Mentre tutti gli occhi sono puntati sul conflitto russo-ucraino, l’Afghanistan sembra passato ampiamente di moda dopo l’acme di attenzione ricevuta ad agosto 2021, con l’ incredibile fuga da Kabul degli occidentali a guida statunitense, dopo vent’anni di permanenza nel Paese. E sembra essere tramontato, per l’attenzione ad altri presunti genocidi, anche il sistematico genocidio perpetrato nel Paese nei confronti della minoranza hazara.

Il professor Carlo degli Abbati*, anticipando la conferenza del 13 maggio che si terrà al Circolo “E.Curiel”, ci illustra le ragioni del genocidio

Sembra essere tramontato per l’attenzione ad altri presunti genocidi anche il sistematico genocidio perpetrato nel Paese nei confronti della minoranza hazara.

D’origine nomade, di etnia turco-mongola, si racconta inquadrata nelle armate di Gengis Khan, gli hazara che vivono nella zone centrale montuosa dell’Afghanistan, l’Hazarajat, con città famose come Bamyan, hanno costituito sino dalla creazione  della dinastia Durrani a metà del XVIII secolo la etnia minoritaria sciita del Paese, di lingua dari, l’antico persiano parlato in Afghanistan.

La condizione di inferiorità di questa minoranza in fondo molto ben descritta nei libri di Hosseini, si è progressivamente convertita dall’arrivo al potere dei talebani nel 1996 e in forza della più recente presenza nel paese di gruppi jihadisti riferiti al c.d. Stato Islamico  del Khorassan in una vera e propria persecuzione. Anche recentemente un attentato perpetrato con estrema ferocia contro scuole site nel quartiere sciita di Dasht e-Barchi di Kabul hanno fatto molte vittime fra gli scolari hazara a causa di multiple esplosioni.

Per lo Stato Islamico gli sciiti sono semplicemente degli eretici da eliminare. Hanno introdotto nella religione mussulmana un’innovazione biasimevole sostituendo al riferimento spirituale del califfato la catena degli imam. E seconda la deriva takfirista dello Stato islmico, estremizzazione del terreno di cultura arcaico wahhabita, vanno semplicemente eliminati.  

Ma per i talibani?  La scuola di Deoband nata nell’India sottoposta alla British Rule nel 1851, da cui deriva la ideologia talebana in Afghanistan e Pakistan,  aderisce al Taqlid, la imitazione basata sull’accettazione delle antiche interpretazioni giurisprudenziali della legge coranica, formata dal Corano e  dagli hadith,  la tradizione del Profeta che diventa anch’essa per i credenti precetto obbligatorio (fard). L’ideale della scuola è quindi l’imitazione del Profeta e dei quattro califfi elettivi, i rashidunì, ben guidati, con l’introduzione obbligatoria della sha’r^iat. Altra caratteristica delle scuola di Deoband, che trovrà una espressione estrema nel movimento talebano è la visione restrittiva del ruolo sociale delle donne, l’opposizione ad ogni forma di gerarchia religiosa nella comunità musulmana e il rifiuto dello sciismo che si traduce – è questo il punto – in Afghanistan in persecuzione degli hazara sciiti. I talebani accettano invece il sufismo, oggetto di feroci persecuzioni presso i wahhabiti. Dopo la penetrazione dello Stato islamico nell’Afghanistan pre-talibano, cioè prima del 2021, gli attentati contro gli sciiti hazara si erano già moltiplicati. Le stragi di sciiti da parte dello Stato islamico avevano preso inizio in Iraq con Abu Mussa al Zarkaoui, il fondatore di al-Qaida in Iraq, secondo una condotta non condivisa dalla direzione di  al-Qaida centrale che vi  anteponeva la guerra armata contro gli occidentali. C’è da temere che, dati i contenuti antisciiti della ideologia talebana, dopo il crollo del governo filo-occidentale gli attentati contro la minoranza hazara siano destinati a moltiplicarsi nell’Afghanistan talebano. E’ una eliminazione sistemica preordinata, anche qui si dovrebbe parlare di genocidio. Ma i media guardano altrove.

Yemen, Afghanistan, Libia, Tigré etiopico,  ormai passati nei titoli di coda di fronte alla prossimità europea di altri conflitti.

*Carlo degli Abbati ha fondato nel 1979, in Lussemburgo, l’ALA (Association Luxembourgeoise pour l’Afghanistan) consacrata all’aiuto umanitario delle popolazioni afghane ed è membro di AFRANE (Amitié franco-afghane) impegnata in particolare nel sostegno del sistema scolastico afghano.

(Toto di copertina: Frontierenews)

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