La nostra collaboratrice Valentina Ersilia Matrascìa ha percorso per noi una delle tratte romane della Staffetta voluta dal giornalista Michele Santoro che ha chiamato a raccolta il “popolo della pace“. Il suo racconto

In questa domenica in cui maggio ha ritrovato il sole e s’è improvvisamente ricordato d’essere un mese di quasi estate e nel centro di Roma, ovviamente, c’è un po’ tutto il mondo (tra i turisti, l’Angelus e la maratona) li trovi lì, davanti ad un bar in cerca di uno spicchio d’ombra, come i celeberrimi “quattro amici al bar”. Bandiera della pace e vignetta di Vauro disegnata per l’occasione alla mano, eccoli Fiorella Mannoia, Moni Ovadia,  Raniero La Valle, Donatella di Cesare, Massimiliano Smeriglio, Fausto Bertinotti e Massimo Wertmüller. Alla spicciolata arrivano altre persone, altre ancora si aggiungeranno lungo il percorso.

Alle 12 in punto si parte da Borgo Pio.  La Staffetta dell’umanità per la pace, che si dirama in otto tragitti che coprono complessivamente 4.000 km e idealmente tutta l’Italia, è in movimento. A chiamare a raccolta il “popolo della pace” è Michele Santoro con un «appello a chi è contrario all’invio di armi in Ucraina per dar vita a una staffetta dell’umanità da Aosta a Lampedusa per camminare insieme, unire l’Italia contro la guerra, per riaccendere la speranza». In poche settimane la macchina organizzativa – nonostante gli inevitabili intoppi tecnici, non ultimo il numero WhatsApp per la raccolta delle adesioni che va in tilt a poche ore dalla staffetta per l’eccesso di contatti – riesce a mettere in piedi il lungo filo rosso che simbolicamente, dalla Valle d’Aosta a Lampedusa, ha unito l’Italia nel nome della pace che copre l’intera penisola e oltre 200 tappe. Tra i primi firmatari troviamo i nomi di Carlo Rovelli, Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Elio Germano e Giuseppe Conte.

La camminata verso la nostra meta (Castel Sant’Angelo) è piacevole seppur intervallata da richieste di interviste, slalom tra le auto e i tavolini all’aperto dei bar. Non mancano i curiosi che si interrogano alla vista di questa “brigata” sui generis con le bandiere arcobaleno e non pochi volti noti. Ci siamo anche noi tra i gruppi di persone che contemporaneamente percorrono il proprio tratto di strada coprendo simbolicamente tutta Italia in nome del no alle armi.  Michele Santoro ha scelto di coprire la tappa più a sud, quella di Lampedusa, perché «a Lampedusa o si fa l’Europa o si muore», spiega in diretta. «Oggi qui soffia il vento. In realtà, però, oggi il vento soffia in tutta Italia, da Aosta fino a qui», aggiunge riferendosi al vento di pace che sembra spirare nelle tante piazze e strade di Italia coinvolte e che fa sventolare le tante bandiere arcobaleno.

Fiorella Mannoia

Un simbolo che negli ultimi tempi causa non poche polemiche come ricorda Fiorella Mannoia. «Eppure questa bandiera l’ho sventolata, anche dai miei palchi, in questi anni tante e tante volte e non ha mai suscitato tanta discordia come adesso. Non capisco perché “PACE” sia diventata quasi una parolaccia e questa bandiera venga tanto invisa in questo nostro Paese. Essere “per la pace” vuol dire essere pro-Putin o filorussi? Che stanchezza dover rispondere sempre alle stesse accuse!», commenta la cantante. «C’è un aggressore e un aggredito, siamo con l’Ucraina e contro chi l’ha invasa. Questo – aggiunge –  è indubbio. La mia domanda, però, è “come se ne esce e dove vogliamo arrivare continuando a mandare armi?”. Ci deve essere un punto di arrivo. Vogliamo che l’Ucraina vinca? Certo, tutti lo vorremmo ma come si fa? Qualcuno ci dovrà dire qual è il punto di arrivo. Questa guerra rischia di durare 10 anni continuando così, distruggendo quel poco che è rimasto in piedi di quel povero Paese  continuando a fare vittime innocenti. Noi oggi stiamo manifestando per chiedere “come se ne esce?”». 

Dello stesso avviso anche la filosofa Donatella Di Cesare. «Per me, la bandiera della pace ha il significato di non schierarsi e non accettare di schierarsi da una parte o dall’altra. Sappiamo benissimo come sono andate le cose e sappiamo che c’è un aggressore e un aggredito ma pensiamo che sia arrivato il momento per l’Europa di avere un ruolo politico importante. Non si può andare avanti in quella che è in tutti gli effetti una carneficina in un contesto pericolosissimo di guerra nucleare. Vogliamo che l’Italia giochi un ruolo importante perché qui c’è un forte movimento pacifista e un senso diffuso nella popolazione», spiega. «Non possiamo più accettare – continua – una politica di morte. Non possiamo accettare che i conflitti tra i popoli europei si risolvano attraverso la guerra. Pretendiamo una politica che sia in grado di negoziare e mediare. Questa è la nostra richiesta e il motivo per cui siamo qui». 

Una presenza necessaria, insomma. Tra chi si è messa in marcia per le strade di Roma oggi c’è anche Silvia, un’insegnante che con i suoi ragazzi porta avanti un progetto su Pasolini perché imparino a porsi delle domande. «Ho voluto esserci perché non c’era e non c’è alternativa possibile che aderire per far fermare questa guerra, mettersi a un tavolo e trovare una soluzione a questo conflitto. Ma bisogna farlo subito. La mia presenza qui oggi è una testimonianza». Una testimonianza che non conosce confini anagrafici. Cristiana, ad esempio, è scesa in piazza con la figlia 23enne che confessa imbarazzata: «non sono una fan delle manifestazioni ma forse è arrivato il momento storico giusto per farlo, per manifestare per la pace». «Ci sembrava doveroso e necessario esserci. La nostra è una manifestazione contro la guerra, un argomento che forse anche mediaticamente  è gestito male. Le informazioni che ci arrivano sono incomplete e circoscritte ad aspetti specifici e fanno perdere di vista il significato reale di pace che è quello di mettersi in qualunque caso contro la guerra, che è la cosa più semplice», le fa eco la mamma che la guarda orgogliosa.

All’arrivo sotto Castel Sant’Angelo ci sono altre bandiere della pace sventolanti ad accoglierci. Tra gli altri anche il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio.

Raniero La Valle e Marco Travaglio

«Oggi qui si fa di più che parlare di pace. Ne parliamo tutti i giorni, qui ci sono persone fisiche che escono di casa per manifestare. Quindi è qualcosa di più che parlarne. Spero che siano tanti ovunque come siamo tanti qui, perché questo segnale cominci a far riflettere non solo chi governa ma anche chi dovrebbe fare opposizione», commenta. Le critiche non mancano, al governo come all’opposizione. «È semplicemente incredibile che il cambio di segreteria nel Partito democratico non abbia prodotto un cambio di politica su questo che è la richiesta che sale non solo dalla sinistra perché la pace non è esclusiva della sinistra. Ci sono a destra, esattamente come a sinistra, moltissimi e fortissimi dubbi su questa politica bellicista. Mi auguro che queste manifestazioni facciano capire ad Elly Schlein  di tornare a fare e ad essere Elly Schlein. Se fosse Draghi o Letta non ci meraviglieremmo ma lei ha sempre detto il contrario di quello che sta facendo. Se oggi le opposizioni fossero unite creerebbero enormi contraddizioni dentro il centrodestra dato che dentro Lega e Forza Italia c’è chi morde il freno su questa adesione acritica verso l’opzione militare, senza alcuna prospettiva e alternativa».

Carenze che nell’opposizione nota anche Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione comunista. «Alla sinistra – spiega – manca la visione della pace. C’è il tempo del raccolto e il tempo della semina. Noi abbiamo vissuto il tempo del raccolto ma quel tempo è finito. Non è finita però la battaglia per la pace che è anzi ancora più necessaria e comincia dalla semina. Le manifestazioni come quella di oggi che cammina in vari parti di Italia per piccoli gruppi, persone e comunità che dicono “io ci sono” servono a segnalare il tempo della semina». Le bandiere della pace continuano a sventolare e ad incuriosire quanti e quante – turisti compresi – passeggiano sotto il celebre monumento capitolino.

Moni Ovadia sorride guardandosi intorno e abbracciando quanti e quante lo fermano per un saluto, una stretta di mano o una foto. «Sono particolarmente felice in questa giornata.  Credo che questa iniziativa abbia un grande valore simbolico e pratico. È ora di tornare a mobilitarsi per quelli che sono i veri grandi valori. La pace è uno dei pochi valori assoluti a cui l’uomo può accedere».

Moni Ovadia

Ne è convinto anche l’europarlamentare Massimiliano Smeriglio che ricorda la necessità di «un’agenda di pace europea pronta ad essere messa in campo anche in un momento di guerra perché la pace si fa tra nemici».  «La cosa strana e che ancora colpisce e che l’invio delle armi venga considerata una politica di pace. La storia avrebbe dovuto insegnarci, invece, che la diplomazia andrebbe usata prima e non dopo morti e martiri inutili perché altrimenti va a finire con un tavolo di trattative soltanto rimandato», concorda l’attore Massimo Wertmüller. 

Foto e testo Valentina Ersilia Matrascìa

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