Dura che sopravvivano alle emozioni sotto l’ombrellone. Questione di intensità
L’estate è la stagione amica degli amori. Intendo l’estate vera, non starò a parlare di quella lussemburghese poiché questa non è una rubrica di fantascienza. Tornati a casa è già tempo di bilanci, per molti anche di bilance in verità. Ci troviamo a fare i conti con quel che resta di queste fugaci storie e ci si domanda: cosa mi è rimasto? una storia da coltivare, un’avventura da ombrellone o solo un fastidioso herpes? Per alcuni, poi, il dilemma è ancora più pesante, trovandosi ad avere dubbi del tipo: “speriamo che mia moglie non lo scopra mai” oppure “e ora devo proprio tornare da mio marito?”. Tralasciando questi casi più complicati, coloro che restano in contatto dopo il periodo estivo si trovano a fare i conti con l’inizio della routine, vivendo magari anche in posti diversi. Si riesce a portare avanti questo tipo di storie dopo la bella stagione?
La risposta è (come al solito): dipende. Il grande Califano, nel pezzo “Un’estate fa” (ripreso dal francese Fugain), sostiene di no, perché “l’estate somiglia a un gioco, è stupenda ma dura poco”, oppure perché “porta via con sé anche il meglio delle favole”. Il maestro, che su queste cose la sapeva lunga, aveva centrato il problema, cioè che con l’approssimarsi dell’autunno arriva anche la vita di tutti i giorni, che rischia di portare via le belle giornate spensierate, la favola, appunto!
E allora succede che sopravvivono solo i rapporti più forti, un po’ come succede in natura ai cuccioli che non passano l’inverno. Triste? crudele? No: naturale che resistano solo i sentimenti più sani, i cuccioli più resistenti. Insomma, d’estate scatta la scintilla e il fuoco si accende (purtroppo in questo periodo lo sanno bene i martoriati boschi della nostra Italia), ma è in inverno che si vede chi sa custodirlo e mantenerlo acceso con l’impegno.
Per non ritrovarsi nuovamente a dar ragione al maestro Califano quando dice che… “tutto il resto è noia”.
Steve M. Scarz