Il repertorio musicale italiano ha tratto spesso ispirazione dai piatti della tradizione culinaria del Bel Paese. Nel mese del Festival di Sanremo, che celebra la canzone italiana per eccellenza, vi offriamo una “gustosa” carrellata di brani a tema.
Già prima che venisse riconosciuta ufficialmente come Patrimonio dell’Umanità Unesco la pizza napoletana aveva ispirato diverse canzoni. Una su tutte è Fatte ‘na pizza di Pino Daniele, che in un’intervista confessò che uno dei suoi sogni segreti era di tornare nella “sua Napoli”, in incognito, per mangiare la pizza a portafoglio, mescolato ai suoi concittadini. Nella sua canzone il celebre piatto partenopeo viene consigliato, non con poca e agrodolce ironia, quale rimedio ai guai di una società sempre più alla deriva (S.o.s. alla nazione/Adesso dateci una posizione/Fatte ‘na pizza/C’a pummarola ‘ncoppa/Vedrai che il mondo/Poi ti sorriderà).
E sempre Pino Daniele ha elogiato il caffè (Na tazzulell è cafè); gli fece eco Fabrizio De Andrè con il brano Don Raffaè, dove il grande cantautore genovese canta con accento napoletano e racconta con profonda sensibilità, l’amara condizione dei carcerati. Sempre di caffeina si parla, ma con toni più leggeri, ne Il caffè della Peppina, canzone per bambini che racconta di una curiosa ricetta e che fu il grande successo dello Zecchino d’oro edizione 1971. Il motivetto, scritto da Tony Martucci, è fra i pezzi-cult della famosa manifestazione canora per i più piccini. Così come Le tagliatelle di nonna Pina, prima classificata nel 2003 e ancora oggi spesso presente in TV in numerose trasmissioni. Ma parlare di musica e cibo vuol dire soprattutto andare indietro nel tempo e correre anche al 1974, quando Jonny Dorelli cantava, prendendo spunto dall’omonima commedia, Aggiungi un posto a tavola. Un posto negli annali, allo stesso modo, se lo aggiudicano di diritto sia la già citata W la pappa col pomodoro della Pavone sia Ma che bontà di “Sua Maestà” Anna Maria Mazzini, in arte Mina. Che cos’è questa robina qua? È semplicemente storia; ed è semplicemente un brano del 1977 simbolo di un’ Italia davvero diversa da quella attuale, nel pieno di cambiamenti epocali dei quali la musica era testimone e portavoce.
E del Gelato al cioccolato, dolce e un po’ salato, di Pupo ne vogliamo parlare? Ovviamente sì. Perché anche qui, con il signor Enzo Ghinazzi da Ponticino (vero nome del cantante toscano), paese di poco più di tremila anime in provincia di Arezzo, la musica italiana, sul finire degli Anni Settanta, ha regalato ai posteri una hit immortale. Ballatissimo ancora oggi e remixato in ogni discoteca d’Italia, il tormentone di Pupo è un altro di quei brani difficili da togliersi dalla testa nonostante siano passati decenni da quando Cristiano Malgioglio ne compose il testo. Ma il gelato è anche protagonista di altre canzoni, come quella di Paolo Conti del 1979:Gelato al limone. Frutto allo stesso modo decantato anche da Gaber e Jannacci, una decina di anni prima, in Una fetta di limone.
Ed ancora citiamo Miele di Gigi D’Alessio, Marmellata #25 di Cesare Cremonini, Barbecue degli Articolo 31, Pomodori di Gino Paoli, La soggettiva del pollo arrosto di Samuele Bersani e Il babà è una cosa seria di Marisa Laurito, cantata sul palco dell’Ariston nel 1989, dove la celebre artista napoletana portò in scena un allegro pezzo che sdoganava la cucina supercalorica tricolore e ne elogiava i sui deliziosi effetti benefici per l’umore; con buona pace dei dietologi! Perché, si sa, per gli italiani, mangiare non è solo saziarsi, ma stare insieme, bene e in allegria. Lo sapeva bene Gabriella Ferri, che nel lontano 1964 cantava appunto La società dei magnaccioni. Arte del buon vivere che sappiamo pure esportare. Lo prova la canzone di Fred Bongusto dal titolo Spaghetti a Detroit.
La musica italiana celebra non solo il cibo, ma anche le bevande. Ne sono un esempio Champagne di Peppino di Capri, Bollicine di Vasco Rossi (quelle della Coca Cola per la precisione) Barbera e Champagne di Giorgio Gaber, che, persino con questa canzone a “sfondo enologico”, riuscì egregiamente a confermarsi attento osservatore della società italiana e delle sue amare differenze, talvolta non sempre così distanti.
Amelia Conte (ha collaborato Maria Grazia Galati)