Sede dei Fenici e delle loro flotte durante il periodo romano, islamizzata nell’VIII secolo e per lunghi secoli parte dell’impero ottomano, con una forte presenza italiana, proveniente soprattutto dalla vicina Sicilia, la Tunisia diventa protettorato francese nel 1881. Divenuta indipendente il 20 marzo 1956 ha forma monarchica per un breve periodo (Lamine Bey). Il 25 luglio 1957 l’Assemblea costituente proclama la repubblica affidandone la presidenza all’eroe della indipendenza nazionale, capo del partito Neo-Destour, Habib Burghiba, che si mantiene al potere per trent’anni sino alla sua destituzione forzata per senilità nel 1987. Gli succede il gen. Zin el-Abidin Ben Ali che tiene il paese per più di vent’anni sotto una dittatura ferrea, lungamente tollerata peraltro dall’Occidente fino al 2010 in funzione anti-islamista

 La Tunisia, il più piccolo Paese del Maghreb- con una superficie pari a circa metà dell’Italia per una popolazione di 12,26 milioni ab.- che il governo italiano aveva vanamente nel XIX secolo tentato di convertire in colonia sottraendola al controllo francese, per poi tentare nel 1911 una frustrata rivalsa invadendo la Libia ottomana, non è a differenza dei suoi vicini un paese autosufficiente dal punto di vista energetico. A questo primo svantaggio si accompagna quello del suo diseguale sviluppo. Anche la Tunisia ha il suo Mezzogiorno, solo che non si colloca a Sud, ma a Ovest del paese. Divenuta protettorato francese aveva visto a causa dei traffici con la madrepatria fiorire esclusivamente la zona costiera orientale con città come Tunisi, Sousse, Sfax, Gabès.

Rimanevano invece  tradizionalmente in ritardo di sviluppo i tredici governatorati (wilayat) dell’Ovest da Biserta a Tozeur-Nefta sino a Borj el-Khadra e Tataouine,  per effetto proprio della storia coloniale che ha privilegiato le regioni costiere orientali. Zona interna verso cui nonostante la bellezza dei paesaggi e le ricchezze culturali come la moschea di Kairouan o i siti archeologici di epoca romana di Kasserine, si è poco indirizzato un turismo di massa che seguiva l’adagio “sole e spiaggia a buon mercato”,  mentre le colture agricole non vi sono così  rilevanti come i datteri o l’olivo di cui la Tunisia è uno dei primi esportatori mondiali. Queste zone interne di depressione economica sono state nel 2010 all’origine delle c.d. primavere arabe dopo il suicidio con il fuoco di un giovane ambulante, Muhammad Bouazizi, che subiva le angherie di guardie municipali corrotte, proprio nella wilaya di Sidi Bouzid.  Non è nemmeno un caso se i jihadisti tunisini sono quasi sempre originari delle zone interne. Verso questi protettorati il governo tunisino aveva diretto due grandi programmi sin dall’epoca del presidente Ben Ali, il programma di Sviluppo Rurale Integrato e il Programma di Sviluppo Urbano Integrato.

(Foto: Courrier internationa)

Il primo diretto a migliorare la condizione nelle campagne, con la costruzione di barrages collinari, di scuole, di centri e punti di contatto sanitari. Il secondo diretto a migliorare la condizione urbana, con l’estensione delle attività femminili soprattutto in campo tessile, la creazione di infrastrutture urbane e di zoning industriali, i lavori collettivi di contrasto alla disoccupazione. In un contesto regionale comunque obbiettivamente difficile, ma anche con mezzi budgetari limitati se si considera che il bilancio complessivo del paese è stato nel 2020 di soli 10,2 miliardi di EURO (30.653 mil.dinari di entrate, con il dinar pari a 0,30 Euro). Complessivamente la Tunisia ha prima sofferto dal 2008 la stagnazione economica dell’Unione Europea, dopo la crisi americana originata dai prestiti sub-prime. L’Unione Europea è tradizionalemente il principale partner commerciale della Tunisia, mentre sono molto ridotti nel Maghreb gli scambi sud-sud fra i paesi dell’area. Poi il Paese non è autosufficiente dal punto di vista energetico, con limitati giacimenti di petrolio a el-Borma, Ashtart e Douleb, e off-shore nel Golfo di Gabès e di gas a Ashtart e Jugurtha, oltre ai giacimenti di fosfati a Gafsa. Le attività di servizio, in particolare il turismo, hanno tradizionalmente offerto al paese un importante sbocco. Del resto oltre il 55% dei tunisini sono attivi nei servizi  che producono oltre il 65% del PIL.

People wave national flags during demonstrations on the seventh anniversary of the toppling of president Zine El-Abidine Ben Ali, in Tunis, Tunisia January 14, 2018. REUTERS/Zoubeir Souissi

Purtroppo in epoca più recente, dopo il 2015 si è osservata una contrazione del turismo, che costituiva una delle principali risorse economiche dello Stato. Essendo la Tunisia il solo Paese in cui la c.d. primavera araba (che nascondeva innanzi tutto una rivolta “del pane”) del 2010-2011 aveva dato luogo ad una effettiva evoluzione democratica delle istituzioni – almeno sino alla rivoluzione autocratica dell’attuale presidente – risultava particolarmente in linea di mira di gruppi jihadisti provenienti dalla confinante Libia dopo il dislocamento occidentale del 2011 del regime di Muammar al-Gheddafi. Da ultimo – marzo 2016 – l’attacco dalla Libia al posto di frontiera di Ben Gardane dopo  l’attacco al Museo del Bardo di Tunisi nel marzo (22 vittime) e quello al resort turistico di Sousse nel giugno 2015 (38 vittime).

La riduzione del turismo durata qualche anno – gli ingressi nel 2020 sono stati di nuovo oltre due milioni, nonostante lo scoppio della pandemia – ha avuto l’effetto di aggravare la cronica disoccupazione e la difficile situazione sociale del paese, già appesantita dai programmi di aggiustamento strutturale applicati a seguito dei prestiti concessi dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) secondo l’abituale dottrina monetarista dominante dagli anni ’80 negli organismi internazionali di prestito, implicante alti costi sociali. Le tre condizioni negative rappresentate dalle difficoltà della UE come principale cliente, la scarsa disponibiltà di energia e la contrazione del turismo hanno depresso la situazione del paese. In generale, il paese ha anche accusato scarsa efficacia nell’utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione dal FMI. La disoccupazione interna soprattutto giovanile e femminile è salita sino al 41,6 % nel 2021 con un tasso generale del 16,8 %. In termini di Indici di sviluppo umano pur restando secondo le classifiche del PNUD fra i Paesi ad Alto Sviluppo Umano (HDI) – 97° sui 191 paesi censiti- ha visto negli ultimi anni il suo coefficiente regredire sino a raggiungere con 0,731 lo stesso livello del 2014. Questo dopo una crescita costante invece registrata sin dal 1990.

Sul piano politico interno, dopo  la caduta del presidente Zin el-Abidin Ben Ali nel gennaio 2011  e la formazione di una assemblea costituente il 23 ottobre 2011, al cui interno il partito islamista partecipativo Ennahda aveva la maggioranza dei seggi, è stata approvata una nuova Costituzione il 26 gennaio 2014, secondo la quale il Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale diretto con mandato di 5 anni, nominava un primo ministro responsabile di fronte ad un Parlamento monocamerale (l’Assemblea dei Rappresentanti del popolo)  formato da 217 membri.

Caduto Ben Ali, nonostante gli assassinii politici di due oppositori di sinistra nel 2013, Choukhri Belaid e Mohamed Brahmi, la Tunisia sino al 2020 ha avuto il merito di conoscere dieci anni di progressi in materia di transizione demcratica secondo un metodo basato sul dialogo fra le componenti della società tunisina, i partiti politici  e le organizzazioni della società civile. Questa realtà eccezionale è stata riconosciuta nell’ottobre 2015 con l’ottenimento del Premio Nobel per la Pace, attribuito al Quartetto formato da UGTT (Unione Generale Tunisina del Lavoro), UTICA (Unione Tunisina dell’Industria, Commercio e Artigianato), Lega Tunisina dei Diritti Umani e Ordine degli Avvocati. Il buon clima politico interno ha permesso l’alternativa fra il partito islamista Movimento Rinascita (Ennahda) che aveva prevalso all’inizio e il partito laico Nidaa Tounes (Appello alla Tunisia) che aveva designato  sino al 2019 presidente Béji Caid Essebsi e primo ministro Youssef Chahed.

Il tornante nella storia interna del Paese è segnato dal 2019. Le elezioni del 2019 hanno avuto regolarmente luogo ma la situazione cambia radicalmente con l’elezione a presidente della Repubblica a suffragio universale diretto, in sostituzione  di Essebsi deceduto nel 2019, di un costituzionalista indipendente, social-conservatore, Kais Saied. Il nuovo presidente decide di non tenere conto delle elezioni politiche che si sono svolte a due turni a cavallo della sua elezione e hanno dato il risultato seguente nella allora unica Assemblea dei Rappresentanti: Movimento Rinascita Ennahda (islamico) 52 seggi, Appello alla Tunisia- Nidaa Tounes – (laico centrista ) 38 seggi, Corrente democratica (socialdemocratico) 22, Coalizione della diginità (islamico) 21, Partito destouriano libero (secolarista) 17, Movimento popolare (socialista) 16, Viva la Tunisia (secolarista),14, indipendenti 12, altri 25.

Saied fra il 2021 e il 2022 scompone tutta la costruzione  parlamentare edificata dopo la caduta di Ben Ali da lui considerata solo riflesso di una “ falsa democrazia”. Il 25 luglio 2021 si attribuisce la facoltà di governare per decreto. Un anno dopo, il 25 luglio 2022, fa convalidare per referendum una nuova Costituzione intesa a “restituire la sovranità al popolo”. Questa nuova legge fondamentale che sarà ratificata  solamente dal 30,5% dei tunisini, organizza un potere personale basato non più sui partiti politici, ma su nuovi deputati rappresentanti del “popolo “ delle circoscrizioni, eletti il 17 dicembre 2022 con il solo 11,22% di tunisini partecipanti al voto. In altri termini, Saied ha organizzato in Tunisia una forma di iperpresidenzialismo populistico basato su di un simulacro di consultazione elettorale. La nuova Costituzione del 2022, che sostituisce quella del 2014, accentra i poteri sul presidente della Repubblica eletto sempre a suffragio diretto con mandato di cinque anni, che dispone del controllo sul governo e la magistratura. Il Parlamento diventa bicamerale ed è formato dall’Assemblea dei Rappresentanti del popolo  e dal Consiglio Nazionale delle Regioni e dei Territori.

In questa situazione interna le tre condizioni che avevano influenzato negativamente la situazione del paese negli ultimi anni non sono nel frattempo migliorate. L’Unione Europea è impegnata nel sostegno dell’Ucraina, la guerra in Ucraina ha provocato un rialzo dei prezzi dei prodotti energetici e dei fertilizzanti di cui la Tunisia ha estremo bisogno. La sola variabile che ha conosciuto una certa ripresa negli ultimi anni e contribuisce al 65% del PIL e al 55% delle attività dei tunisini è stata il turismo.

Di fronte ai flussi e spesso alle tragedie in mare come di recente delle migrazioni mediterranee dal Nord Africa abbiamo spesso sentito dal mondo della politica la perorazione : “Aiutiamoli a stare a casa loro”. Ecco, adesso c’è la possibilità di passare dal pensiero all’azione. La Tunisia ha bisogno del nostro turismo. Andiamo da Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia in Tunisia in vacanza. Magari con un turismo intelligente che, oltre a fruire delle località costiere di La Marsa, Hammamet, Sousse, Monastir, Jerba, sappia anche apprezzare le bellezze meno note che offre l’interno: la storica moschea di Kairouan, le propaggini tunisine dell’Atlante Telliano, lo splendido paesaggio sahariano della depressione del Chott el-Jerid, le oasi di Tozeur e Nefta. Una occasione ideale per integrare la abbronzatura dei corpi ma anche per fare idroterapia per la nostra coscienza. Un mezzo anche per aiutare i tunisini “a restare casa loro”. “Meglio là che qua” come suggerisce l’ipocrisia della politica. Il presente cupio dissolvi  identitario di paesi europei che con una età media di 45 anni e una decrescita demografico-economica costante preferiscono comunque salvarsi dai “diversi”, soprattutto se diversi per il colore della pelle.

Carlo degli Abbati

La Tunisia con 12,26 milioni di ab. su una superficie di 163.610 km2 profilata nel senso nord-sud è incuneata fra l’Algeria a ovest, la Libia a est e la costa mediterranea. Già sede del mondo fenicio, islamizzata nell’VIII secolo, si colloca oggi secondo le statistiche del PNUD fra i paesi ad Alto Sviluppo Umano (HDI) al 97° posto fra i 191 paesi censiti. Il suo indice attuale di 0,731 che dopo aver conosciuto una progressione costante dal 1990 è oggi vicino all’indice già segnato nel 2014 (0,730), il che dimostra le difficoltà conosciute dal paese negli ultimi anni. Presenta un PIL di 46,479 Miliardi di USD (2021) e un PIL pro-capite annuo che è passato dagli 11.027 USD del 2018 ai 10.257 USD (in PPA 2017) del 2021, che sono in effettivo 3.867 USD. Le attività principali sono il settore terziario (55%) e il settore secondario (32%). L’agricoltura che comunque rappresenta ancora il 12% del PIL e il 13% degli attivi presenta una produzione molto varia estesa ai cereali, all’olivo (che fa della Tunisia uno dei principali esportatori di olio del mondo), i datteri, gli agrumi, il mandorlo, il sughero, l’erba medica (alfa-alfa). I porti di pesca della costa si dedicano alla pesca di tonni e sardine, ma anche di spugne. L’ aspettativa di vita alla nascita è in media di 73,8 anni, 70,74 anni per gli uomini e 77,2 per le donne, la fecondità è di 2,2 (2020) e la mortalità infantile è di 14,3 per mille. La scolarità effettiva è in media di 7,43 anni D 6,85 U 8,03. L’impegno del bilancio dello Stato che è circa un terzo di quello algerino (49.112,2 mil. Dinari di spese nel 2021, corrispondenti a 16,37 miliardi EURO) riguarda la sanità con una spesa del 3,2% del PIL (2019). Nel paese ci sono 4,5 medici ogni 1000 ab. La spesa dello Stato per la protezione sociale raggiunge il 24,6% della spesa statale complessiva. In termini di competitività, la Tunisia risulta il 4° paese dell’Africa e sui 190 paesi censiti dalla Banca Mondiale è al 78° posto. Nelle graduatorie di Transparency International riguardanti l’indice di corruzione percepita la Tunisia risulta al 85° posto su 180 paesi. Il Lussemburgo figura in questa speciale classifica al 10° posto, l’Italia al 41°.  Il debito estero del paese è salito nel 2020 a 41,038 Miliardi USD, pari al 88,3% del PIL. Gli aiuti dall’estero per lo stesso anno sono stati di 975 milioni USD pari al 2,5% del PIL. Il paese che poteva contare tradizionalmente su forti investimenti esteri diretti alla produzione dei tessili ha visto progressivamente contrarsi questo tipo di investimento come conseguenza della delocalizzazione delle produzioni verso il sud-est asiatico e delle incertezze della situazione interna. La fine ormai decretata della mondializzazione cui assistiamo potrebbe in un quadro futuro piu’ regionalizzato favorire la ripresa in Tunisia di questo tipo di investimento estero.

Bibliografia consigliata

Leila El Houssi, Il risveglio della democrazia. La Tunisia dall’indipendenza alla transizione, Carocci, Roma, 2019

Hatem Nafti-Pierre Haski, Tunisie: vers un populisme autoritaire? Voyage au cœur de la Saïedie, Riveneuve, Parigi,2022

Sophie Bessis, Histoire de la Tunisie de Carthage à nos jours, Tallandier, Parigi, 2022

Carlo degli Abbati, Trasporti marittimi e ipotesi di sviluppo industriale dei paesi africani del Mediterraneo, ECIG, Genova, 1983 (cap.Tunisia)

*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo

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