Sacchelli e Calopresti in sala stampa (Foto: Paola Cairo)

Sacchelli e Calopresti in sala stampa (Foto: Paola Cairo)

 

« Un film nostalgico dedicato ai nostri padri che hanno vissuto in un mondo difficile ma che, con i piedi per terra, hanno costruito le loro vite. Un film importante per me perchè credo molto nella gente di Calabria ». Queste le parole di Mimmo Calopresti, regista di « Aspromonte la terra degli ultimi », proiettato ieri sera all’Hôtel de Ville  di Villerupt e inserito nella sezione Panorama del 42° Festival del film italiano di Villerupt (Francia).

Il regista calabrese, sollecitato dalle domande dal direttore artistico Oreste Sacchelli, ha voluto puntualizzare varie volte, durante la chiaccherata post film, il sostegno del suo produttore Fulvio Lucisano – che ha anche un piccolo ruolo alla fine del film – con il quale ha realizzato la pellicola per dare a tutti, soprattutto agli ultimi, il diritto e la dignità di esistere. « Dobbiamo pensare che tutti noi abbiamo diritto di vivere, ha detto Calopresti, e il mio lavoro è raccontare queste storie, perchè ognuno di noi deve avere il suo tappeto rosso ». E ha continuato: « Ho portanto questo lavoro in giro per il mondo e mi sono sempre domandato perché il cinema italiano sia così amato. La risposta che mi sono dato è perché mostra sentimenti e rapporti tra persone e una maniera di stare al mondo che è quella dell’umanità ».

Aspromonte, tratto dal libro Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco (Rubettino editore, 2017) è ambientato nel Dopoguerra italiano in un piccolo paesino dell’Appennino calabro, Africo Vecchio. Racconta la storia di questa comunità, tra immobilismo e vessazioni, omertà e miseria, che decide di costruirsi una strada per raggiungere la pianura e poi il mare, la Marina e con essa collegarsi alla « civiltà ». Una strada che, se da un lato collega le persone alla « civiltà » dall’altra segnerà la via dell’esodo…..

« Ho voluto fare un film classico, ha continuato il regista, andando a girare in luoghi in cui altri hanno paura ad andare. Molte persone che hanno lavorato al film nel fango, senza scarpe, dopo 12 ore di riprese andavano dal produttore per ringraziarlo per l’opportunità. E’ stata un’esperienza che mi ha avvicinato molto agli altri, ripeto, a tutti quelli che hanno diritto ad essere rappresentanti».

Calopresti ha inoltre precisato la scelta del dialetto calabrese (il film in Italia uscirà con i sottotitoli in italiano, ndr), come una scelta voluta da Lucisano, insieme all’obbligo che gli attori girassero senza scarpe, per dare credibilità alla storia e rendere la verità della storia.

« La storia della strada è vera, non è una metafora, ha tenuto a dire il regista, ed è ancora così per certi paesi della Calabria che non hanno strade di collegamento ancora oggi. Ma la cosa che tengo a sottolineare è la volontà di mettersi insieme, dei cittadini, per costruirne una. I rapporti tra i protagonist si costruiscono sulle azioni e ci si rispetta per quello che si fa. Una sorta di messaggio dal passato al presente ».

Flebile, a nostro avviso, la figura della maestra, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, delicata e dolce quella del poeta del villaggio, quello che parla con i bambini, l’unico che li spinge ad andare a scuola per capire il mondo. Interpretato magnificamente da Marcello Fonte – il « canaro » nel film di Garrone, Dognam –, considerato l’ultimo tra gli ultimi, è quello che forse ha in mano la verità della vita. « E posso dire – commenta chiosando Calopresti – che Fonte è veramente quella bellissima persona che interpreta nel film perché crede in quello che fa e crede nelle parole che dice in Aspromonte. Con lui sono rimasto ancora una settimana in quei luoghi per fare dei laboratori con i bambini. Che forse sono i veri protagonisti di questa storia, perché sono quelli che conoscono la felicità delle piccole cose e dei brevi momenti e sono solo loro che la sanno riconoscere. Insieme a Marcello ».

 a cura di Paola Cairo

 

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