Insegnante e scrittore, sarà ospite (da remoto) della sezione ANPI Lussemburgo in occasione della Festa della Liberazione prevista sabato 27 aprile (dalle ore 17.30 alle 22) all’Altrimenti. Intervistiamo Ivan Sciapeconi, autore del romanzo “40 cappotti e un bottone” (Piemme, 2022) tradotto in dieci paesi tra i quali la Francia, la Germania e la Spagna

Una domanda all’insegnante: come la scuola italiana trasmette i valori della Resistenza ai più piccoli?

È di questi giorni la notizia di un professore delle medie che ha distribuito lo spartito di Faccetta Nera ai suoi alunni. Si è giustificato dicendo che in passato aveva già fatto cantare Bella Ciao e ha lasciato intendere una sorta di equidistanza tra le due canzoni, tra fascisti e partigiani. È una tendenza purtroppo sempre più presente in Italia. Nella scuola primaria, il mio ordine di scuola, il tema della Resistenza è lasciata alla sensibilità dei singoli docenti: è scomparsa dal curricolo di Storia, che si ferma alla caduta dell’Impero romano, e anche dai libri di testo di Italiano. Anche la nostra è una forma di Resistenza.

Considerando il basso tasso di lettura del nostro Paese, quanto i libri in generale e la narrativa in particolare aiutano la formazione e lo sviluppo della conoscenza e della coscienza critica?

La buona notizia è che giovani e giovanissimi sono lettori forti, molto più degli adulti e quindi abbiamo buoni motivi per essere fiduciosi.

Per venire al rapporto tra lettura e formazione, il nostro cervello ha una base sostanzialmente narrativa: da sempre le storie ci impongono di crescere e ci fanno evolvere. Questo pone agli scrittori e alle scrittrici più di un dilemma etico. La scelta dei temi, per esempio, del punto di vista, ma anche delle singole parole… Una volta, un amico scrittore mi ha detto: “Con i miei libri non voglio insegnare nulla, voglio solo che i lettori si divertano.” A mio avviso è un errore: anche non voler insegnare nulla contribuisce a formare un gusto e una tendenza. Magari al disimpegno.

3 aggettivi per descrivere il tuo primo romanzo e invogliare il nostro pubblico a leggere “40 cappotti  e un bottone”.

Vero: perché è una storia realmente accaduta, nel periodo della Shoah.

Luminoso: perché è una storia di speranza.

Attuale: perché è una storia che fa riflettere e chiama all’impegno individuale.

Ci racconti brevemente com’è nato? E dove è arrivato?

Ho deciso di scrivere questo libro dopo che un uomo, Luca Traini, ha preso la pistola e ha sparato ai passanti di origine extracomunitaria nella mia città di nascita, Macerata. Ho capito che era arrivato il momento di fare qualcosa e così ho raccontato una storia realmente accaduta nel 1942 in provincia di Modena: un paese intero che sfida il nazifascismo e salva più di settanta ragazzi e ragazze. È un passato che oggi ci dobbiamo meritare e che non riguarda solo l’Italia: il libro è stato tradotto in dieci paesi tra i quali la Francia, la Germania e la Spagna.

Anche il tuo secondo romanzo “Il nome che diamo ai colori” (Piemme, 2023) si ispira a storie vere con protagonisti gli adolescenti. Al di là del tuo ruolo da insegnante perché questa scelta?

Sono storie in cui le persone fanno la differenza. Storie vere, di accoglienza, in cui qualcuno ha deciso di non agire come gli altri, ma di rappresentare il classico “granello di sabbia” nel grande ingranaggio del sistema. Viviamo un periodo in cui questi insegnamenti potrebbero tornare utili.

In un’Italia che vira sempre più a destra, la scuola può essere un baluardo dei valori della nostra Costituzione?

La scuola è rimasta l’ultima comunità reale in un mondo ormai quasi esclusivamente virtuale. I valori fondamentali che sono alla base della Costituzione (lo stare insieme, la cultura, la crescita, la partecipazione…) sono anche valori e pratiche della scuola. Questo, però, non deve farci abbassare la guardia perché ci sono evidenti segnali di cambiamento sia nella società, sia nella scuola. Un esempio per tutti: la scuola e la Costituzione hanno alla base un’idea sostanziale di inclusione. Ebbene, alcuni annunci recenti vanno nella direzione esattamente opposta, basti pensare all’idea di costruire classi speciali per gli alunni stranieri.

Paola Cairo

Qui il programma della Festa del 25 aprile:

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