Nell’ambito delle iniziative per il dialogo con i cittadini europei, l’Universitè du Luxembourg, la Rappresentanza della Commissione europea a Lussemburgo, il Ministero degli Esteri e la Ville de Luxembourg hanno organizzato mercoledì 15 maggio, nell’auditorium del Cercle Cité, l’incontro-dibattito L’oublie – Menace pour la paix en Europe? (L’oblio – Una minaccia per la pace in Europa?) sull’antisemitismo che ancora si manifesta largamente in Europa malgrado sia stato la causa della discriminazione prima, della persecuzione poi ed infine dello sterminio di milioni di persone inermi ed innocenti per il solo fatto di essere nate ebree.
I relatori dell’incontro sono stati l’Ambasciatore Georges Santer, presidente dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance – l’organizzazione che riunisce 31 nazioni e promuove il ricordo della tragedia della Shoah attraverso lo studio, la ricerca e l’informazione) e Katharina von Schnurbein, coordinatrice europea della lotta contro l’antisemitismo.
Le questioni da essi dibattute sono state principalmente due: come e perché si manifesta l’antisemitismo e cosa fanno le istituzioni europee per contrastarlo.
L’antisemitismo, ha spiegato Katharina von Schnurbein, ha origini antiche ed una radice di carattere religiosa che considera l’intera etnia ebraica colpevole dell’assassinio del Dio cristiano secondo la maledizione pronunciata nel versetto del vangelo di Matteo «Il suo sangue (di Gesú, ndr) ricada su di noi e sui nostri figli» (MT 27,25).
Ma oltre alle ragioni di carattere teologico che inducono, anche ai giorni nostri, una contrapposizione spesso feroce e violenta tra gli aderenti alle diverse religioni, la coordinatrice europea ha evidenziato che l’antisemitismo ha anche un carattere razziale e culturale per via delle accuse rivolte agli ebrei di cospirazioni varie ai danni del resto dell’umanità cui, più recentemente, si è aggiunto un altro pregiudizio: quello di considerarli responsabili delle violenze, delle prepotenze e delle ingiustizie che lo Stato di Israele compie nei confronti del popolo palestinese.
Perché l’antisemitismo possa diffondersi, ha spiegato Georges Santer, sono sufficienti solo due elementi: una persistente distorsione della verità storica per indurre alla negazione dello sterminio degli ebrei ad opera dei nazifascisti o alla diminuzione della sua ampiezza, ed una diffusa ignoranza, ovvero un’impreparazione che consenta alla falsificazione di fatti ed avvenimenti di attecchire o anche solo di indurre il dubbio che in essa ci sia una qualche verità.
Allora, per il presidente dell’IHRA, il contrasto all’antisemitismo passa necessariamente per due strade: quella legislativa che rende fuorilegge ogni falsificazione ed alterazione della Storia che tenda a confutare o sminuire l’olocausto (ovvero l’eccidio sistematico di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista ed i loro alleati fascisti nei confronti degli ebrei europei, ndr) ed una particolare attenzione all’educazione delle nuove generazioni, alla diffusione della conoscenza della Storia, al suo studio serio, autorevole e documentato che dev’essere garantito dai sistemi scolastici di tutti i Paesi d’Europa.
I due relatori hanno poi evidenziato come l’antisemitismo non sia espressione di un fenomeno che riguardi solo gli ebrei, ma un pericolo per l’intera collettività perché la diffusione di discriminazione e pregiudizio di carattere etnico o religioso sta ad indicare una società pericolosamente incattivita e divisa, propensa a mettere in questione il sistema di valori che garantiscono uguali diritti per tutti i cittadini ed in cui esiste, quindi, una reale minaccia per la pace.
Infine, hanno concluso Katharina von Schnurbein e Georges Santer, poiché le intolleranze sono il frutto di un insieme di disvalori e l’espressione di vari fanatismi, accade spesso che l’antisemita discrimini anche nei riguardi di altre etnie o religioni, non sopporti gli omosessuali ed abbia pregiudizi verso i migranti: in altre parole, la lotta all’antisemitismo, in quanto battaglia per la difesa della pari dignità e di uguali diritti, rappresenta un impegno contro il razzismo, l’omofobia, la xenofobia, l’islamofobia e tutte le altre intolleranze e discriminazioni.
Ed è proprio nel nome di questa universalità delle battaglie di civiltà che tornano alla mente le parole citate in apertura del dibattito di Simone Veil, sopravvissuta ai campi di sterminio, magistrata, ministra, prima donna presidentessa del Parlamento europeo, impegnata per i diritti delle donne e in difesa dell’Europa: “Venuti da tutti i continenti, credenti e non credenti, apparteniamo tutti allo stesso pianeta, alla comunità degli uomini. Dobbiamo essere vigili e difenderlo non solo contro le forze della natura che lo minacciano, ma anche, e di più, contro la follia degli uomini”.
Andrea Tirelli