Splendida conferenza su un libro che racconta gli agghiaccianti retroscena delle leggi razziali.
L’imprenditore che una mattina, d’un tratto, si ritrova senza la sua azienda. I banchi vuoti a scuola, dove fino al giorno prima sedevano bimbi che « sono partiti adesso, andati via… ». Ed ancora il divieto di lavorare, di comprare, persino di apparire sull’elenco telefonico…il divieto di esistere. Questo e tanto altro ci ha raccontato Fabio Isman al Circolo « E. Curiel » ieri (giovedì 24 gennaio, ndr), anticipando ad pubblico giunto numeroso i contenuti del suo ultimo libro dal titolo 1938: l’Italia razzista. I documenti della persecuzione contro gli ebrei (Il Mulino, 2018), frutto di un’intensa ricerca, dove il celebre scrittore e giornalista (per molti anni ha lavorato a Il Messaggero) ha raccolto documenti, testimonianze, note burocratiche che sottolineano l’agghiacciante atmosfera italiana dal giorno in cui furono attuate le leggi razziali.
Isman, che ha coinvolto il pubblico con passione e tante immagini alla conferenza (aperta da Roberta Alberotanza), ha illustrato quell’Italia della quale non andare fieri. Quella che, dai semplici cittadini ai burocrati, passando anche per le stesse alle istituzioni, si è fatta complice di un massacro che prima ha isolato e poi contribuito a deportare e portare gli ebrei verso un atroce destino. L’autore ha voluto però ricordare anche casi di piccoli, grandi eroi, che, al contrario, hanno salvato molti ebrei o comunque hanno cercato di farlo. Come chi, piuttosto che consegnare alla Gestapo liste di nominativi a scopo di schedatura, ha preferito uccidersi; o ancora sacerdoti e suore, che ”dal basso’’ hanno agito contro la linea ufficiale del Clero, nascondendo e salvando nei propri conventi molte vittime della persecuzione razziale.
La Libreria Italiana di Lussemburgo ha partecipato all’iniziativa ed era presenta con la vendita del libro di Isman e di altri testi dedicati al tema, al quale è dedicata, con iniziative in tutto il mondo, un’intera settimana che ruota intorno al Giorno della Memoria.
Maria Grazia Galati