Candidato per il M5S al Senato circoscrizione estero nelle scorse elezioni politiche 2022 e candidato per il Nord-Est alle prossime europee ci illustra il suo punto di vista e quello del partito su politiche energetiche, lavoro, clima, mobilità interna, migrazione
Perché hai deciso di candidarti con i 5 Stelle?
Al M5S sono iscritto praticamente fin dall’inizio, collaborando con la base e gli attivisti sia in Italia che all’Estero. Iscritto al Blog di Beppe Grillo, ho collaborato a diverse fasi e progettualità con Rousseau e sono promotore del gruppo territoriale estero e di quello del Lussemburgo, con cui abbiamo collaborato per le proposte del programma elettorale europeo.
Sono, inoltre, promotore anche di diverse iniziative parlamentari, nonché organizzatore di numerosi eventi a sostegno del Movimento e dei cittadini. Non sono mai stato iscritto a nessun partito se non al M5S e mi riconosco nella fascia di cittadini progressisti, ritenendo che il Movimento sia l‘unico struttura politica che possa dare risposte concrete ai cittadini. La nostra stella polare è da sempre stato il nostro programma elettorale che viene scritto direttamente dai cittadini e, quindi, innovatore, pacifista, progressista, ambientalista e equo-sociale.
Quali sono, da cittadino, le sfide che la nostra Europa deve affrontare per i prossimi 5 anni?
Io da cittadino europeo sono molto preoccupato del conflitto bellico che ci troviamo nel cuore dell’Europa da oltre due anni. Esiste una strategia politico militare dell’escalation di guerra, dell’invio di armi ad oltranza, un confronto bellico con la Russia che non ci sta portando ad una via d’uscita. Tutte le previsioni che ci erano state raccontate hanno fallito: la previsione di poter ottenere una sconfitta militare della Russia; la previsione di poter ottenere il crollo dell’economia russa (abbiamo addirittura avuto un aumento del PIL del 3%); la previsione di un cambio di regime in Russia. Spesso gli stessi mass media non hanno utilizzato un linguaggio di verità. Se fossimo stati ascoltati dai nostri governanti e se l’Italia avesse coltivato meglio la sua attitudine tradizionale (ossia la capacità di dialogo e di diplomazia), sul tavolo avremmo oggi una soluzione diversa. Invece, il puntare ad ottenere una vittoria militare appare ancora oggi una idea assurda, se pensiamo che la Russia è una potenza militare con oltre 6.000 testate atomiche.
Come cittadino voglio essere “portatore di pace” e auspico il cammino del dialogo e della diplomazia come unico cammino possibile. La politica estera dell’Unione europea deve focalizzarsi sul rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto, delle libertà individuali, della democrazia e dello sviluppo sostenibile nel mondo. Questi obiettivi si devono raggiungere non attraverso l’uso della forza e dell’intimidazione ma attraverso la diplomazia e la prevenzione. Non è con la guerra che si ottiene la pace, come sancisce la nostra Costituzione nel suo articolo 11.
L’intelligenza artificiale (IA) rappresenta un’altra sfida importante che la nostra Europa dovrà affrontare nei prossimi 5 anni e che sta già trasformando profondamente la società in cui viviamo e i modelli produttivi tradizionali.
Sul cambiamento climatico, dobbiamo assolutamente invertire questa rotta. Il cambiamento climatico si affronta con un mix di misure di “mitigazione” e “adattamento” (costruzione della resilienza agli effetti del cambiamento climatico). L’economia e il benessere degli europei dipendono da un approvvigionamento energetico stabile e a prezzi accessibili, da un corretto funzionamento del mercato unico europeo del gas e dell’energia elettrica. Occorre trasformare il Fondo sociale per il clima in un potente strumento per una rivoluzione europea verso la sostenibilità.
Su mobilità (interna) e immigrazione, welfare e transizione ecologica quali sono le proposte del tuo partito?
La recente riforma del sistema europeo comune di asilo (accettato passivamente da questo governo) è stata molto deludente, sia sotto l’aspetto della tutela dei diritti fondamentali sia dal punto di vista dei Paesi frontalieri come l’Italia, lasciati ancora una volta con i maggiori oneri rispetto agli altri Paesi UE. Il principio della responsabilità in capo al Paese di primo ingresso resta, il meccanismo permanente e obbligatorio di redistribuzione dei richiedenti asilo che abbiamo sempre chiesto fin dal 2016 non ha trovato attuazione e nei periodi di maggiore afflusso gli Stati membri possono sempre rifiutarsi, dietro pagamento di una somma di denaro, di accogliere nei loro territori dei richiedenti asilo da ricollocare, lasciando così i Paesi frontalieri con maggiori oneri e responsabilità.
Anche per quanto riguarda la migrazione legale cosiddetta “economica” le misure adottate nella presente legislatura non sono sufficienti a rendere più semplice l’ingresso in Europa di persone che cercano opportunità di lavoro nel nostro continente. Il problema della gestione dei flussi migratori non può essere risolto con approcci ideologici e semplicistici.
La nostra proposta prevede di istituire in Paesi terzi sicuri delle task force di esperti composte da delegazione dell’UE, l’agenzia EASO, organizzazioni internazionali quali l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) o l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) con l’obiettivo di esaminare preliminarmente la domanda presentata da un migrante volta al riconoscimento dello status di rifugiato, rispettando una distribuzione quote e tenendo conto di requisiti prestabiliti. Solo con le vie legali di accesso archiviamo una volta e per tutte il modello della destra rappresentato da costosi e disumani hotspot che troppo spesso si trasformano in vere e proprie galere per cittadini che non hanno commesso nessun reato.
Inoltre, proponiamo di attivare un sistema di ricollocamento automatico ed obbligatorio dei richiedenti asilo tra tutti i Paesi europei sulla base di criteri che tengano conto da un lato delle necessità del richiedente asilo (lingua parlata, familiari/ comunità già presenti in un determinato Paese, ecc.) e dall’altro lato della reale capacità di accoglienza del Paese membro.
Occorre lavorare ad una missione europea che metta in sicurezza la vita delle persone nel Mar Mediterraneo.
Cosa deve fare l’Italia?
L’Italia deve portare in Europa la proposta di un grande piano europeo per garantire pace, democrazia e sviluppo sostenibile nei Paesi terzi e in particolar modo in Africa, partendo dalla cancellazione del debito estero che impedisce ogni sviluppo reale.
Il green deal deve diventare un modello per tutti i Paesi del mondo perché solo con un Pianeta sano possiamo assicurare un futuro alle prossime generazioni ed evitare migrazioni forzate.
L’Unione europea deve finanziare attraverso programmi mirati i progetti di accoglienza diffusa, in modo da conseguire un’inclusione sociale reale e sostenibile. Per quanto riguarda i minori, proponiamo l’attuazione a livello europeo dello Ius Scholae, un modello che permette l’acquisizione della cittadinanza a seguito del compimento di un ciclo di studi.
Nei Trattati europei la costruzione del pilastro europeo dei diritti sociali è una priorità: un elevato livello di occupazione, la protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e la formazione dei nostri giovani. Nella scorsa legislatura per la prima volta nella storia europea si sono messe a terra alcune riforme epocali: dalla direttiva sul salario minimo, al Sure che ha finanziato la cassa integrazione di milioni di lavoratori durante la pandemia. Adesso è il momento di fare il salto di qualità.
L’Unione europea di oggi è una unione economica e monetaria, dobbiamo adesso costruire un’Unione sociale che metta al centro il cittadino. L’obiettivo di far uscire dalla povertà 15 milioni di cittadini europei entro il 2030 non potrà mai essere raggiunto senza una direttiva sul reddito di cittadinanza che nella nostra visione costituirà il germe di quello che sarà il welfare europeo. La direttiva deve stabilire i criteri dei redditi minimi che tutti gli Stati membri devono adottare. Questa misura va finanziata attraverso una tassazione sui capitali delle società, sulle corporate tax a livello europeo, minima e uguale per tutti. Non si tratterebbe di un reddito unico a livello europeo ma varierebbe sulla base della povertà relativa di ciascun Paese.
La prospettiva di una economia sempre orientata all’innovazione e alla digitalizzazione, a cui aspiriamo, e le inevitabili conseguenze che porterà non vanno sottovalutate. Per questa ragione proponiamo l’istituzione di una Commissione speciale al Parlamento europeo per analizzare e valutare gli impatti economici e sociali dell’intelligenza artificiale nel processo di transizione del mercato del lavoro. Compito di questa Commissione sarà quella di valutare l’efficacia di alcune misure con l’obiettivo di mitigare gli effetti sulla vita delle persone: la riduzione degli orari di lavoro, l’integrazione di reddito al lavoro, una forma universale di reddito di base. La
L’estensione della precarietà lavorativa alimenta inoltre la precarietà esistenziale e questo, oltre a produrre una crescita fragile e illusoria. Dobbiamo invertire rotta partendo dal cosiddetto “lavoro buono”, pertanto proponiamo misure finalizzate a ridurre il ricorso a forme di lavoro precario, così da favorire la trasformazione dei contratti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. Occorre garantire la piena attuazione del principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo, affrontando con determinazione il fenomeno del dumping sociale e salariale. Dobbiamo agire con decisione per favorire una crescita salariale.
Per raggiungere questo obiettivo, proponiamo l’adozione di un salario minimo legale europeo calibrato sulle specifiche condizioni economiche e sociali dei singoli Stati membri. Si tratta di una soglia minima retributiva, fissata per legge, che permetterebbe ai salari di non scendere sotto un determinato livello di adeguatezza.
Proponiamo di introdurre nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea il principio del diritto alla casa, come diritto fondamentale e inalienabile per i cittadini europei. Chiediamo uno strumento europeo di finanziamento agli Stati membri (sul modello Recovery Fund) con l’obiettivo di soddisfare, entro un periodo di 10-20 anni, l’intero fabbisogno abitativo dei cittadini europei che vivono in condizioni di disagio e/o emergenza abitativa
In Italia non esiste una legge sulla settimana corta e questo ha avuto effetti negativi sulla produttività delle aziende, mentre in altri paesi europei la settimana corta è già realtà.
L’Unione europea deve approvare una direttiva e concedere pari diritti a tutti i lavoratori europei. Il nostro obiettivo è quello di garantire che le persone possano lavorare meno senza subire tagli salariali e avere un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Allo stesso tempo, ciò consentirebbe la creazione di nuovi posti di lavoro per sostituire coloro che optano per un orario ridotto.
Poi ancora chiediamo il riconoscimento legale dei caregiver come figura professionale permette di superare tutti gli aspetti legali e burocratici di ordine organizzativo che spesso portano i genitori o chi si prende cura dei fragili ad arrendersi e non usufruire di quei servizi. Le persone anziane rappresentano e rappresenteranno sempre più una risorsa per le nostre comunità. In tal senso l’età non dovrebbe mai vista come aspetto di discriminazione. L’UE deve garantire la promozione di percorsi partecipativi, di apprendimento permanente, di accesso ai servizi e beni essenziali e fondamentali come i servizi sanitari e di assistenza (senza trascurare, cibo, alloggio, trasporti pubblici, servizi digitali). Importante sono la valorizzazione delle esperienze di vita e lavorative attraverso la promozione di scambi e solidarietà intergenerazionale così come programmi di protezione da abusi e violenza compresi gli abusi finanziari. Sosteniamo misure di protezione delle pensioni che mantengano il potere di acquisto e, comunque, un reddito minimo garantito.
Sulle politiche energetiche e climatiche nella passata legislatura europea è avvenuta una straordinaria accelerazione verso gli obiettivi di impiego di energie rinnovabile ed efficienza energetica. Tuttavia nell’ultimo periodo c’è stata una tendenza a ridimensionarle. Dobbiamo assolutamente invertire questa rotta. Il cambiamento climatico si affronta con un mix di misure di “mitigazione” (decarbonizzazione, riduzione emissioni GHG) e “adattamento” (costruzione della resilienza agli effetti del cambiamento climatico).
Una misura emergenziale importante, che permetterebbe di calmierare i prezzi dell’energia, è un intervento straordinario sugli extraprofitti realizzati dalle compagnie energetiche che, in questo periodo e date le circostanze straordinarie in cui ci troviamo, hanno goduto di un’impennata degli utili conseguiti in tutta Europa. Questa imposizione andrebbe a sostenere le risorse proprie dell’UE e supportare i nuclei familiari e le imprese più vulnerabili dagli shock energetici. È necessario un utilizzo esteso di un meccanismo di crediti fiscali europei (collegati a politiche fiscali comuni UE) al fine di sostenere famiglie, PMI negli investimenti necessari alla produzione di energia rinnovabile e stoccaggio, elettrificazione dei consumi e della mobilità, stoccaggio energetico, remunerazione dei servizi di flessibilità, efficientamento energetico degli edifici.
Nell’aprile 2023 il Parlamento europeo ha dato il via libero definitivo al Fondo sociale per il clima. Esso verrà istituito nel 2026 con l’obiettivo di garantire una transizione energetica equa e socialmente inclusiva. Per questa ragione proponiamo di trasformare il Fondo sociale per il clima in un potente strumento per una rivoluzione europea verso la sostenibilità. Il Fondo deve essere permanente e in grado di emettere nuovi bond a scadenza dei vecchi titoli.
Dobbiamo rendere l’energia pulita accessibile per tutti i cittadini e le imprese europee proponiamo la creazione di un’Agenzia europea delle reti elettriche, che agirà da operatore europeo di rete e permetterà di costruire un ‘ponte energetico’ in tutta l’Unione.
Tutto questo permetterà di distribuire l’energia rinnovabile in modo efficiente, trasferendola
dal luogo in cui è prodotta al luogo in cui è più necessaria, riducendo i costi dell’energia per le famiglie e le imprese. L’Italia deve diventare l’hub europeo di energia prodotta da fonti rinnovabili e a impatto climatico nullo.
Come pensate di ridurre la precarietà del lavoro e aumentare le protezioni sociali?
Dopo la pandemia l’occupazione è cresciuta significativamente, raggiungendo valori eccezionalmente elevati. Tuttavia, la qualità dell’occupazione non è migliorata, anzi risulta ancora largamente insoddisfacente: negli ultimi anni sono aumentati la precarietà e diminuita l’intensità lavorativa. L’estensione della precarietà lavorativa alimenta inoltre la precarietà esistenziale e questo, oltre a produrre una crescita fragile e illusoria, contribuisce a creare cittadini infelici che non riescono a immaginare un futuro. Dobbiamo invertire rotta partendo dal cosiddetto “lavoro buono”.
Prendendo spunto dall’esperienza del Decreto Dignità in Italia, poi replicata in Spagna nel 2023, proponiamo misure finalizzate a ridurre il ricorso a forme di lavoro precario, così da favorire la trasformazione dei contratti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. In tal modo, si eliminerebbe la pratica del rinnovo continuo dei contratti temporanei e si andrebbe a generare un circolo virtuoso nel sistema economico, favorendo continuità lavorativa, stabilizzazione dei redditi e maggiore produttività. Lo si può fare senza ostacolare la necessità di flessibilità che hanno le imprese. L’Unione europea deve impegnarsi nel garantire degli standard minimi per i contratti di lavoro attraverso una “direttiva dignità” che contenga la necessità di una causale per stipulare un contratto a tempo determinato e un limite più basso alla durata e ai rinnovi di tali contratti, affinché ad essi ci si rivolga nei casi in cui le esigenze della produzione e non dei profitti lo richiedano. Solo così il numero di dipendenti a tempo indeterminato può crescere senza ridurre il ritmo di crescita dell’occupazione totale in tutta Europa.
Garantire la piena attuazione del principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo, affrontando con determinazione il fenomeno del dumping sociale e salariale. Dobbiamo agire con decisione per favorire una crescita salariale che rafforzi il potere d’acquisto e aumenti la produttività in modo uniforme e coordinato tra i vari Paesi europei. Per raggiungere questo obiettivo, proponiamo l’adozione di un salario minimo legale europeo calibrato sulle specifiche condizioni economiche e sociali dei singoli Stati membri. Si tratta di una soglia minima retributiva, fissata per legge, che permetterebbe ai salari di non scendere sotto un determinato livello di adeguatezza. Il salario minimo dovrebbe essere definito attraverso un processo di dialogo costruttivo tra le parti sociali e la contrattazione collettiva nazionale e settoriale. È uno strumento che esiste già nella gran parte dei Paesi europei e perfino negli Stati Uniti.
Per una effettiva parità salariale uomo-donna, l’Unione europea deve fare di più e deve ripensare le politiche adottate finora introducendo misure di rottura con il passato come, per esempio scoraggiando il lavoro part-time involontario, fenomeno che colpisce in particolare le giovani donne. È necessario un profondo rafforzamento dei servizi di sostegno alla genitorialità come gli asili nido, poi servono obblighi di trasparenza aziendali sui contratti di lavoro così da monitorare il rispetto delle pari opportunità. Attraverso programmi specifici l’UE deve sostenere maggiormente l’imprenditorialità femminile e implementare o rafforzare il bilancio di genere e le statistiche di genere, come strumento di valutazione delle politiche pubbliche.
Il numero di cittadini italiani ed europei che non riescono, con i propri mezzi economici, ad accedere a una abitazione, per sé e/o per la propria famiglia, in fitto o in proprietà, aumenta sempre più. Proponiamo di introdurre nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea il principio del diritto alla casa, come diritto fondamentale e inalienabile per i cittadini europei. Chiediamo uno strumento europeo di finanziamento agli Stati membri (sul modello Recovery Fund) con l’obiettivo di soddisfare, entro un periodo di 10-20 anni, l’intero fabbisogno abitativo dei cittadini europei che vivono in condizioni di disagio e/o emergenza abitativa, non in grado economicamente di soddisfare le proprie esigenze abitative sul libero mercato.
Dove si collocheranno i 5 Stelle nei gruppi europei?
I sondaggi sono buoni, i nostri obiettivi sono quelli di portare quanti più europarlamentari possibile, non escludendo che in una certa prospettiva di equilibrio che potrebbe realizzarsi in Europa, possano crescere le forze conservatrici di destra e andare in difficoltà le forze progressiste. Ecco che in quel caso gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle, potrebbero essere decisivi per far partire la nuova Commissione. Questo ci darebbe la possibilità di incidere fortementee far sentire la nostra voce per quell’Europa solidale, quell’Europa verde, per la giustizia sociale e ambientale, quell’Europa che si impegni realmente per un negoziato di pace. Questo lo faremo valere con la nostra determinazione e il nostro coraggio che ci contraddistingue. Questo scenario, già si era realizzato in passato, perché nel 2019 c’è stata la partenza della Commissione von der Leyen, siamo stati determinanti sia nel Consiglio europeo con il Presidente Giuseppe Conte, ma anche al Parlamento europeo, i parlamentari del M5S sono stati fondamentali nella decisione.
Per il gruppo, stiamo valutando il modo migliore per poter incidere e far valere le nostre posizioni politiche. Con i Verdi c’è stata un’interlocuzione, ma non è stata finalizzata quel confronto e valuteremo anche in futuro se quella sarà la collocazione migliore per noi per far valere le nostre posizioni (sappiate comunque che in particolare i Verdi tedeschi sulla guerra hanno una posizione molto rigida e se dovesse permanere questa loro posizione e, quindi, predominante nel gruppo dei Verdi, sicuramente sarebbe un motivo di difficoltà). Tutto sarà quindi valutato a tempo debito, ma il nostro obiettivo resta quello di trovare un posizionamento in quei gruppi che ci consenta di esprimere le nostre posizioni e in ogni caso sarà nella sfera progressista, pacifista ed ecologica sicuramente.
Se venissi eletto, quale sarebbe la tua prima proposta di legge?
Come “costruttore di pace”, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale saranno la bussola della mia azione politica europea. Nel contempo sono convinto che la difesa comune debba essere uno strumento di peacekeeping al servizio delle Nazioni Unite. Sicuramente le prime proposte di legge andrebbero verso la richiesta di una Conferenza di pace da tenersi sotto l’egida delle Nazioni Unite, inoltre all’Europa serve un Commissario per la pace; stop all’invio di armi; richiesta di cessate il fuoco sia in Ucraina che in Palestina (dove ci auspichiamo due Stati indipendenti); sanzioni per chi vende armi in paesi in conflitto. Ritengo inoltre che le politiche energetiche e di decarbonizzazione e resilienza e lo stanziamento di fondi eccezionali a loro sostegno non possono essere trasformate in politiche a sostegno del riarmo, di conseguenza stop immediato allo storno di questi fondi per uso militare.
Ma un’Unione europea che vuole davvero dimostrarsi all’altezza delle sfide attuali deve iniziare il percorso di riforma dei Trattati e rafforzare i suoi processi democratici.
Le proposte dei cittadini inserite nella relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa sono ambiziose e incisive e le sosteniamo in pieno. Sosterrò la sostituzione del voto all’unanimità con il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e l’attribuzione al Parlamento europeo il diritto di iniziativa legislativa come avviene in tutti i Parlamenti nazionali, oltre che il potere di nominare il Presidente della Commissione europea.
Infine, sostengo l’istituzione di un referendum abrogativo a livello europeo, in modo che i cittadini di almeno un terzo degli Stati membri possano chiedere di abrogare un atto giuridico.
Le sfide future richiedono di assegnare all’Unione europea competenza esclusiva in materia di ambiente e protezione della biodiversità e di aumentare le competenze condivise in materia di sanità, protezione civile, industria, istruzione, energia, diritti dei cittadini, affari esteri, sicurezza esterna e difesa, politica delle frontiere esterne, libertà, sicurezza, giustizia e immigrazione.
Perché un italiano in Lussemburgo dovrebbe votarti?
Oltre alle mie competenze e alla mia esperienza di oltre vent’anni presso la Corte dei Conti europea e al Parlamento europeo propongo i miei ideali e i valori che mi hanno portato fino ad oggi a lavorare all’interno dell’Unione europea. Sono un europeista convinto, ma di un’Europa dei cittadini, dei popoli e credo profondamente nei valori della pace, nel rispetto dei diritti dell’uomo, nello sviluppo sostenibile; credo fermamente in una società internazionale mossa da una coscienza non violenta, nell’unione e nel mutuo rispetto reciproco, nell’educazione ad una pacifica società umana, nella democrazia, nel senso di solidarietà, ospitalità, in una società multiculturale, nell’eguaglianza delle pari opportunità, nella protezione dell’ambiente, in una comunità internazionale formata da genti e cittadini e non solo da Stati. Antifascista e federalista, mi ispiro ai principi espressi da Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene a sostegno della creazione di un’Europa unita e pacifica e di una costituzione europea che sappia porre la persona al centro dell’Europa.
Un eurodeputato italiano che vive da anni all’estero, può rappresentare sia gli italiani residenti in Italia che tutti quegli italiani nel mondo, garantendo un adeguato rapporto di sistema di rappresentanza democratica e facendo finalmente uscire gli italiani all’estero da essere considerati cittadini di seconda classe.
Il ruolo delle comunità italiane all’estero rappresenta una risorsa essenziale per il sistema Italia, un contributo, sempre più rilevante, alla crescita economica, culturale e sociale del nostro Paese: attraverso le rimesse e gli investimenti, il mercato diretto e indiretto di beni e servizi per italiani all’estero, il turismo di ritorno, e sotto forma di quel capitale umano, culturale, scientifico e di innovazione tecnologica che giorno dopo giorno rappresenta il Paese nella quotidianità del lavoro.
Breve biografia
Da oltre vent’anni lavora al Parlamento europeo in qualità di revisore contabile del bilancio europeo. Ha lavorato alla Corte dei Conti dell’Unione europea e presso un comune italiano dove era responsabile del personale. Laureato in Scienze Politiche Relazioni Internazionali, un Master in Diplomazia e Funzioni Internazionali, si definisce un cittadino prestato alla politica; è antifascista, federalista, progressista, europeista. Sposato, padre di due ragazzi e amico di un cane, vive nel Granducato di Lussemburgo.
(Intervista a cura di Paola Cairo)
Contatti: Andrea Bardin (fb) – https://linktr.ee/andreabardin