Lo scorso 1 agosto 2025 la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sede a Lussemburgo, si è pronunciata sulle cause riunite C-758/24 | [Alace] e C-759/24 | [Canpelli]1 , rispondendo agli interrogativi sollevati dal giudice di Roma sull’interpretazione delle norme europee relative alla nozione di Paese di origine sicuro

La sentenza, particolarmente attesa anche per le sue ripercussioni nel dibattito politico
italiano, è stata emessa in seguito a due domande di pronuncia pregiudiziale sollevate dal Tribunale ordinario di Roma: la procedura di rinvio pregiudiziale permette infatti ai giudici nazionali, chiamati a pronunciarsi su una controversia interna, di interrogare la Corte di giustizia dell’UE su questioni relative alla validità e all’interpretazione del diritto dell’Unione

Le due cause riunite traggono origine dalle domande di protezione internazionale presentate da due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare e condotti nel centro di permanenza di Gjadër in applicazione del Protocollo Italia-Albania in materia migratoria. Le loro domande di protezione internazionale erano state respinte sulla base del fatto che il Bangladesh è considerato dall’Italia un paese sicuro; contro tale rigetto, i due cittadini bangladesi avevano presentato ricorso al Tribunale ordinario di Roma, il quale ha sollevato quattro questioni pregiudiziali volte a chiedere alcuni chiarimenti sulle norme europee, contenute nella cosiddetta Direttiva “Procedure”, relative al concetto di paesi di origine sicuri.
Ebbene, con tale sentenza, la Corte di Lussemburgo ha anzitutto chiarito che se il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di ricorrere a un atto legislativo per designare un paese terzo come paese di origine sicuro, spetta al giudice – e, quindi, non al legislatore o al potere esecutivo – verificare la legittimità di tale designazione sulla base delle condizioni imposte dalla direttiva europea. Inoltre, per permettere al giudice di esercitare questo controllo in maniera effettiva, e al richiedente asilo di valutare se presentare ricorso contro il rigetto della sua domanda di protezione internazionale, deve essere garantito l’accesso alle fonti su cui si fonda la designazione del paese terzo in questione come paese di origine sicuro; la Corte ha poi precisato che il giudice nazionale può ricorrere anche a ulteriori informazioni, purché ne venga accertata l’affidabilità e venga consentito alle parti di commentarle.
I giudici di Lussemburgo hanno infine chiarito che un paese terzo non può essere qualificato come paese di origine sicuro qualora le condizioni imposte dalla direttiva europea per tale designazione non siano soddisfatte per l’intera popolazione. In proposito, va richiamato che gli Stati potranno introdurre delle eccezioni alla qualificazione di un paese terzo come sicuro per alcune categorie di persone solamente a partire dal 12 giugno 2026, con l’applicazione del nuovo Regolamento 2024/1348.

Liliana Narcisi

1 I nomi della causa sono fittizi e non corrispondono ai nomi reali delle parti, ndr

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