Passione, belcanto, melodramma: l’Italia è il cuore pulsante dell’opera lirica. Questa conversazione con Taku Hayasaka nasce durante la sua partecipazione all’Opernwerkstatt di Waiblingen (in Germania, vicino a Stoccarda), il prestigioso laboratorio tedesco che negli anni ha ospitato e sostenuto anche numerosi cantanti italiani stipendiati e vincitori di borse di studio, diventando un trampolino di lancio per molti giovani artisti della penisola. In questo incontro, Hayasaka ci accompagna in un viaggio attraverso il repertorio italiano, svelando il suo rapporto con Verdi, Puccini, Rossini e l’arte di cantare in una lingua che esprime amore e dramma con forza unica
Molti grandi ruoli baritonali nascono in Italia. Come descriverebbe il suo legame con questa tradizione?
La mia voce di baritono lirico trova terreno ideale in compositori come Rossini, che ha uno stile molto cantabile. L’opera italiana offre una varietà immensa di ruoli per baritono, basso e persino tenore.

Cosa prova quando canta in italiano?
Mi sento diverso rispetto al giapponese. La cultura italiana è più passionale: sulla scena posso esprimere emozioni e amori che nella vita privata non mostro. È affascinante interpretare personaggi così intensi.
Quali compositori italiani occupano un posto speciale nel suo repertorio?
Verdi certamente, ma i ruoli più impegnativi come Macbeth o Rigoletto li affronterò più avanti. Mi interessa anche Puccini: sogno di cantare Sharpless in Madama Butterfly, e Yamadori è un ruolo che potrei già affrontare.
C’è un ricordo legato a un’interpretazione italiana che la emoziona particolarmente?
Ogni volta che interpreto Rossini, sento una connessione profonda. Il suo stile lirico si adatta perfettamente alla mia voce.
Come prepara una nuova parte italiana?
Ascolto molte registrazioni per cogliere la musicalità, ma poi cerco la mia interpretazione personale. Leggo libri o guardo film collegati alla storia del personaggio. Così riesco a dare vita a emozioni autentiche.
L’opera italiana è famosa per il belcanto. Qual è la sfida più grande per un baritono lirico?
Il controllo delle alte note e la capacità di mantenere leggerezza anche nei passaggi più drammatici. È una scuola che richiede disciplina e sensibilità.
Ha un legame personale con l’Italia al di là della musica?
Non sono stato a lungo in Italia, ma la sua cultura mi attrae. Ogni volta che interpreto un personaggio italiano mi sembra di viaggiare dentro quel mondo.
Che consiglio darebbe a chi vuole specializzarsi nel repertorio italiano?
Studiare molto, non solo tecnica ma anche lingua e storia. E non scoraggiarsi: spesso arrivano rifiuti, ma con perseveranza arriva la grande occasione.
C’è un ruolo italiano che sogna di interpretare in futuro?
Mi piacerebbe affrontare Verdi in opere come La Traviata o Don Carlo, ma senza fretta: preferisco crescere gradualmente per rispettare la mia voce.
Elisa Cutullè (Foto cover ©Peter Oppenländer)
