Appuntamento assolutamente da non perdere mercoledì 18 giugno 2025 alle ore 19 presso il Cercle Cité dedicato al grande Maestro del teatro napoletano e alla sua relazione con l’universo femminile nella vita e nel teatro

A 125 anni dalla nascita, La Fondazione Cavour, in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo, dedica una serata a uno dei più grandi artisti napoletani di tutti i tempi accendendo i riflettori su quello che hanno rappresentato le donne nella sua opera teatrale e nel suo percorso di vita. L’evento, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia in Lussemburgo, vedrà come protagoniste Maria Procino (1) (consulente storico-artistica della Fondazione Eduardo De Filippo) e Imma Villa (2), attrice. Le abbiamo intervistate in anteprima per voi 

Intervista a Maria Procino

Chi era Eduardo De Filippo oltre il suo ruolo di autore teatrale e attore?

Voglio ricordare le parole di una grande scrittrice, Elsa Morante, che in una lettera a Eduardo scriveva: Un Eduardo, per fortuna, basta a vivificare un secolo. E non solo uno, ma anche più secoli.

Eduardo era un osservatore acuto e attento di se stesso e della realtà, riuscendo così a raccontare la condizione umana a ogni latitudine. Era rigoroso in teatro per il rispetto che aveva nei riguardi del suo lavoro e del pubblico. Nel privato era molto divertente, timido come lo era anche suo figlio Luca, che dal padre aveva inoltre ereditato l’amore per la cucina. Entrambi potevano accettare critiche in teatro, ma non come cuochi.

Come è nato il Suo impegno nello studio e nella tutela dell’opera di Eduardo?

La tutela dell’opera di Eduardo De Filippo è in mani ottime, nelle mani degli eredi non mie. Lo studio è nato non solo grazie a quelli precedenti di studiose e studiosi che hanno analizzato il lavoro del drammaturgo e dell’attore, ma soprattutto grazie all’incontro nel 1976 a Napoli. Conobbi Eduardo molto casualmente, l’ho raccontato nell’introduzione al volume che ho scritto un po’ di anni fa Eduardo dietro le quinte. Lunghe chiacchierate: trascorrevo interi pomeriggi con lui e sua moglie Isabella. Poi una sera, dopo aver voluto conoscere i miei genitori, mi “affidò” ad Evole, la sua sarta, e mi offrì il lavoro di “aiutosarta”. In realtà essendo molto giovane, aiutavo tutti i tecnici; mi divertivo ad ascoltare le loro storie, a guardarli riferirsi a Eduardo come ’o masto (il maestro). Mi divertivo a scrutare gli attori e le attrici trasformarsi, al chi è di scena, nel personaggio che avrebbero interpretato di lì a poco sul palcoscenico. Iniziai così a frequentare il Teatro San Ferdinando dove nacque il mio amore per la memoria. Oggi sono impegnata nella valorizzazione della memoria storica della cultura dello spettacolo. Negli anni mi sono occupata della documentazione di grandi artisti come Gian Maria Volonté, Elio Petri, per il Museo del cinema di Torino. Ho conosciuto uno straordinario regista, Francesco Rosi, e con lui ho lavorato al riordino della sua documentazione. L’archivio di Eduardo invece è conservato al Gabinetto Vieusseux di Firenze.

Che cosa ci raccontano i documenti su questo grande artista?

Chi si occupa di memoria storica, direi come ars e come vis (parafrasando quanto scrive la Assmann), sa che è fondamentale saper leggere i documenti. La messe documentaria prodotta da un individuo, rispettandone l’ordine originario laddove possibile, ne svela la storia, il metodo di pensiero, ma rivela anche la vicenda di un Paese. I documenti ci raccontano l’artista e l’uomo, il suo impegno civile ma anche le contraddizioni e le scelte personali.

Cosa ancora si può scoprire su Eduardo De Filippo?

Credo che la produzione di un artista travalichi il tempo e lo spazio in cui è nata, quando ogni secolo riesce a leggervi nuovi contenuti. Questo accade all’opera di Eduardo De Filippo. Non solo: Eduardo ha costruito uno strumento per riconoscere la Bellezza, uno strumento di cultura che sola può renderci davvero liberi e che sola può farci comprendere che dobbiamo con forza essere rispettati come cittadini e non considerati “vassalli”. Lasciato da solo senza l’aiuto di nessuna amministrazione, Eduardo finanziò un progetto complesso, recuperò una memoria storica che sarebbe andata distrutta, costruendo un teatro che doveva essere aperto a tutti. E quel teatro, il San Ferdinando, è ancora là.

Non ci sono dubbi sull’eredità artistica e umana che Eduardo De Filippo ci lascia. Ma secondo Lei qual è il modo migliore per raccoglierla e farne onore?  

C’è ancora tanto da studiare e da scoprire su di lui che non si fermò mai, nemmeno davanti alla tragedia che sconvolse la sua vita: i debiti per la costruzione del San Ferdinando lo costrinsero a lavorare tanto, restando per mesi lontano dai suoi amatissimi figli Luca e Luisella. Ed era lontano anche quando la piccola, in vacanza con il fratellino, morì all’improvviso. Per attori, registi, drammaturghi, raccogliere la sua eredità credo voglia dire acquisire la sua lezione, innovandola, senza però sconvolgere la drammaturgia. Questo, a mio parere, hanno fatto ieri grandissimi artisti e oggi fanno interpreti di indiscutibile talento come Fausto Alesi, Lino Musella, Luca Saccoia, Imma Villa. Questo ha fatto Carolina Rosi subito dopo la morte di Luca suo marito; per ricordarlo, quest’anno porterà in scena la sua ultima regia Non ti pago. Per coloro che lavorano come me “dietro le quinte”, significa portare la sua voce, sempre attuale, soprattutto ai ragazzi. Raccontando il suo coraggio ma anche la curiosità intellettuale e l’umiltà. Oggi sono i nipoti Matteo, Tommaso e Luisa a portare avanti il suo lascito artistico e il suo impegno sociale ed etico. Per questo è nata la Fondazione Eduardo De Filippo voluta da Luca, con l’appoggio del Comune e poi della Regione Campania. Alla morte di Luca fu Carolina a prenderne la presidenza, passata poi a Tommaso De Filippo. La Fondazione ha sede a Napoli nel Palazzo Scarpetta, nell’appartamento che fu di Titina De Filippo Carloni. Siamo davvero una piccola famiglia e, superando a volte anche notevoli difficoltà, cerchiamo di essere presenti in molteplici attività, avendo come imperativo categorico l’amore profondo e la fiducia di Eduardo per le nuove generazioni, perché ribadiva: il punto di arrivo dell’uomo è il suo arrivo nel mondo, la sua nascita, mentre il punto di partenza è la morte che, oltre a rappresentare la sua partenza dal mondo, va a costituire un punto di partenza per i giovani. Perciò a me la morte m’incuriosisce, mi sgomenta, ma non mi fa paura, perché la considero la fine di un ciclo – il mio ciclo – che però darà vita ad altri cicli legati al mio.

CHI È MARIA PROCINO

Laurea in lettere e filosofia, lavora da giovanissima nella compagnia Il Teatro di Eduardo e in seguito  in quella del figlio Luca. È stata responsabile delle ricerche storiche e cinematografiche per il progetto Le commedie di Eduardo De Filippo in dvd (RAI-Digital Studio). È stata co-sceneggiatrice del documentario Il nostro Eduardo. Fra le sue tante attività anche numerose pubblicazioni oltre a ricerche e progetti legati al mondo del cinema. Attualmente è consulente storico-artistica per la Fondazione Eduardo De Filippo e per Carolina Rosi. (MGG)

Maria Grazia Galati

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