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Non solo ripercorre i grandi successi che tutti conoscono, ma immergersi in una singolare odissea che illumina tutto il secolo scorso: quella della famiglia aznavouriana.

Domani 16 ottobre al Théâtre de Capucins di Lussemburgo possiamo farlo grazie alla piéce Petit Frère – la grande histoire Aznavour, adattata dall’omonimo libro della sorella Aida Aznavour-Garvarenz (Edizioni Laffont, 1986)  uscito prima in ebraico con il titolo Salvatori (Giusti) e Combattenti grazie alle testimonianze dei due fratelli raccolte dal ricercatore israeliano Yair Oron –  che ripercorre la storia della famiglia scampata al genocidio armeno che si rifugia  a Parigi, dove, durante l’occupazione riuscì a salvare alcuni ebrei dai nazisti.

Considerato il simbolo della canzone francese nel mondo, nato a Parigi da genitori armeni della diaspora, Charles fu cantautore, attore e diplomatico (fu Ambasciatore dell’Armenia in Svizzera).

Morto nel 2018 a 94 anni Charles Aznavour vantava in 70 anni di carriera numeri da star: oltre mille canzoni di cui è autore che cantava in ben 7 lingue, 300 milioni di dischi venduti nel mondo, 80 film, concerti sold out, è stato insignito di numerossissimi premi, tra i quali il Premio Lunezia International- per la qualità Musical-Letteraria delle sue opere e per il talento interpretativo  (nel 2010). Oltre a vantare 3 lauree honoris causa e 3 matrimoni.

Il Italia si era esibito fin dagli Anni ’70 partecipando al Festivalbar 1972 con Quel che non si fa più (canzone poi divenuta colonna sonora di uno spot della Mulino Bianco); partecipando come ospite fuori gara al Festival di Sanremo 1981, presentando il brano Poi passa, e al Festival di Sanremo 1989 con la canzone Momenti sì, momenti no.

Moltissimi gli interpreti italiani delle sue canzoni, da Modugno a Paoli, da Mina a Battiato.

Scrive Giulia Cavaliere in Charles Aznavour e l’Italia: l’amore, il Mulino Bianco e Silvio Berlusconi su Esquire.com (3/10/2018) « L’onestà sentimentale di Aznavour è figlia di una perizia linguistica eccezionale, in Italia resa magistralmente da parolieri di prim’ordine: Giorgio Calabrese, Sergio Bardotti, Mogol (a cui dobbiamo per esempio Com’è triste Venezia). Grandi esperti non solo dell’aspetto compositivo letterario della canzone ma veri maestri della tecnica dell’adattamento – qualcosa che ancora oggi si tende facilmente a confondere con la semplice traduzione. Con Aznavour queste penne hanno condiviso una vita spesa per la canzone a tema amoroso capace di strutturarsi su differenti tipi di approccio e gradi di complessità e sono state quindi perfettamente in grado di restituire all’ascoltatore italiano gli abissi amorosi e le gioie raccontate dal cantautore francese ». https://www.esquire.com/it/cultura/musica/a23577244/charles-aznavour-e-l-italia/

L’opera scelta dalla giuria di Capucins Libre è stata presentata da Laure Roldán – già distintasi in un recente TalentLAB e Armen Verdian  – che ha concesso loro la prima residenza della creazione della stagione 19/20. Soprattutto perché – spiega la giuria  – si tratta, attraverso il teatro, di trasmettere valori forti come il coraggio, la generosità, l’amore fraterno e l’unità della famiglia contro ogni ostacolo.

Gaetan Vassart e Armen Verdian introdurrano lo spettacolo mezzo’ora prima dell’inizio previsto alle ore 20.

Paola Cairo

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