Vittima degli appetiti coloniali portoghesi e francesi e di lunghe dittature, il Paese dell’Asia sud orientale – incuneato fra l’India, la Cina, il Laos e la Tailandia – è oggetto dal 2021 di sanzioni internazionali che ne minano l’economia. Nelle mani dei militari e sotto l’influenza della Cina, non riesce ad intraprendere la via della democratizzazione

Sede di antichi insediamenti umani risalenti all’11.000 a.C., la Birmania sarà in una prima fase dominata dall’etnia Môn, che ritroviamo in tutta la penisola indocinese, sino al IX secolo (cultura Dvâravatî), periodo cui si fa risalire anche l’inizio della propagazione nel paese dall’India del buddismo. Sarà poi oggetto della penetrazione birmana, con la fondazione del primo impero khmer nel 1057, intorno alla capitale dai mille templi, Pagan, sulle rive dell’Irrawaddy. L’impero già indebolito dall’eccessivo costo economico della gestione dei templi, non potrà resistere alla invasione mongola del 1287, che comporterà il frazionamento dell’impero. Solo a partire dalla prima metà del XVI secolo, all’epoca del confronto europeo fra Francesi e Spagnoli, si afferma il secondo impero khmer sotto la dinastia Taungû, che durerà due secoli fra il XVI e la metà del XVIII secolo. Sarà in continua lotta con il regno tailandese d’Ayutthaya.

Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

In seguito oggetto degli appetiti coloniali portoghesi e francesi, oltre che di una rivolta interna dei Môn del sud, il secondo impero khmer muore nel 1752 dando luogo al terzo impero khmer della dinastia Konbaung (1752-1885). Questa dinastia che preme sulla Cina della dinastia Qing, la Tailandia del regno di Ayutthaya, ma anche verso l’Assam indiano, entra in contatto con l’espansione britannica. Avanzati sino all’Assam e all’Arunachal Pradesh i Britannici si scontrano nel 1824 con l’impero birmano. Ne conseguono come con l’Afghanistan tre guerre anglo-birmane fra il 1824 e il 1886. Il 1° gennaio 1886 la Regina Vittoria già proclamata nel 1877 Imperatrice delle Indie riceve la Birmania come regalo per il Nuovo Anno. Lord Louis Mountbatten diventerà in seguito primo conte Mountbatten di Birmania. La Birmania attira i Britannici per le sue risorse naturali e perché assicura un utile collegamento con il porto di Singapore. Ma la conquista della Birmania dopo la terza guerra anglo-birmana (1853-1878) e la sua attribuzione alla Corona avviene come un effetto di trascinamento coloniale, la Gran Bretagna essendo ormai prossima con la conquista dell’India alla conclusione della sua fase espansiva. Comunque la Birmania non si dimostra una colonia facile. Non tanto per la sua posizione geografica, di paese incuneato fra l’India, la Cina, il Laos e la Tailandia quanto per la sua composizione multietnica, che ha poi avuto una forte importanza anche nelle complesse vicende politiche attuali. Se le pianure centrali attraversate dai due grandi fiumi, il Salween e l’Irrawaddy, sono abitate dalla maggioranza khmer, le regioni in gran parte collinari e montagnose dell’ovest, del nord e dell’est, sono abitate dagli altri sei “stati” birmani: Chin, Kachin, Karen, Kayah, Môn, Rakhine, Shan (Wa) che cercano di conservano la propria autonomia anche attraverso l’organizzazione di milizie armate. Una attenzione particolare va qui riservata allo stato occidentale di Rakhine (Arakan) abitato dai rohingya, una minoranza musulmana arrivata nel paese al seguito dell’esercito britannico dall’attuale Bangladesh, ex Pakistan Orientale. Dal 2017 i rohingya sono oggetto di una persecuzione assimilabile ad un genocidio da parte dei nazionalisti buddisti, espressione ideologica di un Paese in cui la religione è al 90% il buddismo “del piccolo veicolo”, theravada, branca del buddismo hînayâna, il piccolo veicolo, cioè basato solo sugli apporti più antichi di insegnamento delle “quattro nobili verità” a fondamento di questa religione. Negli altri Stati invece sono state organizzate delle milizie spesso in conflitto con il governo centrale birmano. Alcuni Stati hanno poi costituito delle autentiche zone franche in cui dei generali cinesi dell’esercito nazionalistico sconfitto del Kuomintang si erano ripiegati dopo il 1948 organizzando la produzione e il commercio del papavero da oppio.

A Rohingya refugee woman who crossed the border from Myanmar a day before, carries her daughter and searches for help as they wait to receive permission from the Bangladeshi army to continue their way to the refugee camps, in Palang Khali, Bangladesh October 17, 2017. REUTERS/Jorge Silva

Durante l’epoca della colonizzazione britannica la Birmania, che era parte del Raj britannico e diventa colonia distinta solo nel 1937, vede nel 1934 il passaggio di Georges OrweIl, funzionario doganale. Vi scriverà la sua prima opera “Burmese Days”, critica del “dark side” del British Raj, con le sue magistrali descrizioni dei residenti coloniali britannici che vedono il mondo attraverso i vetri teintés del Gimkana Club di Rangoon, senza confondersi con i “subjects” locali. Il Paese al centro del feroce conflitto fra i Giapponesi e gli Alleati durante la II guerra mondiale, diviene indipendente nel 1947, ma lascia il Commonwealth nel 1948. Fra il 1962 e il 1988 è oggetto della lunga dittatura di Ne Win, generale che impone delle riforme socialiste, ma ha cura di mantenere lo Stato all’interno del movimento dei Paesi non allineati creato a Bandung nel 1955.

Dopo la caduta della dittatura di Ne Win, il Paese che nel 1989 ha assunto il nome di Myanmar, nonostante le speranze occidentali di una progressiva democratizzazione del Paese, non ha mai conosciuto altro che il controllo dell’esercito birmano, forte di più di 400.000 uomini, considerato il vero asse della conservazione dello Stato a garanzia della maggioranza birmana (55,9% della popolazione totale). L’esercito, a seconda dei periodi, è stato contrastato dai monaci birmani o dal partito della Lega nazionale della democrazia (NLD) sotto la guida del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kiy, divenuta presidente nel 2015. Ma l’esercito birmano non ha mai effettivamente lasciato ai civili il controllo . Anche quando, con la Costituzione del 2008, è stato introdotto un sistema bicamerale con una Camera delle Nazionalità e una Camera dei Rappresentanti, un terzo dei seggi delle due Camere è rimasto di nomina militare. Nel 2020, quando il partito fedele all’esercito USDP (Partito dell’Unione, della Solidarietà e dello Sviluppo) ha perso le elezioni a favore dell’NLD, i militari con un colpo di stato hanno decretato lo stato di emergenza ed arrestato Aung San Suu Kyi, nel frattempo sottoposta a processo e condannata.

Le proteste civili che si sono manifestate nel Paese hanno comportato la morte di centinaia di persone e migliaia di arresti. In opposizione all’esercito si è costituito anche un forte movimento armato di resistenza, chiamato la Forza di Difesa del Popolo, che ha trovato l’adesione di milizie delle minoranze etniche già in opposizione al governo centrale birmano. Nei media occidentali è stata molto criticata la mancata ferma opposizione dal 2017 della presidente Aung San Suu Kyi contro le persecuzioni dei Rohingya, omettendosi la totale dipendenza del quadro politico birmano dalla forza dell’apparato militare.  A causa della sua situazione interna lo Stato è oggetto dal 2021 di sanzioni internazionali decise da Stati Uniti, Unione europea, Canada, Malesia, Gran Bretagna, che hanno avuto sino ad oggi come in molti altri casi più l’effetto di provocare l’impoverimento ulteriore degli strati più poveri che di favorire un inizio di democratizzazione.

Invece, a parte una sporadica presenza di compagnie occidentali, soprattutto petrolifere, il Paese con 2.000 km. di confine con la Cina, è di fatto sotto una forte influenza cinese, con rifornimenti militari cinesi distribuiti anche alle regioni autonome Shan e Kachin. Nonostante che un aiuto ufficiale o uno schieramento formale a favore della giunta militare non sia mai stata in discussione, alla Cina non può certo sfuggire la disponibilità nel Paese di caucciù, petrolio, gas, metalli rari, forza idroelettrica, pietre preziose. Del resto la Cina è già collegata con il Myanmar con dei gas e oleodotti che giungono sino allo Yunnan, oltre che verso la Tailandia. Ma alla Cina non sfugge neppure l’opportunità di influenzare almeno parte dei paesi facenti parte dell’ASEAN, cioè i 10 paesi della Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico, nel confronto sempre più evidente che si prepara con gli Stati Uniti per il controllo del Pacifico e dell’innovazione mondiale.

Carlo degli Abbati

Il Myanmar, paese di 53,8 milioni ab. con una superficie di 676.533 km2, è classificato al 149° posto sui 191 paesi censiti nelle classifiche economico-sociali del PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), figurando nel gruppo dei paesi a medio livello umano (Medium HDI). il PIL è di 65,16 Miliardi di USD (2021) e il PIL pro-capite annuo di 3.850 USD (calcolato in PPA 2017), in effettivo di 1217 USD. (2021), che conosce dal 2016 una costante discesa. La ricchezza del paese resta comunque concentrata nelle zone abitate dalla maggioranza birmana. Quasi la metà della popolazione (48,9 % nel 2021) è occupata nel settore primario della pesca, dell’agricoltura – colture di sussistenza o piantagioni -, dell’allevamento e della silvicultura, mentre il settore secondario (settore minerario, agroindustria) totalizza il 16,1 %. La speranza di vita alla nascita è in media di 65,6 anni (2021), 69 anni per le donne, 62,5 per gli uomini,e se non si considera l’ultimo anno a causa degli effetti della pandemia, il valore della età media in Birmania è in aumento costante dal 1990 (56,6 anni). Se la scolarità attesa è di 10,9 anni, la scolarità effettiva è in media di solo 6,37 anni, (6,73 anni per il comparto maschile, 6,09 per quello femminile), l’indice di fecondità è del 2,1, mentre l’indice di mortalità infantile è del 35 per mille (per confronto in Italia è del 2,7 per mille). Il consumo di energia elettrica per ab. è di 367 kWh. Il consumo medio di elettricità in Lussemburgo è 27 volte superiore (9.799).

Bibliografia

Asia Maior, Michelguglielmo Torri (ed.), Viella, Torino, vari numeri dedicati al Myanmar, 2022 e anni precedenti

Thant Myint -U, The Hidden History of Burma: Race, Capitalism and the Crisis of Democracy in the 21th Century, W.W.Norton, N.Y.,2019

Aung San Suu Kyi, La mia Birmania, Il Corbaccio, Milano, 2008

Georges Orwell, Burmese Days, Penguin Books, Londra, N.Y., 1989, prima ed.Harper & Brothers, Londra, 1934

*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani presso il Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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