Non si può difendere il capitano Schettino. Non voglio difendere il capitano Schettino. Che la giustizia faccia il suo corso e lui paghi gli errori commessi.
Si è detto, morbosamente, di tutto su di lui. Che rappresenta l’Italia peggiore. Che è la metafora vivente dell’italietta che ama l’uniforme e il comando, ma che è incapace di assumersi le proprie responsabilità. Che ben rappresenta l’anima vigliacca e meschina che è parte integrante dell’identità del nostro Paese.
Vi è, certamente, molta verità in tutto questo, a cominciare dalle evidenti responsabilità personali nel naufragio della nave Concordia.
Ma che dire di quell’Italia sempre pronta a stracciarsi le vesti e a gridare allo scandalo di fronte agli errori altrui? Che Italia è quella sempre famelica e avida di colpe da identificare, di criminali da accusare, di capri espiatori da immolare? E’ il caso di dirlo: è un’Italia con con poca…Concordia.
Non si puo’ difendere Schettino. Non voglio difendere Schettino.
Ma l’Italia migliore non è neppure rappresentata da certa stampa isterica che non sa parlare d’altro e da certi giornalisti che, volendo aumentare l’audience delle proprie trasmissioni, confondono l’informazione col giudizio, l’analisi dei fatti con l’analisi del sangue a chi, in quel momento, si trova sul banco degli imputati.
Una eclatante ed evidente colpa – come quella di Schettino – diventa occasione per praticare lo sport più antico e preferito da una gran parte degli italiani: quello dell’accusa isterica o dell’autodenigrazione totale del Paese.
L’Italia eternamente bacchettona non è migliore dell’altra – e cioè quella di chi sbaglia – per il semplice fatto che ne è lo specchio fedele.
Si muove e si fa sentire solo quando c’è lo sbaglio o si manifesta la tragedia.
Ma sta (colpevolmente?) zitta quando si tratta di affrontare le cause che, di volta in volta, provocano lo sbaglio o la tragedia.
Superficiali e gaudenti fin che non succede niente.
Colpevolisti e piagnoni quando succede l’irreparabile.
Roberto Serra