Imbattuta da 34 gare la nazionale di Mancini vince Euro2020

E’ stato, questo campionato europeo che riporta l’Italia sul tetto del vecchio Continente dopo ben 53 anni di attesa, l’Europeo degli abbracci.

Un abbraccio virtuale e metaforico l’ha realizzato in qualche modo il 2021 – anno di rinascita speriamo – che, guardando indietro a un 2020 di sofferenze e privazioni, l’ha preso per mano e, sotto mentite spoglie, gli ha dato nuova linfa attraverso l’Europeo a cui ha concesso il nome.

Il primo abbraccio, lungo migliaia di chilometri, è stato quello tra tutte le città che hanno ospitato le partite del primo europeo itinerante della storia: Roma, Amsterdam, Baku, Bucarest, Budapest, Copenaghen, Glasgow, Monaco, Siviglia, S. Pietroburgo e Londra. Un abbraccio che ha accorciato le distanze tra luoghi e persone, come se il terribile tempo di pandemia fosse un ricordo lontanissimo.

L’abbraccio più positivo è stato quello tributato da Roma e dai suoi cittadini alla squadra azzurra. Un abbraccio che ha fatto decollare le prestazioni e acquisire consapevolezza ai giocatori delle loro potenzialità, per mettere nel mirino la finale di Wembley.

L’abbraccio più folkloristico e incontrollabile è stato quello del pubblico che tornava a riempire gli stadi dopo mesi di esilio forzato, spalti gremiti in maniera ridotta in alcuni stadi, completamente pieni in altri, e l’abbraccio dei tifosi per le strade e nelle piazze trepidanti per i risultati del campo.

L’abbraccio più redditizio è stato quello dei giocatori della nazionale ad ogni goal, esplosione incontenibile di entusiasmo e felicità accompagnato dalla dimostrazione della forza di un gruppo che ci ha sempre creduto.

L’abbraccio più angosciante è stato quello dei giocatori della Danimarca a protezione del loro compagno Erikssen colto da malore durante la partita e quello più tenero, quasi a voler impedire che si compisse il dramma, tra il capitano Kjaer e la moglie dell’infortunato scesa in campo.

L’abbraccio più inaspettato quello per Matteo Pessina che, chiamato all’ultimo momento da Mancini per sostituire l’infortunato Sensi, alla prima da titolare segna un goal decisivo con la sua maglia numero 12 anche se per la Uefa lui resta la prima riserva azzurra, e sul tabellone compare il numero 27.

L’abbraccio più solidale è stato quello per Spinazzola, costretto ad abbandonare il gruppo per un serio infortunio, abbraccio che è stato anche il più lungo perché si è protratto simbolicamente ad ogni partita dell’Italia.

E così di abbraccio in abbraccio, di partita in partita, siamo arrivati alla finale di Wembley contro l’Inghilterra. Non ci aspettavamo, certo, l’abbraccio degli inglesi ma neppure la “calda” accoglienza che ci hanno riservato, forti di un convincimento troppo sbandierato sulla loro vittoria solo da formalizzare.

E così, l’Europeo degli abbracci, si è trasformato grazie agli inglesi, proprio nel tempio del calcio, nell’Europeo degli irrispettosi sgarbi. Non solo non ci hanno abbracciato ma hanno fischiato l’inno, sommerso di “buuu” i nostri passaggi in gara e i nostri tiri dal dischetto. Ma in un campionato come questo, dove l’armonia è stato un valore aggiunto, l’arroganza non poteva prevalere e allora il dio del calcio e Gigio Donnarumma hanno fatto il resto. Noi ci siamo abbracciati più forte, a Wembley, nelle piazze, in ogni casa ed abbiamo vinto. Vinto sul campo e vinto nel fair play che questa volta non è parola inglese.

L’ultimo abbraccio, quello più emozionante e commovente, è stato tra Roberto Mancini, commissario tecnico dal cuore impavido, e Gianluca Vialli, capo delegazione combattente. Non solo l’abbraccio dei “gemelli del goal” ma di chi ha condiviso momenti sportivi ed umani e che si abbandona alle lacrime di una vittoria che ha il sapore dell’amicizia e della resistenza.

Infine, voglio io dedicare il mio personalissimo abbraccio al mio team di volontari di Euro2020 con i quali ho condiviso un’esperienza entusiasmante e unica dal grande spessore umano e poi l’abbraccio, affettuosissimo, che ho custodito per Andrea I, Simone, Gianluca, Vincenzo, Giorgio, Paola, Andrea II, Bryan, Marco e tanti altri ospiti speciali delle partite in Tribuna Tevere, con i quali ho “buttato un occhio con sguardo particolare” non solo al campo e al risultato. La vittoria di Euro2020 è anche, e soprattutto, dedicata a loro che durante le calde serate romane mi hanno fatto tornare a casa un po’ più ricca e un po’ meno sola.

Gilda Luzzi

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