Negli Anni Sessanta del secolo scorso il Libano era definito “La Svizzera del Medio-Oriente”. Pochi giorni fa, sessant’anni dopo, alcuni cittadini libanesi esasperati hanno dato fuoco alle sedi di alcune banche nel centro di Beirut, frustrati dal non poter recuperare i loro depositi
Cosa è successo in questi sessanta anni in Libano e incidentalmente in tutto il Vicino Oriente? Il Libano attribuito alla Francia dal mandato franco-britannico del 1920, dopo la conclusione della prima guerra mondiale, aveva già ottenuto dalla Francia l’indipendenza il 26 novembre 1941, agli inizi della seconda guerra mondiale. Scoppiata qualche anno dopo, nel 1948, la prima guerra arabo-israeliana, quella che per gli israeliani è una guerra di indipendenza, ma per i palestinesi è la “catastrofe” la “nakba”, aveva da paese confinante con Israele dovuto fare di Tiro all’estremo sud una zona limitata, ma era uscito quasi indenne da questo primo confronto. Una prima guerra civile si era invece manifestata nel 1958, opponendo cristiani filoccidentali a musulmani filoegiziani. Sedatosi anche questo confronto, il paese dall’inizio degli anni ’60 si era invece affermato come hub mediorientale dei servizi, come secolare punto di transito dei commerci fra occidente e oriente nella più pura tradizione fenicia. Allora Beirut vedeva sfilare nei grandi alberghi della costa Ovest, il Phoenicia e il St Georges nella baia omonima tutto il bel mondo orientale e internazionale. Vi soggiornavano allora anche discussi imprenditori italiani inseguiti dal fisco. Ancora oggi due terzi dei libanesi sono impiegati in attività di servizi. Al tempo stesso questo paese doveva però gestire un difficile equilibrio interno fra comunità diverse. Quando il Paese era stato islamizzato a partire dal VII secolo e dall’Hijâz erano arrivati i conquistatori arabi a dorso dei dromedari, era stato abbastanza facile per le comunità religiose libanesi che non volevano essere islamizzate rifugiarsi sulle catene montuose del Libano e dell’Antilibano. A differenza dei cammelli della Bactriana, i dromedari arabi erano incapaci di scalare le vette, di inerpicarsi. Erano passisti di pianura, come Fiorenzo Magni o Rik Van Looy. Così, molte comunità religiose hanno potuto sopravvivere nel mosaico libanese. Ma la coesistenza fra le comunità doveva trovare anche una espressione politica e, nel 1926, durante il mandato franco-britannico la Francia aveva immaginato per il paese una Costituzione ad hoc, poi più volta rivista.
Questa costituzione attribuiva alla maggioranza cristiana di rito maronita la presidenza della Repubblica, con mandato di sei anni, mentre la minoranza sunnita riceveva l’attribuzione della presidenza del Consiglio. Inoltre, un’assemblea legislativa di 128 membri eletta per 4 anni appresentava tutte le comunità religiose, divisa perfettamente in due fra la metà musulmana (sunniti, sciiti, ma anche drusi e alawiti) e la metà cristiana (maroniti, greci ortodossi e cattolici, armeni ortodossi e cattolici, protestanti) . Alla minoranza sciita era attribuita la presidenza dell’Assemblea. Ma questo difficile equilibrio fra comunità doveva essere presto perturbato dalla mobilità demografica di certe comunità. In particolare quella degli sciiti. Riuniti intorno al partito Amal di cui era leader storico Nabi Berri, gli sciiti libanesi hanno conosciuto una rapida crescita demografica che li ha progressivamente portati ad una quasi parità con i musulmani sunniti, questo comportando maggiori rivendicazioni di riconoscimento politico della nuova realtà.
Nel frattempo anche come conseguenza della sconfitta arabo-israeliana nella seconda guerra dei Sei giorni (1967), una seconda guerra civile, ben più grave della prima, scoppiava nel Paese nel 1975. Nel settembre 1970, i rifugiati palestinesi che erano riparati in Giordania dopo i fatti della guerra del 1967 erano stati spinti dai bombardamenti dei campi profughi da parte dell’esercito giordano a rifugiarsi in massa in Libano. Il re Hussein temeva allora che l’arrivo massiccio di rifugiati palestinesi, che si univano ai numerosi superstiti della nakba già presenti nel paese, potesse rendere la Giordania ingovernabile. Il problema dei profughi spostatisi in Libano, durante quello che verrà ricordato come il Settembre Nero, aveva però avuto l’effetto di far precipitare il già difficile equilibrio interno libanese. Questa volta la guerra civile fu segnata anche dalla intrusione di truppe siriane ed israeliane che penetravano nel paese con diverse motivazioni. Israele per consolidare il delicato fronte nord del paese, la Siria sotto il solido controllo del partito baath socialista perché riteneva che il Libano facesse sempre parte integrante della Grande Siria, il Shâm ottomano. Dopo devastanti distruzioni, solo nel 1989 venne raggiunto un compromesso fra le parti in conflitto. Le truppe israeliane evacueranno nel 2000, mantenendo però nel paese una fascia di sicurezza molto più profonda di quella conseguita in precedenza (10 km.). L’anno dopo la Siria sancirà una sorta di “protettorato siriano” sul Paese. Ma nel frattempo un secondo Paese della regione dopo la riuscita rivoluzione del 1979 esercita una forte influenza sul Libano, l’Iran.
La popolazione musulmana sciita che nel frattempo ha raggiunto la quasi parità demografica con la popolazione sunnita (28,4% contro 28,7%) si è costituita a maggioranza intorno ad un partito islamista, lo Hebzbollah dell’emiro Hassan Nasrallah, fortemente sostenuto dall’Iran. Col tempo il partito di Dio da emanazione del khomeinismo come forza paramilitare si è libanizzato in un progetto di resistenza islamica (mujtama’ muqawin) sino a divenire una forza politica regionale internazionalmente alleata della Siria di Assad, imponendosi in Libano come un nuovo Stato nello Stato. Dopo l’attentato e l’uccisione del primo ministro Rafik Hariri nel 2005, conseguenza della forte opposizione fra filo-siriani e anti siriani e il ritiro delle truppe siriane dal paese, la seconda invasione del Libano nel 2006 da parte di Israele troverà proprio nelle milizie di Hebzbollah una inaspettata resistenza. Il conflitto porterà con l’intervento dell’ONU e della missione UNIFIL ad una delimitazione del confine meridionale libanese. Ma nel 2011 con le “primavere arabe” e lo scoppio della guerra civile in Siria, rapidamente convertita in guerra regionale e poi in guerra mondiale dei paesi del Golfo e dell’Occidente contro il blocco Siria-Iran-Russia-Cina, nel vicino Libano la situazione politica diventa ulteriormente precaria.
Sul piano socio-economico, le statistiche del PNUD provano che la situazione del paese è precipitata senza soluzione di continuità sino a livelli attuali proprio dal 2011, anno in cui insieme alla Libia il Libano figurava invece come il paese arabo più prospero del Mediterraneo, Pur mantenendosi ancora nel gruppo dei paesi ad Alto Sviluppo Umano, il Libano attraversa oggi una gravissima crisi economica e finanziaria. Nel paese si sono cumulati gli effetti della pandemia di Covid-19 con la tragica esplosione nel porto di Beirut dell’agosto 2020 che ha fatto centinaia di vittime. Per sintetizzare, svalutazione della lira libanese, che ha perso il 95% del suo valore, inflazione interna del 158% nel 2021, penuria di carburanti, calo drammatico delle riserve. Il governatore della banca centrale, la Banque du Liban le stima a poco più di 15 miliardi USD con delle riserve auree scese a circa altri 15 miliardi USD. Il debito pubblico si eleverà nel 2022 secondo la Banca Mondiale al 272% del PIL che, per fare un paragone, è l’esatto doppio di quello italiano. Mentre il salario medio nel paese è ormai ridotto a 40 USD mensili, la disoccupazione è galoppante e i libanesi cominciano a lasciare il Paese.
Sul piano politico, il Paese si trova dal novembre 2022 anche senza presidente, dopo la fine della carica del gen. cristiano Michel Aoun. Il suo ultimo mandato di sei anni ha lasciato dietro un Paese dai cantieri abbandonati, in cui tutta una serie di importanti riforme, anche volute dagli enti finanziari internazionali come condizione per la concessione di prestiti, non sono mai state realizzate.
In un quadro divenuto drammatico in cui ormai l’80% dei libanesi vive al di sotto della soglia di povertà, la presenza nel paese di 5,6 milioni di abitanti anche di un 1,5 milione di rifugiati siriani comincia ad essere politicamente un problema, con una parte del mondo politico libanese che domanda il loro rinvio in Siria. Dove nel frattempo è arrivato tragicamente non solo il terremoto, ma anche il bombardamento israeliano di vari quartieri di Damasco.
Unico piccolo segnale di speranza in questo quadro drammatico: poco prima della fine del suo mandato Aun ha firmato un accordo di delimitazione della frontiera marittima con Israele che permette al Libano l’inizio delle prospezioni su di un giacimento off-shore finora contestato in Mediterraneo orientale. Questa nuova delimitazione permetterebbe al paese di aderire anche in futuro alla iniziativa del gasdotto EST-MED verso l’Europa. E questo accordo ha visto l’adesione anche del partito sciita Hezbollah, malgrado la sua opposizione ad Israele.
Carlo degli Abbati
Il Libano con 5,6 milioni di ab. su una superficie di appena 10.452 km2, cui si aggiungono 1,5 milioni di rifugiati siriani e 300.000 profughi palestinesi, è uno dei paesi del Mediterraneo a piu’ alta densità abitativa con quasi 535 ab./km2. Ha conosciuto dal 2011 una diminuzione progressiva dell’indice di sviluppo umano -HDI- (0,706 nel 2021 contro 0,771), ma resta fra i paesi ad Alto Sviluppo Umano -HHD- e si colloca al 112° posto sui 191 paesi censiti dal PNUD. Presenta un PIL di 17,52 Miliardi di USD e un PIL pro-capite annuo di 9.525 USD (in PPA 2017) che scende in effettivo a 2.670 USD. Ma in questo caso il valore medio è poco significativo, in quanto si ritiene che l’1% della popolazione libanese possegga oltre la metà della ricchezza nazionale. In realtà dal 2012 non è più calcolato l’indice di Gini in vigore nel Paese. L’attività principale è il settore terziario con il 64% degli attivi, mentre un altro 14% è attivo nel settore primario. La aspettativa di vita alla nascita è in media di 75,04 anni, 72,84 anni per gli uomini e 77,25 per le donne, la fecondità è di 2,1 (2020) e la mortalità infantile, relativamente ridotta, è del 6 per mille. Nella difficile congiuntura conosciuta dal paese il debito estero del Paese è salito nel 2020 a 68,86 Miliardi USD.
Bibliografia consigliata
-Alan Geaam e altri, Un voyage culinaire authentique entre le Liban et la France, Hachette, Parigi, 2022
-Rosita Di Peri, Il Libano contemporaneo. Storia, politica, società, Carocci. Roma, 2017
-Didier Leroy, Le Hezbollah libanais. De la révolution iranienne à la guerre syrienne, l’Harmattan, Parigi, 2015
-Olivier Roy, En quête de l’Orient perdu, Seuil. Parigi, 2017
*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.