Nel ventennale della morte di Papa Woytjla (2005- 2025) Antonio Modaffari, autore del libro “Giovanni Paolo II il papa della comunicazione. Novità e cambiamenti nei 27 anni di pontificato” (Editoriale Progetto 2000, 2016) e vaticanista presso l’ agenzia La presse ci ricorda il papa polacco

Perché il Giovanni Paolo II è stato fatto “santo subito”?
Perché è stato il papa che ha unito varie generazioni, che ha portato la chiesa nel nuovo millennio; è stato il papa che ha segnato la storia dell’Europa e ha cambiato il corso della storia. Con un pontificato lungo, uno dei più lunghi della storia (27 anni, ndr) la sua storia e, quindi, i suoi gesti, le sue parole, anche la sua sofferenza – vissuta negli ultimi mesi della sua vita – hanno dato la percezione di un papa santo.

In un’epoca in cui la figura del Papa è tornata al centro del dibattito politico e culturale, che lezione ci lascia Giovanni Paolo II su come vivere il rapporto tra fede, potere e comunicazione?
La mia opinione è che il papa santo ci abbia lasciato una lezione di verità. Paragonandola anche al contesto attuale, quindi, a papa Francesco – che è stato male ma che si mostra anche nella sua fragilità, nella sua vulnerabilità – l’obiettivo di come vivere questo rapporto è sempre quello dell’essere sinceri. Papa Francesco nella domenica dedicata al Giubileo degli ammalati è voluto andare in piazza e mettersi da malato tra gli ammalati. Entrambi i papi hanno voluto lasciarci il messaggio che la più grande forma di potere è il servizio, reso donando tutto se stessi soprattutto nella malattia.


Papa Giovanni Paolo II è spesso definito “il papa che ha cambiato il mondo”. Secondo te, qual è l’eredità più fragile o più a rischio di essere dimenticata oggi?
Sicuramente il tema cruciale, volendo attualizzare il messaggio del magistero di Woytjla sono i suoi numerosi appelli alla pace che hanno risuonato moltissimo, in più occasioni, perché Santo Giovanni Paolo ha vissuto tante guerre, una sofferta sulla propria pelle. I suoi appelli per la pace sono sempre stati incessanti, continui. E poi c’è stato quel “Mai più la guerra” pronunciato nel 2003 (invasione dell’Iraq, ndr) che purtroppo non è riuscito ad evitare il conflitto. L’eredità, soprattutto ai giorni nostri, in cui viviamo questa terza guerra mondiale a pezzi e anche su cui anche papa Francesco, dal letto del Gemelli, ha riflettuto più volte lanciando numerosi moniti, ecco, l’impegno per la pace in qualsiasi forma, è sicuramente l’eredità più preziosa e quella da non perdere. Perché la pace e il lavoro quotidiano che si fa per la pace è quello che tutti possiamo fare. Senza dare nulla per scontato.


Il legame tra Giovanni Paolo II e Lech Wałęsa è stato cruciale per la caduta del comunismo. Qual è, nella tua opinione, il momento in cui divenne davvero decisivo?
Giovanni Paolo II è stato un costruttore dell’Europa che con le sue parole e i suo gesti ha stimolato una coscienza collettiva che ha smosso poi un cambiamento. Se dovessi identificare un momento preciso è la breccia fatta al muro di Berlino, dopo di che c’è stato l’effetto domino. Io lo individuo nel giorno in cui c’è stata l’intronizzazione, il 22 ottobre 1978 quando disse “Spalancate le porte a Cristo” , un messaggio potentissimo che ha cambiato il destino del mondo e dell’Europa.


Nel tuo percorso di ricerca e scrittura, qual è stato l’aspetto meno conosciuto – o più sorprendente – che hai scoperto su Wojtyła?
È stato un papa mediatico, sempre sotto i riflettori. Quindi, sembra complicato trovare una sorpresa legata a lui. Ciò che posso definire come sorprendente è che lui è stato un pioniere della presenza del papa in televisione direttamente e indirettamente. Ci sono stati, soprattutto nei primi anni del suo pontificato, due episodi: la frase in cui disse : “Se sbaglio mi corrigerete” e il giorno del suo attentato, il 13 maggio 1981, in cui il papa ha dimostrato di essere un papa mediatico. La sua attitudine mediatica l’ha rivelata anche nella lungimiranza, nel comprendere che la Chiesa doveva avvicinarsi (cosi come aveva già iniziato papa Paolo VI) alle persone. Lo fa attraverso due azioni: nel 1983 crea il centro televisivo vaticano, attraverso il quale il Vaticano ci offre una quantità di materiale molto importante. Grazie alla sua intuizione Santo Paolo Giovanni comprese alcune logiche mediatiche e arrivò a capire che era necessario che la chiesa si dotasse della TV per dare l’immagine di un papa della porta accanto, non più un papa chiuso nei palazzi distante ma un papa che si mostrava. La seconda azione è stata la nomina di Navarro Vals a direttore della sala stampa vaticana. Un giornalista che per la prima volta guida la sala stampa della santa sede.

(Red)

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