e conservare il cibo e dovranno essere progettate in modo da mantenere stabilità” è ciò che ha scritto la dottoressa Simonetta di Pippo, direttrice di UNOOSA (United Nations Office for Outer Space Agency) nel suo messaggio di saluti ai partecipanti.

Da ricordare che proprio in Italia presso l’Università Federico II,  il 4 novembre dello scorso anno nasceva il primo laboratorio dedicato alla coltivazione delle piante nello spazio. A chiusura della conferenza, lo Chef Ilario Mosconi dell’omonimo ristorante (stellato Michelin) di Lussemburgo, ha proposto una ricetta originale di “Food in Space“, basata sugli ingredienti della serra idroponica e cucinata con tecniche speciali dai profili nutrizionali della tradizione culinaria italiana e la qualità autentica dei suoi prodotti: un tortino di pomodori e patate con pesto al basilico. L’incontro organizzato dall’Ambasciata è stato molto interessante e soprattutto ha messo in risalto le eccellenze italiane all’estero e ha ribadito il continuo lavoro di sinergia tra l’Italia e il Lussemburgo. Inoltre, la conferenza ha confermato che coltivare nello spazio non è più un sogno, ma un’esigenza. 

Paolo De Martino

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