Bilancio, non solo sportivo, delle Paralimpiadi di Tokio2020
I giochi Paralimpici di Tokyo 2021 si sono chiusi oggi, domenica 5 settembre. Per dare un po’ di numeri, che prima di ogni altra considerazione definiscono l’importanza di questa manifestazione, in 12 giorni sono stati assegnati 539 titoli, dei quali 272 maschili, 227 femminili e 40 misti/open. Alle Paralimpiadi sono stati presenti 4400 atleti, dei quali 2318 uomini, 1782 donne e 300 per le gare di categoria mista/open. Gli sport protagonisti sono stati 22.
L’Italia, con 69 medaglie conquistate – 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi – batte nettamente il bottino di Rio 2016 (39 medaglie) e supera il record di sempre che durava da Seul 1988 (58 medaglie).
Le ultime medaglie in ordine di apparizione sono quelle dello storico podio italiano nei 100 metri (categoria T63 – amputati con protesi): Ambra Sabatini ha conquistato l’oro con record del mondo davanti a Martina Caironi e Monica Contrafatto e l’argento per la coppia Elisabetta Mijno-Stefano Travisani nel tiro con l’arco a squadre miste. Una spedizione memorabile per i nostri atleti.
“Un disabile non è un alieno, è solo una persona con esigenze diverse” – ha sempre rivendicato con forza Martina Caironi, la più medagliata di sempre tra tutti i nostri atleti e mentore dei nostri atleti più giovani. E’ stata proprio lei, che virtualmente ha posato la corona di regina della velocità sul capo di Ambra Sabatini – neo primatista del mondo – ad ispirare la giovane atleta livornese (anno di nascita 2002). Ambra, che era una brillante atleta di mezzofondo, a 17 anni ha perso una gamba a seguito di un incidente stradale. Da quel momento, con coraggio, determinazione e talento è riuscita ad uscire dall’inferno e ad approdare in paradiso in pochi mesi. E anche Monica Contrafatto, ex bersagliera in Afghanistan che dopo l’amputazione della gamba a seguito di un attentato, guardava le gare di Martina Caironi a Londra 2012: decise di seguire la sua strada, tanto che alle Paralimpiadi successive sono scese in pista insieme inanellando oro e bronzo. Monica, al termine della gara ha fatto una dedica che resterà per sempre. “Voglio dedicare la mia medaglia all’Afghanistan – ha detto visibilmente emozionata – un paese che mi ha tolto tanto ma che mi ha anche regalato tanto”.
E’ stato il trionfo del talento, della volontà, di ragazzi e ragazze che non hanno paura di guardare avanti, nonostante tutto. E poi, se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul fatto che gli atleti paralimpici siano degli atleti “veri” basta guardare Assunta Legnante che fa una smorfia di disappunto quando si mette al collo il suo argento per il lancio del peso. Troppo poco per lei, che veniva dai trionfi centrati a Londra e a Rio. Troppo poco per i suoi desideri, i suoi progetti, i suoi pensieri. “Ho urlato e ho anche versato qualche lacrima – ha raccontato la 43enne campana di Frattamaggiore –. Faceva molto freddo, la pedana era umida, ma questi sono alibi, le condizioni erano uguali per tutte. Ho perso e provo tanta rabbia. Forse sto semplicemente chiedendo troppo al mio fisico…“
Come racconta nel suo libro “Più forte del buio. Niente può fermare i sogni”, quando la luce è andata via dal suo orizzonte, Oney Tapia ha provato un dolore fortissimo, dovendo fare i conti con la cecità, una condizione nuova in cui le sfide – a differenza delle imprese sportive a cui era abituato – avevano il sapore del banale e del quotidiano.
Tuttavia, Oney non ha mollato lo sport, grazie al quale ha ritrovato la gioia di essere vivo: “Nella vita tutto è possibile e i limiti che incontriamo li mettiamo noi per primi”, scrive, confessando di non avere “nessun rimpianto. Sinceramente non farei a cambio con uno che ci vede. Questa esperienza mi sta arricchendo”.
Il presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli, reduce da questa avventura esaltante, ha detto che su “questi risultati bisogna costruire un Paese migliore, un Paese più equo e giusto per le persone disabili. Mi auguro che questo contagio positivo non si spenga con lo spegnimento della fiaccola olimpica”.
Tuttavia, alla “diversità” nella vita di tutti i giorni, quando trovi lo scivolo occupato, il marciapiede dissestato, l’autobus senza rampa di accesso fa da contrappunto anche la “diversità” di trattamento in ambito sportivo.
“Siamo costernate – denuncia Luisa Garriba Rizzitelli, Presidente dell’Assist – Associazione Nazionale Atlete attraverso le pagine social- di rilanciare l’informazione su un’incomprensibile sperequazione: i premi degli atleti e delle atlete Paralimpici sono inferiori, addirittura non arrivano nemmeno alla metà, rispetto a quelli dei medagliati Olimpici. Le atlete e gli atleti Paralimpici non sono un mondo a parte, non sono campioni e campionesse di serie B, non sono talenti il cui sudore e la cui fatica vale meno. Anzi, semmai di più.”
Un’altra sfida da affrontare questa a livello istituzionale e politico, già raccolta da Laura Boldrini che si è impegnata a presentare un’interrogazione parlamentare in merito.
La sua sfida l’ha vinta ancora una volta, portando a casa la medaglia d’oro nella scherma Bebe Vio, portabandiera della squadra italiana alla cerimonia di apertura, che per una brutta infezione al braccio ha rischiato una nuova amputazione e di non esserci proprio ai Giochi.
“Quando vinci ti accorgi di quanto sia stato importante perdere. Per quanto ero messa male consideravo già un miracolo arrivarci a Tokio. Ma volevo arrivarci. Mi hanno salvata le persone ed è a loro che devo queste vittorie – dichiara una emozionatissima Bebe Vio, sciorinando una lista infinita di nomi di “chi nel momento del bisogno mi ha inondato dell’amore di cui necessitavo, custodi di una verità nascosta per mesi.”
Ha ragione Bebe, le persone ci possono salvare. Troppe volte ci dimentichiamo degli uomini e delle donne che abbiamo accanto, più o meno prossimi, e che spesso non riusciamo a vedere, concentrati come siamo su noi stessi e sulle nostre vite. Ecco, le Paralimpiadi, l’esperienza di Bebe Vio e degli altri atleti, oltre che a farci gioire per le medaglie ci insegnano, per chi saprà cogliere l’opportunità, anche ad allargare lo sguardo verso chi è al nostro fianco, a condividere emozioni, esperienze, problemi e vittorie. Perché è solo se restiamo umani che possiamo vincere ogni gara su qualsiasi pista del mondo.
Gilda Luzzi