In occasione della presentazione del libro “Il lungo viaggio contro il fascismo” (Ed. Odradek, 2013) che si terrà giovedì 5 giugno, alle 18,45 al Circolo “E. Curiel” di Lussemburgo, l’autore Gianni Fresu ci racconta i motivi della sua scelta e traccia le linee della personalità dell’antifascista italiano morto a soli 33 anni.
Come mai ha deciso di scrivere un libro su Curiel?
Ho deciso di realizzare questo libro per provare a riaprire la discussione (oramai chiusa da decenni) su Eugenio Curiel, lo perché ritengo una personalità estremamente interessante non solo per lo spessore intellettuale e politico, la statura morale, ma soprattutto per il fascino della sua biografia. Curiel, nella sua breve esistenza, è stato il protagonista di una serie di avvenimenti insieme tragici e avventurosi (diventando punto di riferimeto per tante personalità di spicco destinate ad assolvere un ruolo centrale nell’Italia liberata), da meritare una sceneggiatura teatrale o cinematografica, non solo un testo di approfondimento storico.
Nel mio piccolo, ho provato a colmare un persistente vuoto storiografico e porre rimedio a un doloroso oblio politico e culturale, approfondendo pagine di storia troppo disinvoltamente accantonate.
Curiel è, infatti, una figura centrale non solo nella storia della lotta di liberazione nazionale ma, più in generale, negli snodi cruciali di maggior crisi della nostra storia nazionale nel Novecento. L’intellettuale triestino è, per molti versi, una personalità emblematica perché sintetizza in sé, e nella generazione di cui è stato protagonista, il risveglio dall’incubo della dittatura, il ridestarsi della coscienza sociale e civile dal torpore imposto al nostro Paese dal fascismo, con la violenza e con la demagogia. Un processo lento, graduale, nel quale una parte dell’Italia trovò la forza di guardare in faccia il tiranno e il coraggio di mettere a nudo le contraddizioni dell’impero di cartapesta da esso edificato, incamminandosi sulla strada che, dalla semplice e istintiva presa di distanza dal regime, condusse tanti giovani all’antifascismo e quindi alla scelta esistenziale senza ritorno della lotta armata.
Quali sono state le fonti storiche che hai utilizzato per redigere il libro?
Le mie fonti sono state anzitutto i ricchi materiali d’archivio del “Fondo Curiel”, custoditi presso la Fondazione Gramsci a Roma, quindi, la raccolta di alcune testimonianze che ritenevo significative, tra cui quelle inedite di Aldo Tortorella e Gianni Cervetti che mi hanno concesso delle lunghe e molto articolate interviste. Oltre a questo, ho lavorato sulla documentazione riguardante il movimento antifascista e il Partito comunista nello specifico, su giornali, riviste e bollettini del tempo, e infine ho approfondito e messo in relazione tutta la pubblicistica e il materiale bibliografico esistente, in qualche modo utile a conoscere meglio l’intellettuale triestino.
In un contesto come quello attuale, che si usa definire post-ideologico, quale insegnamento possiamo trarre dalla figura di Curiel?
A me l’uso della definizione “post-ideologico” per descrivere il mondo di oggi e distinguerlo da quello del passato convince poco. In realtà, anche la retorica anti-ideologica è di per sé una ideologia, sebbene tenda a cammufarsi presentando i propri assunti con un presunto carattere di oggettività, dettata da esigenze obiettive e non di parte. A mio avviso, dietro a questo modo di ragionare si nascondono (in politica, economia e storiografia) le peggiori mistificazioni del reale e sovente i più biechi interessi da savaguardare.
Oggi si tende a confondere l’ideologica con la demagogia (nel senso più deteriore del termine), in realtà per ideologia si intende solo una visione organica e coerente del mondo, nella quale trovino collocazione non contraddittoria i temi storici, economici e culturali.
Fatta questa precisazione, Curiel ha molto da dirci oggi, in un contesto segnato dalla cosiddetta “crisi della politica”, soprattutto presso le nuove generazioni.
Egli, infatti, seppe cogliere il clima di rivolta crescente tra un numero sempre maggiore di giovani cresciuti ed educati nel fascismo, ben prima della sua tragica crisi. Fu interprete e ispiratore di una generazione svolgendo però, al contempo, la funzione di cerniera tra giovani e vecchi antifascisti all’interno di un «filo conduttore» segnato da solidarietà attiva e non scontro tra generazioni.
I temi del rinnovamento anagrafico e della cosiddetta “rottamazione”, sembrano oggi monopolizzare l’attenzione del dibattito politico, sovente a prescindere dalla proposta avanzata. Nella storia non sono mancate fratture generazionali, tuttavia, i risultati più profondi in termini di rinnovamento si sono avuti quando tra vecchie e nuove generazioni si è determinata una saldatura incentrata sulle scelte di campo. La lotta di liberazione dal nazifascismo è un esempio in tal senso proprio per l’irrompere diffuso di giovani cresciuti nel regime che, nella clandestinità, trovarono un terreno d’incontro con i vecchi protagonisti dell’antifascismo sconfitto da Mussolini.
Quei giovani anteposero un ben preciso progetto, abbattere il regime e ricostruire da zero la democrazia, alla velleitaria pretesa di tagliare orizzontalmente ogni rapporto con le vecchie generazioni, non solo con quelle responsabili della dittatura, ma anche con chi lo aveva combattuto, seppur perdendo. Scelsero piuttosto di “rottamare” il fascismo.
Amelia Conte
Per info sulla conferenza: http://www.curiel.lu/cgi-bin/apps/base?com=1I0I0I2I&record=1445824387347&base=1
Per info sul libro: http://www.odradek.it/Schedelibri/eugeniocuriel.html