Cosa può dire, ancora oggi, Dante ai giovani? E’ il quesito che si è posto Alessandro D’ Avenia, professore e noto scrittore, nell’avvicinarsi alla Divina Commedia per spiegarla ai ragazzi e non solo a loro. In tre serate, a Milano, al Teatro Carcano, racconta l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Alla prima serata – “Di nostra vita – Inferno” dello scorso 16 gennaio ne seguiranno altre due in febbraio e marzo

“Di nostra vita”, perché Dante ci ha regalato parole che ci hanno cambiato la vita. Bisogna credere nelle parole, perché le parole salvano. L’uomo è sopravvissuto grazie alla parola, che lo ha messo in contatto con il mondo. La letteratura salva, perché ci fa andare oltre.

Dante ci ha regalato parole che ci hanno cambiato la vita, o neologismi, oggi inutilizzati, che sintetizzavano bene un concetto. Ad esempio, “intuarsi”, ossia “entrare l’uno nell’altro”, sentirsi una cosa sola. Le parole di Dante hanno significati ben precisi, che ci fanno andare oltre, che non restano vuote. Bisogna ritornare alla bellezza della letteratura per ritrovare noi stessi, la nostra felicità.

La “Divina Commedia” è un viaggio interiore che ci porta alla vita eterna. Infatti, “nel mezzo del cammino” significa che il cammino è il mezzo attraverso cui si raggiunge la salvezza, ossia , la vita eterna.

I 100 Canti della Divina Commedia sono le domande sulla vita eterna.

L’ Inferno, ovvero il Male, è il primo gradino di una salita che ci porterà a ritrovare noi stessi. La discesa verso l’ Inferno non è altro che una salita verso la redenzione. Nell’ Inferno c’è la mancanza di amore. Nell’ Inferno l’ uomo è un divoratore di cose, fagocita tutto: piacere, possesso e potere. Qui l’amore non è amore: anche quello fra Paolo e Francesca non lo è, perché è egoista, possessivo e, quindi, non è amore vero. Il conte Ugolino, alla fine dell’ Inferno, divora chi lo ha tradito. Forse divora i propri figli, perché non ha pane per loro. Ugolino è il tradimento della paternità: non ama i propri figli perché divora il loro futuro mangiandoli.

Noi immaginiamo l’Inferno come infuocato invece, al fondo dell’Inferno c’è il ghiaccio ossia, l’assenza di movimento.  Tutto è immobile dove non c’è vita, né amore.

Dall’ Inferno bisogna solo risalire per raggiungere le stelle, ovvero, per desiderare – dal latino “de-sidera” che significa “mancanza delle stelle”.

Bisogna arrivare alle stelle perché, chi rinuncia al desiderio invidia gli altri, senza mai raggiungere il proprio destino. E’ per questo che la Divina Commedia è una continua ascesa.

D’ Avenia, in questa “chiacchierata” è leggero e ironico, non pedante. Sa rendere accattivante, con grazia ed eleganza, il testo principe della letteratura italiana.

Anna Violante

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