Esce fra poche settimane il seguito del film TERRA MIA del regista e produttore italo-lussemburghese Donato Rotunno. PassaParola Magazine, che collabora con la sua casa di produzione cinematografica Tarantula per il lancio della pellicola, intitolata TERRA MIA TERRA NOSTRA, lo ha intervistato in anteprima.

APPUNTAMENTI:

28 OTTOBRE AL FESTIVAL  DEL CINEMA ITALIANO DI VILLERUPT (FRANCIA)

(http://www.festival-villerupt.com/)

6 NOVEMBRE  AL CINEMA UTOPOLIS DI LUSSEMBURGO

(http://www.tarantula.lu/fr/distribution/)

 

Terra Mia Terra Nostra  è molto più di un film sulla famiglia, poiché esso affronta, attraverso il percorso di vita di persone incontrate 14 anni prima, la questione globale che ruota attorno al senso di appartenenza alla terra d’origine. Un confronto tra lingue, tradizioni, culture, scambi generazionali, dove i ricordi si stemperano in un’ Italia a volte solo immaginata. La vita qui e altrove. Il sentimento di doppia appartenenza e di doppia nazionalità si traducono in una ricerca continua. Dove sta l’equilibrio? Come definire sé stessi?

Doppia appartenenza e doppia nazionalità si traducono in ricerca permanente della propria identità.Chi era Donato Rotunno al tempo di “Terra mia” e chi è 14 anni dopo?

Ero un uomo con 14 anni in meno e tante domande: legate alla mia vita privata, all’età, alla mia carriera artistica. Ero alla ricerca di me stesso. Come essere umano ora probabilmente conosco un po’ di più di me e oso  sperare che ci sia stata anche una maturazione a livello professionale, grazie al mio lavoro di regista e di produttore, dove si ritrova sempre una certa continuità di argomenti: ricerca di integrazione, le lingue, l’essere in bilico fra un mondo e un altro. Argomenti che spiccano in tutti i progetti (miei o altrui ma da me prodotti) perché probabilmente quando leggi una sceneggiatura e decidi di investirci in un progetto è perchè quel soggetto ti tocca nel profondo. Una bella storia ti tocca di più perchè è anche la tua.

Montemilone e l’Italia sono ancora una terra immaginaria per i figli degli emigranti? E come si riconciliano i figli con le scelte dei padri? 

 

Rispondo con un esempio fatto sulla mia pelle. Quest’estate sono tornato nella mia regione, che amo e dove vado spesso. Ci ho portato mio figlio Romeo, che fa parte del progetto cinematografico e che mi pone delle domande semplici, ingenue, senza grandi riflessioni intellettuali. Sono rimasto stupito dall’amore che questo mio figlio porta per quest’Italia immaginaria; in vacanza ha fatto  quello che facevo io quando avevo dieci anni: giocato con i bambini in piazza, dormito dalla zia, pianto quando siamo partiti.

Dunque, questa continuità che io ancora cerco di svelare o di occultare continua. Nell’animo di un’altra generazione che è quella dei miei figli, forse alimentata da me e dalla mia ricerca permanente ed allo stesso tempo quasi. Sono molto felice che rimane qualcosa aldilà della mia vita e delle mie domande.

 

A 14 anni di distanza cosa hai ritrovato di totalmente immutato e di  totalmente cambiato nella tua terra d’origine?

Di assolutamente immutato gli odori, i colori, la luce, il gusto, il pane e i fichi… Quelle cose che ti hanno formato da piccolo. I profumi della terra bruciata, per esempio. Secondo me, quello che ho vissuto quest’anno di nuovo con Romeo è appunto di identificare questi profumi nella mente di mio figlio e che spero se li porterà con sé tutta la vita. Credo che lui avrà un legame più sereno con questa terra. Io sono quel tramite fra due generazioni. Io sono colui che si pone queste domande, che deve fare il lavoro di memoria e di “pulizia dell’anima” dell’anima per permettere ai miei figli e magari anche ad altre generazioni di trovare la serenità. Quello che è assolutamente immutato è l’insieme dei miei ricordi di bambino. E’ la terra. Ciò che trovo di cambiato è la mentalità delle nuove generazioni, che, smaniose di fare un salto economico e imprenditoriale di qualità, inseguono la filosofia del “tutto-e-subito” e tendono a bruciare i tempi. Rischiando di tradire origini e qualità del proprio passato. E’ come se a volte, rinnegassero la ricchezza della loro storia, che, invece, se conservata, reinterpretata  e valorizzata, può diventare la loro forza, anche se in tempi più lunghi.

 

Ultimamente la Basilicata è territorio di scoperta e “laboratorio” per il nuovo cinema italiano di qualità. Tu che questa terra l’hai (ri)scoperta molto tempo fa, come spieghi questo fenomeno di successo cinematografico oggi per la tua regione?

Più che spiegarlo ne sono felice, soddisfatto. E parlo attraverso degli esempi concreti, come il Lucania film festival di Pisticci (MT), al quale sono molto legato perchè è un festival di qualità e teso al sociale. Durante questo evento le vecchiette sono in piazza con la sedia per vedere un film che mai andrebbero a vedere altrimenti: parlano, discutono e mangiano, ballano. E poi c’è Matera, con un pool di energia e indutria cinematografica legato alle grandi produzioni che sono passate da lì.  Ci sono delle energie intellettuali forti d’estate nella mia regione, portate d’estate dai giovani che studiano lontano dalla Basilicata, la quale, purtroppo, si svuota nei mesi invernali… Io spero che la mia terra possa essere una terra cinematografica alternativa. Io spero di presentare il documentario il prossimo anno lì.

 

Paola Cairo e Maria Grazia Galati

 

Chi è Donato Rotunno ?

Nato a Lussemburgo nel 1966, ha frequentato prima la scuola lussemburghese e poi la Scuola Europea.

Nel 1992 ha conseguito il diploma in studi cinematografici all’Institut des Arts de Diffusion di Louvain-la-Neuve, in Belgio.
Nel 1994 è co-fondatore della casa di produzione Tarantula Luxembourg e un anno dopo contribuisce alla creazione di Tarantula Belgique.
Nel 1999 partecipa al programma EAVE (European Audiovisual Entrepreneurs). Due anni dopo viene scelto come uno dei Producers on the Move a Cannes per l’European Film Promotion. E’ un membro attivo di ULPA (Union Luxembourgeoise des Producteurs Audiovisuels – Unione Lussemburghese dei Produttori Audiovisivi) e di LARS (L’Associaizone dei registi e degli sceneggiatori lussemburghesi). Dal 2005 tiene conferenze e corsi sulla co-produzione europea all’Università di Metz.
La sua carriera di regista ha inizio con il cortometraggio Fishtrip per, continuare, poi, con documentari su temi specifici del Lussemburgo, come l’immigrazione, il ruolo della politica nella nostra società ed, ancora, il rapporto fra l’arte contemporanea ed il cinema. Il suo primo lungometraggio, In a dark place, interpretato da Leelee Sobieskie e Tara Fitzgerald, ha vinto il premio del miglior contributo artistico al “Lëtzebuerger Filmpräis“ nel 2007.

Ora sta preparando il suo prossimo lungometraggio: Amok (un adattamento del romanzo di Tullio Forgiarini) e sta lavorando con Jean Portante alla sceneggiatura originale di un lungometraggio formato fiction che riprende le tematiche affrontate in Terra Mia Terra Nostra.

 

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