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“La mafia uccide il corpo ma non l’anima” è una frase a doppio taglio, come un’arma. E’ vista in senso “negativo” se chi uccide è un mafioso, come chi muore, generando una catena infinita di dolore e di morte. E’ vista in senso “positivo” – nonostante l’atrocità – se chi uccide è un mafioso, ma chi muore è un innocente che ha fatto del suo meglio per sconfiggerla. Nel secondo caso si tratta di “Eroi”.
A Milano, a Wow Spazio Fumetto, si è appena conclusa una mostra dal titolo molto significativo: “MilaNOmafia” a corredo di un ciclo di conferenze sulla mafia, inaugurato il 21 marzo, “Giornata del ricordo delle Vittime della criminalità organizzata” promossa da Libera di Don Ciotti.
Il tema della mafia è stato trattato attraverso il fumetto: in questo modo è stato possibile avvicinarsi ai giovani.
La mafia è stata descritta e “disegnata” in alcune sue forme come il Brigantaggio e la ‘Ndrangheta e dall’origine ai giorni nostri. C’è un excursus storico che descrive la sua nascita in Sicilia dal 1600, ai tempi del dominio spagnolo nell’isola, arrivando ad oggi, coinvolgendo altre regioni italiane in forme diverse.
In Emilia Romagna, nella seconda metà del 1800, c’è stato il fenomeno del Brigantaggio con il “Passator Cortese”, ossia Stefano Pelloni; in Sicilia, tra il 1944 e il 1950,l’esponente di spicco è stato Salvatore Giuliano, responsabile della strage di Portella della Ginestra dove, il Primo Maggio 1947, con la sua banda, ha sparato sui lavoratori radunati per la ricorrenza festiva.
La mafia, come è noto, è “espatriata” e ha messo radici anche negli Stati Uniti. Ed è qui che il sergente Joe Petrosino le ha sferzato un duro colpo, pur rimanendone ucciso.
E si arriva ai giorni nostri, con gli “Eroi” caduti sotto i colpi della “nuova mafia” che non risparmia nessuno, che non ha più il “codice d’onore” di un tempo e non risparmia donne e bambini. E agisce in maniera tragica e teatrale, facendo esplodere poveri corpi innocenti pensando che, distruggendoli, possano venire dimenticati e prevalga la legge del più forte. Ma non è così. Come dall’Araba Fenice, dalle loro ceneri si sprigiona una nuova forza che fa continuare il loro lavoro di lotta alla mafia. Esempi come i giudici Falcone e Borsellino, i poliziotti delle loro scorte – Emanuela Loi, Rocco Dicillo, Antonio Montinari, Vito Schifani -;  il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa; i giornalisti Mauro Rostagno e Peppino Impastato; Don Pino Puglisi e Lea Garofalo, testimone di giustizia, uccisa dalla  ‘Ndrangheta, sono la coscienza di un popolo che si oppone alla violenza e alla prevaricazione.
I disegnatori e gli autori – ne cito alcuni: Aldo Di Gennaro, Claudio Stassi, Roberto Da Piaggi e Anna Zucchi, Max Capa e Lorenzo Lepori, Mino Manara e Marco Rostagni e, da ultimo, Enzo Biagi nella “Storia d’Italia a fumetti” – hanno così “ri-creato” dalla matita e dalla penna questi eroi per trasmetterli ad un pubblico giovanile con immediatezza di linguaggio e impatto visivo.
Una parte interessante della mostra è stata dedicata ai bambini e ai ragazzi più giovani. A loro si son rivolti alcuni autori creando storie fantastiche, come “L’invasione degli scarafaggi” di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso dove la metamorfosi degli abitanti di un paese ricalca quella kafkiana, ma riguarda i “cattivi” e non i “buoni”. Di grande impatto emotivo è anche “Per questo mi chiamo Giovanni” di Luigi Garlando, sulla vita di Giovanni Falcone.
Bisogna far leva sui bambini che diventeranno ragazzi e poi uomini e donne, spiegando loro che la mafia non sostituisce la legalità ma che si oppone ad essa; che vivere uccidendo è un non-vivere, è precludersi la bellezza della vita; che il sopruso è sempre un male.
Fortunatamente, ci sono stati casi in cui i figli o le mogli dei boss si sono ribellati ai genitori o ai mariti. Alcuni, con dei programmi di protezione sono riusciti a cambiare vita. Altri, purtroppo, sono stati uccisi.
A tutti questi “Eroi” conosciuti e sconosciuti va il nostro GRAZIE per il coraggio che hanno dimostrato mettendosi in gioco in prima persona.
Anna Violante
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