Prima dell’arrivo degli italiani nel XIX secolo, questa porzione dl Corno d’Africa affacciata sul Mar Rosso oggi inserita fra Sudan, Etiopia e Gibuti semplicemente non esisteva storicamente
Certo il territorio eritreo, con l’altipiano dell’Asmara, lembo più settentrionale dell’Acrocoro Etiopico degradante lentamente verso una piana costiera arricchita dall’arcipelago delle isole Dahlak, aveva formato l’estremo lembo nord occidentale del regno di Axum fra il I e il VII secolo.
In seguito, aveva conosciuto l’influenza dei regni salomonici etiopi nel XIII secolo nati per influenza del patriarcato di Alessandria d’Egitto e dal XVI secolo, dopo il ripiegamento del re cristiano di Gondar intorno al lago Tana, il dominio ottomano con il nome di provincia degli Habesh – da cui l’uso del termine italiano Abissinia- che controllava i porti di Massua e di Souakin (Sudan). La parte meridionale degli antichi territori del regno di Gondar e dei sultanati musulmani nati nella regione a partire da quello di Barr Sa’ad ad-Dîn vedono l’insediamento di una popolazione non monoteista, gli Oromo, che progressivamente si fonda con la popolazione locale cristiana o musulmana. Con il declino dell’importanza di Gondar nascerà poi il regno cristiano copto di Etiopia con Menelik II. Questo è il quadro storico in cui l’armatore genovese Raffaele Rubattino noto per aver fornito a Garibaldi i due piroscafi dell’impresa dei Mille (si veda l’articolo su Gibuti in questa RUBRICA) acquista dagli Ottomani nel 1869-70 la baia di Assab per farne una base nevralgica nei commerci con l’Asia, che il governo italiano acquisisce nel 1882.
L’incremento dell’espansione coloniale italiana successiva è poi abbastanza casuale, frutto delle difficoltà incontrate dall’esercito anglo-egiziano che aveva occupato il Sudan proprio nel 1882. Qui vi aveva incontrato la rivolta mahdista scoppiata nel Sudan dopo che Muhammad Ahmad, un asceta musulmano, autodefinitosi Mahdi, inviato di Allah, nel 1881 aveva proclamato il jihad contro il governatorato ottomano che nel 1819 aveva occupato il Sudan del Nord, sollevando il malumore e l’opposizione della popolazione locale. Il jihadismo locale organizzato dal mahdi dal suo santuario del Kordofan aveva marcato una serie di iniziali successi contro le truppe anglo-egiziane a Fascioda e al-Ubayyid sino alla conquista di Khartum nel 1885, contro le truppe inglesi di Charles Gordon Pascià, che si puo’ considerare con il massacro del Khyber Pass in Afghanistan una delle pagine piu’ nere e quindi meno note delle vicende coloniali britanniche. Solo anni dopo l’impero britannico riuscirà a conquistare il Sudan procedendo nel suo obiettivo del controllo dell’Africa secondo l’asse verticale Sud-Africa-Egitto ((“dal Capo al Cairo”) lungo la fondamentale valle del Nilo che finirà per scontrarsi con l’asse orizzonale del colonialismo francese che dall’Atlantico attraverso il Sahel sino al Ciad tendeva al Mar Rosso (Gibuti).
Ne nascerà l’ “incidente di Fascioda”(Kodok), replica nel 1989 dell’incidente dei missili di Cuba del 1962 che quasi provocherà a partire dal Sudan la prima guerra post-napoleonica anglo-francese, con il capitano francese Marchand nel ruolo prudente di Nikita Kruscev di fronte ai reparti inglesi di Lord Kichener. Ma, ritornando all’Eritrea, gli inglesi negli anni ’80 del XIX secolo stentano a domare la ribellione dei mahdisti sudanesi e per questo chiedono l’aiuto dell’Italia che ne ottiene in cambio nel 1885 Massaua che, occupata dal Tenente Saletta, diventa terriorio italiano.
Ma la conquista della nuova colonia fu tutt’altro che facile. Le sconfitte di Dogali (1887) e quella successiva di Adua (1896) che mise fine – provvisoriamente – all’espansione italiana verso l’Etiopia sono in tutti i libri di scuola. Dopo l’occupazione del forte di Saati, ormai sotto controllo etiope, l’opposizione del Negus Giovanni IV è fortissima. Le truppe di ras Alula decimeranno a Dogali nel 1887 la colonna De Cristoforis mandata da Massua in aiuto del contingente italiano a Saati. Si salverà solo un romagnolo, Luigi Zoli. Solo il ritiro del Negus permetterà la successiva avanzata su Asmara.
Il trattato di Uccialli firmato fra il nuovo Negus Menelik II e il conte Ugo Antonelli, plenipotenziario italiano, il 2 maggio 1889. consente all’Italia di prendere il controllo definitivo dell’Eritrea secondo il nome che gli assegnava il Regno decreto del 1890 che costituiva la prima colonia italiana, con capitale Asmara. Ne fu primo governatore civile Ferdinando Martini. Ne seguirà una vicenda coloniale che ne farà dopo la conquista dell’Etiopia una terra di secondo piano rispetto al comando di Addis Abeba dove dominerà per anni la figura del maresciallo Graziani, il c.d. “macellaio” del Fezzan, dopo il ruolo avuto anche con le deportazioni di massa delle popolazioni cirenaiche nella vittoria coloniale sugli attacchi delle mehalla libiche inquadrate dalla confraternita sunnita Sanûsiyyah.
L’Eritrea dopo essere stata colonia italiana passa al protettorato della Gran Bretagna (1942-1952), viene dichiarata nel 1952 “unità autonoma” federata con l’Etiopia per poi essere annessa nel 1962 dall’Etiopia. La decisione etiope ha determinato l’inizio di una lunga guerra di liberazione nazionale dal dominio etiope, conclusa nel 1991 con il raggiungimento della indipendenza. Prevalendo su altri gruppi, il principale partito della resistenza armata, il FRONTE POPOLARE ERITREO DI LIBERAZIONE ( EPLF) costituito alla metà degli anni ’70 e guidato da Isaias Afewerki, sostenuto dagli Stati Uniti in funzione di opposizione alla Etiopia filosovietica del col. Mengistu Haile Mariam, consolidò il suo potere all’interno del paese. Divenuta indipendente con il referendum del 1993, l’Eritrea, sebbene si fosse dotata di una Costituzione e di istituzioni formalmente democratiche divenne presto un sistema monopartitico (il partito unico discendente dall’EPLF è oggi il Partito del Popolo per la Democrazia e la Giustizia) di tipo dittatoriale, in cui il potere si è concentrato da quasi trent’anni nelle mani di Afewerki, e di una ristretta cerchia politico-militare.
Si tratta quindi di una repubblica autocratica. Il presidente e capo del Governo, Isaias Afeworki è in carica dal 24 maggio 1993. La Costituzione del 1997 che prevede una repubblica parlamantare dotata di una assemblea nazionale è rimasta inattuata. Tutti i poteri, compreso il giudiziario, sono concentrati nelle mani del presidente.
Nel paese che conta una popolazione stimata di 3.620.312 ab. (2021) è stato di recente introdotto un servizio di leva militare permanente che ha determinato la fuga dal paese di migliaia di giovani. Nelle classifiche di sviluppo umano del PNUD il paese figura nelle ultime posizioni, fra i paesi a basso sviluppo umano: 176° su 191 paesi, con un indice HDI di 0,492 in regressione rispetto allo 0,502 raggiunto nel 2014. Il Paese è membro di COMESA,ONU,UA. Grande circa un terzo dell’Italia (121.100 km2, com una densità di 29,8 ab.km2) l’Eritrea confina a SE con Gibuti, a S con l’Etiopia, a O e NO con il Sudan, e si affaccia a NE e a Est sul Mar Rosso. Il territorio, su cui corrono tre fiumi principali (Barjka, Mareb e Tacazzè) comprende la pianura costiera con alle spalle l’altopiano della Asmara e il lembo più settentrionale dell’Acrocoro Etiopico. Il clima, temperato all’interno, caldissimo sulla costa subisce la maledizione delle piogge, la grave variazione climatica che interessa da decenni tutto il Corno d’Africa con una riduzione progressiva dei periodi di precipitazioni. Questo incide terribilmente sulla produzione agricola eritrea, sopratto rivolta verso l’autoconsumo di cereali, patate e legumi e l’allevamento ovino, caprino e dei cammelli. Il deficit alimentare sempre piu’ aggravato dalle ininterrotte siccità viene coperto dall’aiuto internazionale. Nel paese si pratica largamente la pesca, con dei centri di lavorazione concentrati a Assab e Massaua. Ma anche, come in Mali e nella Repubblica Centro-africana, sono presenti dei giacimenti auriferi. L’Eritrea produce anche argento, rame, zinco, potassa. Sono anche sfruttate delle saline a Assab e Massaua. Oltre alle attività agricola e della pesca che formano la base del sostentamento del 62% della popolazione, l’Eritrea possiede una limitata attività industriale (settori petrolchimico, meccanico, del cemento, tessile, conciario, carta e tabacco) in cui è attivo un altro 8,4 % della popolazione. La restante attività dei servizi è stimolata dalla presenza dal 2008 di una zona franca nel porto di Massaua.
A seguito della firma avvenuta nel 2018 di un trattato di pace con l’Etiopia, l’ONU ha abolito le sanzioni internazionali che erano state imposte al paese 10 anni prima. Questa positiva iniziativa, dovuta agli Stati Uniti ma anche all’Arabia saudita e agli Emirati Arabi Uniti, ha permesso di modificare l’apprezzamento internazionale di un paese sempre criticato per il ricorso a detenzioni arbitrarie, scomparsa di oppositori, restrizione generale delle libertà. Ma da allora il solo elemento che sembra cambiato nel paese per le popolazioni è la disponibilità di prodotti etiopici sui mercati locali. Niente per il resto risulta cambiato, né nel carattere autocratico della presidenza, né nell’imposizione di una leva militare di durata indeterminata. L’UNHCR (Alto Commissariato per i Rifugiati delle NU) ha registrato l’arrivo nei campi etiopici di 14.000 rifugiati eritrei solo nelle sette settimane che hanno seguito l’apertura delle frontiere con l’Etiopia. E il movimento di esodo è continuato sino ad oggi. Del resto la nazionalità eritrea figura fra le nazionalità più frequentemente registrate negli arrivi di immigrati in Italia. Le altre aree principali di origine sono Nigeria, Senegal, Gambia, Afghanistan/Pakistan, Bangladesh, è più recentemente l’Ucraina.
Carlo degli Abbati
Encadré
L’Eritrea, a differenza della Somalia, figura nelle statistiche elaborate dal PNUD, ma occupandovi stabilmente uno degli ultimi posti della categoria dei paesi a basso sviluppo umano (LHDI). La sua posizione è il 176° posto sui 191 paesi censiti dal PNUD con l’indice di 0,492, in regressione rispetto all’indice di 0,502 segnato nel 2014. La sua popolazione di 3.620.312 ab. su 121.100 km2, attiva soprattutto nelle attività primarie, dalla bassa densità (inferiore a 30 ab./km2), produce un PIL di 2,27 Miliardi di USD e un PIL pro-capite annuo di 1728, 74 USD ( in PPP 2017), che in effettivo annuo – anche se pari a cinque volte quello somalo – è di soli 631 USD, poco piu’ di 50 USD/mese. La popolazione eritrea è formata da vari gruppi etnici: Tigrini 55%, Tigré 30%, Saho 4%, Bilen 2%, Kunama 2%, Rashaida 2%, a maggioranza di religione copta. La popolazione dalla ridotta concentrazione urbana (solo il 22,6%) presenta una speranza di vita alla nascita di 66,5 anni (68,6 anni D, 64,3 U), una fecondità di 3,9 (2020), una mortalità infantile di 29,7 per mille, una mortalità materna di 480 casi su 100.000 nascite. La scolarità attesa è di 8,06 anni (D 7,49 U 8,61), quella effettiva di 4,88 anni, senza che siano forniti dati di scolarità disaggregati per genere. Il paese del resto non fornisce alcun indice di genere, né nella forma di Gender Development Index (GDI), né nella forma di GII (Gender Inequality Index). Si possiedono sul paese altri dati poco aggiornati sulla situazione economico-sociale che forniamo comunque per completezza informativa. La popolazione sarebbe per oltre il 75% in situazione di povertà (sotto 3,1 USD/g.) con un tasso di analfabetismo del 23,4% (2018). La spesa pubblica per l’istruzione è stata del 2% nel 2006, quella per la sanità dello 0,8 nel 2019, l’accesso all’acqua potabile del 51,8% (2016), l’inflazione: 4,5% (2021), l’Import-export in % PIL: 37,5% (2017), la percentuale pop. attiva: 76,2 % ( 2017) ; l’indice di Corruzione percepita (PCI) per il 2022 è di 22,162° posto su 180 paesi secondo le statistiche elaborate da Transparency International (2022). La disponibilità calorie ab/g. : 1.730 (2011-13); il consumo energia el. /hb. : 87 KWh (2019); i telefoni cellulari ogni 1000 ab.: 508 (2020); gli utenti Internet: 13 ogni 1000 ab.(2017); il tasso di omicidi: 8 ogni 100.000 ab.(2017); i casi di malaria registrati nel 2020: 75.756. Quanto ai dati finanziari risalgono al 2016. Bilancio (2016) : entrate 11.686, 6 Mil spese 23.204,1 Mil Nafka (1 USD = 15,0002 Nafka), ca. 1,5 Miliardi USD; deficit 98 % ; in % del PIL: -14,3% (2016) Debito estero: 789 Mil. USD (2020); Aiuti dall’estero: 61 Mil. USD (2020) (2,9 % PIL) (2020)
Bibliografia consigliata
- Angelo DEL BOCA, La nostra Africa. Nel ricordo di cinquanta italiani che l’hanno percorsa, esplorata, amata, Neri Pozza, Vicenza, 2003
- Nicholas LUCCHETTI, Italiani d’Eritrea. Una storia politica (1941-1951), Aracne, Roma , 2012
- Raffaele BARBA, Il mercante arabo: complotti e omicidi segereti nella colonia Eritrea, ed.ind, 2022
- Alessandro PELLEGATTA, Eritrea. Fine e rinascita di un sogno africano, Salento Books, 2017
*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani presso il Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.